Degustazione vini dolci e passiti italiani: un vero Inno alla Gioia!4 min read

Volendo dare un tono aulico al nostro assaggio di vini dolci italiani dovremmo scomodare Schiller e Beethoven con il famosissimo Inno alla Gioia.

Certi momenti dell’assaggio sono stati infatti gioia pura grazie a vini che esprimevano da una parte un profondità aromatica e una piacevolezza gustativa di altissimo profilo, dall’altra anche una grande e indiscutibile territorialità

La nostra degustazione ha spaziato dall’Alto Adige  alla Sardegna, passando per il Friuli, il Veneto e le Marche. Come sempre non era una degustazione programmata (a parte per il Friuli Venezia Giulia) ma il nostro assaggio ha riguardato vini che i produttori ci hanno inviato “per sbaglio” o semplicemente perché piaceva a loro.

L’assaggio più imponente è stato quello friulano, che ci ha visto degustare Verduzzo, Ramandolo e Picolit, tre vini non solo difficili da produrre ma poco conosciuti e poco apprezzati.

Sono vini (oltre ad essere molto buoni!) talmente territoriali che mentre li degustavamo ci sembrava di essere in compagnia di amici  friulani, dal carattere ruvido ma aperto. Picolit, ma soprattutto Verduzzo e Ramandolo, non sono semplici vini dolci, sono riusciti equilibri tra acidità e dolcezza, tra ruvidezza e levigata morbidezza, tra frutta candita e aromi terrosi. Sono esercizi in pieno stile friulano, sono vini che spiegano, molto più di altri  dei territori (il Collio e i Colli Orientali in particolare) molto importanti per il vino italianoma che non riescono a imporsi come dovrebbero, forse proprio per quegli spigoli che fanno parte del vino, degli uomini, della terra, del clima.

Lo stesso discorso potremmo fare per i pochissimi vini dolci sardi degustati.

In realtà la Vernaccia di Oristano non dovrebbe essere definita “dolce”: la tipologia più adatta sarebbe una che nella realtà non può esistere, cioè quella di vino “profondamente sofferto”. La Vernaccia di Oristano è infatti un vino che ti propone delle gamme aromatiche di una profondità incredibile e nello stesso tempo ti sorprende con la sua “sofferta” secchezza. Sarebbe stato facile farlo dolce ma  il bello sta proprio in questa storica scelta di trovarsi un vino asciutto, austero,  ma imponente per importanza gustativa e infinito in lunghezza. Poi c’è la modernità di altri prodotti, anche questa grandiosa, ma giocata su altri vitigni e altri parametri. insomma, in Sardegna si trovano vini “dolci” per tutti i gusti.

Quelli altoatesini invece, sarà per la lingua tedesca, ma incarnano proprio l’Inno alla Gioia d cui si parlava prima: vitigni aromatici (o semiaromatici) come il Moscato Giallo, il Kerner e il Gewurztraminer non chiedono di meglio che esprimere le loro quasi annichilenti gamme aromatiche all’interno dei vini dolci. E’ un po’come lasciare briglia sciolta ad un puledro selvaggio tenuto rinchiuso. Sono vini che non possono non colpire, non piacere, non lasciare a bocca aperta.

Come ci ha lasciato a bocca aperta la versatilità della garganega, che in qualche caso, nel campo dei vini passiti, rasenta la perfezione. Gamme aromatiche che ti riportano all’infanzia, alle confetture della nonna, ai banconi di frutta secca e passita delle fiere, a dolcezze che il tempo ci può far dimenticare e che invece è bene ricordare. Alcuni Recioto di Soave sono poi così armonici e equilibrati che la grande concentrazione zuccherina non disturba minimamente.

Gli assaggi marchigiani, a base verdicchio, sono talmente pochi che non possiamo dire altro che “buoni” ma ceto non trarre regole generali.

E ora arriviamo al domandone finale: perché vini di tanta bontà non vengono assolutamente considerati, comprati e bevuti? Le risposte sono sempre le solite: non sono di moda, se sei a ristorante di solito  si prende una sola bottiglia per non spendere troppo, hanno abbinamenti difficili, etc.

Ma adesso vi faccio una domanda “Di solito con cosa abbinate la gioia, con cosa abbinate il piacere puro?”

Perché è di questo stiamo parlando. E non venite a dirmi che si mangiano sempre meno cose  dolci perché non è vero. A parte la crescita esponenziale di zuccheri nascosti in tutti i cibi di carattere industriale, ma tutti i biscottini, le merendine, i dolciumi vari per tutte le età che ci invadono e che vengono pubblicizzati da ogni parte non potrebbero essere sostituiti (per noi adulti) da un salutare calice di vino dolce o passito?

Certo, non puoi godertelo per strada come una merendina ma, parliamoci chiaro, una merendina mangiata per strada, te la godi?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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