Cosa è successo al Cerasuolo d’Abruzzo? Dov’è finito? Lo abbiamo cercato in 46 campioni degustati presso il Consorzio vini d’Abruzzo con il contributo organizzativo del l’Enoteca Regionale di Ortona, ma lo abbiamo trovato pochissime volte e non senza difficoltà.
L’alibi della cattiva annata (la 2017 è stata tra le più infauste degli ultimi anni per questa tipologia e non solo) non regge molto e non può certo spiegare la costante deriva che a partire dal colore sta attraversando il Cerasuolo, da sempre uno dei vini simbolo dell’intera regione
Ci aspettavamo davvero di più: oltre alla notevole incertezza cromatica (variabile da toni molto pallidi ad altri quasi vermigli), profumi incerti e talvolta un po’ vegetali, sul palato singolare contrasto tra note più mature ed altre decisamente acerbe.
E’ il gruppo nel quale abbiamo trovato il maggior numero di tappi difettosi o di vini inequivocabilmente ossidati. Insomma, si è trattata davvero di un’annata molto problematica per questa tipologia di vini.
Resta al di là di tutto il problema del colore, fondamentale per questo vino che porta già nella denominazione un’imprescindibile indicazione: Cerasuolo. Se si vogliono fare rosati con altre tonalità nessuno impedisce di usare la denominazione IGP, ma avere la botte piena e la moglie ubriaca non porta da nessuna parte. Snaturare così questa tipologia, rinunciando alla sua specificità cromatica (e non solo) potrebbe costare alla lunga molto caro.
Trebbiano d’Abruzzo
Vini ben fatti senza esagerazioni nei legni, quando usati, anche se non manca qualche ingenuità; ben equilibrati, generalmente corretti. La non grande struttura parla ovviamente dell’annata. Buona tuttavia invece è parsa l’aderenza varietale.
L’annata quindi non favorevole s’è fatta sentire anche qui ma in modo meno incisivo, specie per chi ha potuto usufruire dell’irrigazione di soccorso. Il resto l’ha fatto, come sempre, l’esperienza e la sapienza dei viticoltori. Una annata interlocutoria per questo bianco da sempre bandiera della regione.
Pecorino d’Abruzzo
In questa tipologia forse le cose migliori assaggiate, specie tra i campioni dell’annata 2016, dove il Pecorino mostra una capacità di affrontare il tempo tutta da esplorare.
Forse troppo frettolosamente catalogato come vino facile e pronto, meriterebbe un approfondimento, così come alcune aziende stanno facendo. E’ evidente che il “fenomeno pecorino” lanciato qualche anno fa sta esaurendo la sua spinta propulsiva e se si vuole consolidare ed allargare le sfere d’influenza di questo vitigno occorre pensare a lui in modo diverso.
D’altronde che questo vitigno sia al centro delle attenzioni dei produttori regionali lo dimostra anche il numero dei campioni presentati, che ormai superano di una buona spanna tutti gli altri, oltre cinquanta. Non è solo questione di moda, però attenzione: le mode cambiano e questo vino/vitigno meriterebbe un posizionamento aldilà delle mode.