Il Roero, pur essendo una DOCG importante non è certo in crescita: questo per vari motivi ma fondamentalmente per due che si chiamano Langhe Nebbiolo e Nebbiolo D’Alba. Queste due DOC sono in forte e continua espansione e alla fine dei salmi tanti produttori roerini preferiscono dirottare quote importanti del loro nebbiolo verso denominazioni di successo più che puntare solo su una denominazione un po’ “ingessata” che non è mai riuscita realmente ha sfondare sul mercato, se non con il “gemello in bianco”, il Roero Arneis.
Dal punto di vista del territorio è un peccato perché il Roero ha un’anima geografica a se stante e ben definita, ha particolarità territoriali precise e di grande pregio, come i molti territori sabbiosi che portano a nebbioli di grande finezza, ma ha sempre avuto accanto competitor troppo più importanti: infatti oltre ai due citati prima mettiamoci anche Barolo e Barbaresco per completare un quadro che fa venire in mente il vaso di coccio tra vasi di ferro di manzoniana memoria.

Quindi per noi assaggiare meno Roero ogni anno che passa è quasi logico, sia perché se ne produce magari meno ma soprattutto perché crediamo se ne venda meno. Non per niente stavolta quasi il 20% dei vini degustati era già stato testato lo scorso anno, segno che quest’anno c’è sempre in commercio quello dell’anno precedente e la nuova annata rimane in cantina.
All’interno di questo quadro non certo roseo per la denominazione c’è però un punto molto positivo e cioè che ci sono giovani e bravi produttori che credono nella denominazione. Non per niente i cinque migliori Roero dei nostri assaggi vengono o da cantine di giovani o da cantine storiche gestite adesso da giovani leve.
Questa è una carta che in futuro potrebbe essere vincente perché sono proprio i giovani produttori che riescono meglio nello “svecchiare” il Roero, arrotondando e affinando la storica componente tannica e tirando fuori quei classici profumi eleganti per cui il nebbiolo è famoso. Quindi non puntano sulla potenza ma sull’equilibrio, che nel tempo può divenire eleganza.

I giovani roerini sono veramente una risorsa per questo territorio che oggi ne ha veramente bisogno per sdoganarsi dalle pastoie delle denominazioni che lo circondano e puntare ad essere più conosciuto, soprattutto per la qualità alta e “mediamente immediata” dei vini e non tanto per prodotti importanti ma che hanno bisogno di tempi lunghi per farsi comprendere.
Quel 62% di vini che hanno ottenuto almeno 80 punti (noi non spariamo punteggi alti come mortaretti!) è la stessa percentuale ottenuta dai Langhe Nebbiolo e molto più alta dei Nebbiolo d’Alba, ma questa qualità, oltre a dover crescere è poco percepita, poco conosciuta e magari si manifesta dopo qualche anno, facendosi così superare a destra e a sinistra sia dagli altri vini locali a base nebbiolo che da molte altre denominazioni italiane.
Bisogna guardare ai giovani e ad un’interpretazione meno ingessata di questo nebbiolo, solo così potranno cominciare a crescere i numeri che oggi sono, rispetto al Roero Arneis, bloccati ad un imbottigliato dieci volte inferiore.
