Degustazioni Greco di Tufo e Fiano di Avellino: tanta qualità ma…6 min read

Degustare Greco di Tufo e Fiano di Avellino è per noi equivalente ad un tappone dolomitico: è lì che si vedono i veri valori, quelli che alla fine faranno la differenza tra un buon ciclista e un campione. Perché ormai questi due vini sono per noi (e non solo per noi) a primissimi posti tra i bianchi italiani ed è quindi giusto dedicargli spazi e ragionamenti adeguati, anche al territorio che li produce.

Una sorpresa: prezzi in ascesa

Per primo un argomento scomodo: oramai l’hanno capito anche i produttori irpini che hanno in mano una Ferrari e così i prezzi sono velocemente schizzati verso l’alto. Naturalmente il lavoro va pagato e il buon lavoro ancor di più, però mi sembra che ci sia stato un veloce “adeguamento verso l’alto” di diverse cantine non solo blasonate. Questo ha fatto precipitare in tanti casi il rapporto qualità/prezzo, pur mantenendo alta o altissima la qualità.

Consorzi, associazioni e enoturismo: in altre parole il futuro

Sempre in tema di argomenti scomodi vorrei parlare di consorzi e associazioni: in Irpinia di solito durano quanto un gatto in tangenziale, con i produttori che si associano spesso e volentieri “contro” altri ma fondamentalmente il mood che circola è che dopo un primo passo verso l’associazionismo un’atavica voglia di fregarsene ha spesso la meglio. Dico questo perché se i vini sono buoni e ottimi, i prezzi salgono e il mercato tira, sarebbe l’ora di cominciare a strutturarsi non solo dal punto di vista consortile ma di un’accoglienza enoturistica ben organizzata.

A questo proposito ultimamente diversi produttori hanno accennato ad un Enoteca del Fiano di Avellino e/o del Greco di Tufo, arenandosi però in partenza sul luogo dove farla, perché se la crei a X avrai contro Y e Z e viceversa. Allora mi permetto di dare un consiglio: fatela fuori zona, dove il turismo c’è per molti mesi o per tutto l’anno e possa servire per richiamare i turisti sul territorio. Fatela a Palinuro, a Amalfi o a Napoli direttamente (magari alla stazione centrale) ma fate qualcosa perché ormai lo hanno capito anche i gatti che se non promuovi il tuo prodotto resti al palo. Basta prendere esempio dagli altri territori campani che fino a poco tempo fa sembravano “figli di un bacco minore”: Sannio, Campi Flegrei, Vesuvio, oltre a fare ottimi vini si stanno muovendo e pure bene. La mia l’ho detta e spero che possa servire se non altro per intavolare una discussione.

Il Fiano di Avellino: la qualità e i suoi “tre mercati”

Veniamo ai vini e partiamo dal Fiano di Avellino. Sembra si stia avverando quello che molti giornalisti stanno dicendo da tempo e cioè che il Fiano di Avellino è un prodotto che deve entrare in commercio almeno dopo 24 mesi dalla vendemmia. Potremmo addirittura parlare di mercati molto diversi per le due/tre “tipologie” di Fiano di Avellino che adesso esistono e coesistono.

La prima è quella del Fiano di Avellino “da spiaggia” o comunque da vendere giovane o giovanissimo e che risponde ad un mercato che vuole quel nome, vuole spendere poco e non è interessato alle sfaccettature che il vitigno può proporre, anche da giovane. Sicuramente, per evitare ogni rischio per godersi aromi e profumi, sarà servito freddissimo, ma questo è un altro discorso. La vendemmia 2020 sembra fatta apposta per questo mercato “base” perché l’abbiamo trovata, pur con le dovute bellissime eccezioni,  piuttosto silenziosa dal punto di vista aromatico e ancora incerta in bocca. Sicuramente se riassaggiassimo diversi di questi vini tra un anno la valutazione cambierebbe, ma tanti di questi prodotti saranno già esauriti e quindi sarebbe un mero discorso accademico. Voto ai Fiano di Avellino 2020 degustati: 7-

Poi abbiamo il mercato del Fiano d’Avellino “d’autore”, con numeri ridotti ma in forte e continua crescita. L’annata di riferimento è adesso la 2019, i prezzi sono molto più alti ma le soddisfazioni sono esponenziali. Infatti con la vendemmia 2019 siamo veramente ad altissimi livelli, con vini aromaticamente profondi e variegati, dai palati ben espressi, dotati di giusta freschezza ma soprattutto di quella conturbante pienezza che rende un sorso di Fiano di Avellino qualcosa con la pienezza di un rosso e la dinamicità di una bollicina d’autore. Voto ai Fiano di Avellino 2019 degustati: 9.

Infine c’è il mercato, nato da poco, molto ristretto e ancora da definire attentamente, dei Fiano di Avellino Riserva o da lungo invecchiamento. Questo non vuol dire che gli altri non invecchino bene, tutt’altro, ma solo che alcuni produttori stanno proponendo Fiano d’Avellino di annate precedenti (anche molto precedenti):  vini che entrano in commercio con 3-4 anni minimo di maturazione e  si propongono di creare un avamposto gustativo per sdoganare definitivamente e commercialmente il Fiano d’Avellino “d’antan”. Quelli che abbiamo degustato del 2018 o di annate precedenti  ci hanno dato sensazioni contrastanti. Anche se riteniamo il Fiano un vitigno da grande invecchiamento crediamo che debba conquistarsi “i gradi sul campo” e quindi proporre della Riserva, magari accompagnate da passaggi in legno, serve solo a rendere più complesso un processo a cui il Fiano è naturalmente portato. Prova ne siano i 2018 “nature” (cioè senza legno… proviamo a chiamarli così) entrati in commercio quest’anno, dotati di grande profondità olfattiva e giusta rotondità al palato. Mi viene in mente una grande cantina bianchista del nord che propone i suoi vini, gli stessi con solo qualche mese in più sui lieviti, dopo 5 anni, ottenendo successi e soddisfazioni. Secondo me l’obiettivo dovrebbe essere questo ma per farlo serve organizzazione, lungimiranza commerciale e di marketing e non è che questa materia in zona abbondi. Voto ai Fiano di Avellino 2018 degustati 8.5.

Il Greco di Tufo: oramai al top e forse più

E veniamo al Greco di Tufo che è sempre stato visto come “la damigella d’onore del Fiano di Avellino”. Qui il discorso del mercato è diverso, anche perché questo vino non è ancora riuscito a creare quelli che noi abbiamo intravisto come i tre “step” del Fiano e la forbice gustativa percepita (fino a pochi anni fa a ragione)  è più ristretta. Però mai come negli assaggi che abbiamo fatto quest’anno, sia che si trattasse di 2020 o di 2019 , siamo rimasti stupiti dall’insieme di dinamicità, freschezza, croccantezza e profondità che questo vino riesce a trasmettere. Se volessi scomodare un vecchio detto della politica lo definirei un vino “di lotta e di governo”, cioè buono e complesso sin da subito ma con incredibili possibilità di sviluppo nel medio termine. Rispetto ai Fiano di Avellino i 2020 di Greco i Tufo sono molto più aperti, ampi, leggibili stuzzicanti e corposi: una vera festa per chi ama il vino (magari troppo) giovane. Il bello di questi 2020 è che pur essendo pronti mostrano di poter andare avanti per i regolamentari 4-5 anni senza problemi, questo grazie anche al “tannino” del greco che sicuramente aggiunge peso e sostanza al vino. Voto ai Greco di Tufo 2020 degustati: 8.5

I Greco 2019  non erano molti ma tra questi abbiamo trovato dei vini che ci hanno veramente fatto saltare sulla sedia e dimostrato definitivamente che questo vitigno è, almeno nei primi 3-5 anni, alla pari con il Fiano che in diversi casi supera per scanzonata ma seria profondità. Andatevi a guardare i voti di alcuni vini, tra i più alti in assoluto in Italia (questa è una piccola ma succosa anticipazione), vini che meritano il viaggio per andare a comprarseli. Voto ai Greco 2019 degustati: 9

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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