Degustazione Greco di Tufo e Fiano di Avellino 2019 e 2018: standing ovation!3 min read

Se proprio volessimo essere sintetici l’articolo potrebbe limitarsi al solo titolo e far parlare le due degustazioni che trovate a fianco, dalle quali è venuto fuori un quadro che dire positivo è dir poco.

Siamo di fronte a due vini/vitigni che non solo si trovano alla perfezione in Irpinia, non solo vengono oramai interpretati benissimo da diverse decine di produttori, ma riescono a sorprendere per dei picchi qualitativi assoluti. Questo crea un vero e proprio “distretto qualitativo” che comincia a avere anche numeri interessanti (Greco di tufo e Fiano di Avellino superano oramai gli 8 milioni di bottiglie) per poter “fare massa” e competere con denominazioni e zone non solo italiane .

90 vini degustati (53  Fiano e 37 Greco) con ben 16 vini top (il 17.5% dei degustati, normalmente non andiamo sopra al 7-8%) e un numero altissimo  di vini “ solo” buonissimi sono un altro modo veloce per far capire la qualità di questi vini.

Se dovessimo fare una classifica tra i due vini/vitigni metteremmo davanti  il Greco al Fiano, anche se con alcuni giusti distinguo.

Per quanto riguarda i 2019 il Fiano mostra più prontezza e immediatezza, nasi più aperti e “cordiali” mentre il Greco è meno accondiscendente  al naso e si rifà solo grazie alla solita particolare tannicità, che lo rende dinamico, fresco e profondo. Dal punto di vista dell’invecchiamento punterei di più sul Greco di Tufo.

Tra i 2018, la lotta si ripete ma ancora una volta con il Greco di Tufo che prevale di un’incollatura sul Fiano di Avellino, grazie a un’acidità spesso anche marcata, che garantisce sulla tenuta futura. Il Fiano di Avellino forse gioca  adesso il ruolo di “gatta morta” rimanendo leggermente sottotono per poi venire fuori alla distanza. Vedremo.

Siamo comunque di fronte a due vini di grande qualità e a due annate sicuramente buone ma, forse, non eccezionali. Detto questo, se vengono fuori così in annate non da 10 e lode, figuriamoci quando arriverà l’annata perfetta…

Durante Campania Stories, dove sono stati degustati la stragrande maggioranza dei vini, abbiamo notato due cose quasi opposte che però, se si accentuassero potrebbero portare a qualche problema.

La prima ci è arrivata ascoltando quasi di nascosto dei discorsi tra produttori: alcuni sostenevano che oramai, a livello aromatico, diversi Fiano e Greco si assomigliano troppo. Questo ragionamento ci ha colpito perché da diversi anni, specie in vini non di altissimo livello, ogni tanto abbiamo trovato la stessa cosa. Certo è che usando lieviti selezionati e protocolli enologici simili è possibile che, almeno nel primi 2 anni di vita, Greco e Fiano possano esprimere, magari con livelli diversi di intensità, le stesse gamme aromatiche. Ma sentirlo dire da dei produttori fa un effetto diverso e amplifica quanto abbiamo notato, che fino ad oggi era stato rubricato tra “le sensazioni”. Speriamo che con il grande successo che stanno avendo i vini questa “omologazione primaria” non si allarghi a macchia d’olio, con le conseguenze che potete immaginare.

L’altra cosa è praticamente opposta e neanche sotto sotto è una dimostrazione di quante (spesso belle) contraddizioni ci possano essere in Irpinia. Ci è sembrato che alcune cantine, tra cui nomi importanti, più che interpretare l’annata puntino a interpretare loro stessi proponendo vini che prendono ben poco in considerazione l’andamento vendemmiale, e mostrano troppo “la mano” del produttore, che spesso marca il vino aldilà delle (spesso ottime) caratteristiche del vino stesso e forse relegandolo in una ruolo che non gli rende completo merito. Intendiamoci, anche questa è da mettere tra le sensazioni  ma ci sembrava giusto accennarla e magari porvi maggior attenzione in futuro.

In chiusura ancora un grazie agli amici di Campania Stories: senza di loro il vino campano sarebbe molto meno conosciuto e apprezzato. Questo i produttori se lo dovrebbero scrivere a caratteri cubitali davanti alla porta della cantina.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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