Degustazione bianchi friulani del 2019: tante luci e qualche ombra5 min read

Oramai in Friuli Venezia Giulia ci sentiamo di casa: grazie soprattutto al Consorzio dei Colli Orientali e a quello del Collio riusciamo a degustare in maniera praticamente perfetta un numero notevole di vini. Quest’anno erano quasi 400, tutti bianchi e in buona parte della vendemmia 2019.

La prima cosa da dire è che la 2019, praticamente per tutti i vitigni, è stata una vendemmia molto buona, in alcuni casi addirittura ottima. Per questo seguiremo il solito filo conduttore e parleremo singolarmente di ogni vitigno, cercando di trarne anche qualche indicazione generale.

Una prima indicazione che ci fa molto piacere notare  è che finalmente qualcosa si muove dalle parti di una DOC sempre poco considerata, quella di Aquileia: magari non faranno vini molto longevi, ma sicuramente  ben fatti e piacevoli. Stanno crescendo e di questo ne siamo molto felici.

Ma veniamo ai vini: divideremo in due parti il nostro articolo: in questo parleremo di Friulano, Pinot Grigio, Ribolla Gialla e  Malvasia. Nel prossimo daremo spazio a Sauvignon, Pinot Bianco, uvaggi e alle altre uve bianche piantate in regione (glera esclusa).

Friulano: annata praticamente perfetta. Voto 9.5

Non riusciamo a trovare altre parole per definire l’annata 2019 del vino che DEVE divenire  la bandiera del Friuli sia in Italia che all’estero. Dove lo trovate un vitigno che “sforna” vini potenti e grassi ma sempre equilibrati, con note aromatiche che spaziano dalla frutta bianca a note di anice e menta per arrivare sino al classico (e da molti mal considerato) sentore mandorlato. Le tre zone top per questo vitigno, Collio, Colli Orientali e Isonzo (ma non scordiamoci Aquileia) hanno proposto una serie di vini che le uniscono grazie ad una qualità media altissima,  mai riscontrata negli ultimi 10-15 anni. Su oltre 100 etichette degustate, 18 vini top (per noi unapiacevole esagerazione!) e tanti che hanno “rischiato” di diventarlo. Cosa contraddistingue  in positivo il Friulano delle zone più vocate: il raggiungere un corpo che non prescinde da una “basilare” freschezza sapida e che rende il vino non grasso e cedevole, ma dinamico e vibrante, con ottime possibilità di maturare nel tempo. Anche il legno (poco in verità) quando viene usato non prevarica il vitigno ma lo asseconda, apportando aromi e complessità. Visto che i prezzi sono piuttosto bassi (in certi casi incredibilmente bassi) vi consigliamo di acquistare e mettere in cantina, ci ringrazierete.

Una riflessione finale: il Friulano attuale, quello che ha resistito allo Tzunami mentale del cambio nome e al disamore di tanti produttori, attirati da vitigni più “moderni” e redditizi, ce lo hanno solo in Friuli e scusate se è poco. Purtroppo i numeri non parlano certo a favore del vitigno: di fronte a poco più di 1500 ettari vitati di friulano troviamo oltre 6500 ettari piantati a glera e quasi 8000 a pinot grigio.

Pinot grigio: I vini sono buoni ma… Voto 5.5

A proposito di pinot grigio: pur prendendo atto che il vitigno è il primo come estensione in regione, che tira moltissimo, che su questo vino, in particolare grazie al mercato estero, molti produttori puntano per far quadrare il bilancio, che il Ramato può essere e sarà una carta da giocare in futuro, una cosa che non ci attirerà molte simpatie la vogliamo dire.

Dopo aver degustato molti vini non siamo rimasti molto soddisfatti dal risultato del’assaggio, fondamentalmente perché in diversi casi si punta troppo verso un pinot grigio piacione e rotondo (magari con qualche grammo di zucchero residuo in più) rispetto a un vino più complesso ma magari più difficile da piazzare sul mercato estero. La semplice rotondità può essere prerogativa per vini che puntano alle prime fasce di mercato, non certamente per chi propone il pinot grigio a prezzi importanti. Purtroppo diversi vini degustati, pur buoni, non riuscivano a schiodarsi da una semplicità espressiva quasi disarmante. Il bello è che questo modo di intendere il vino lo abbiamo incontrato solo con il pinot grigio, come se questa fosse una categoria a parte, dove il mondo si rovescia e i bravi produttori puntano a fare vini semplice e immediati, come quelli che li vendono a 2 euro a bottiglia.

Anche l’uso de legno è, sempre e solo per il pinot grigio, molto didascalico, forse volutamente eccessivo proprio per sfondare su mercati esteri abituati a sentori boisée e a morbidezza. Speriamo si sia trattato solo un’annata particolarmente rotonda e piacevole che abbia spinto verso questa deriva. L’amore che ci lega a questa terra e ai suoi vini di punta ci fa guardare comunque con ottimismo al futuro.

Vigne dell’Isonzo viste dalle colline del Collio.

Ribolla Gialla: un buon risultato generale. Voto 7

In annate calde spesso la ribolla non ha grande acidità, in quelle fresche è forse troppo acida e con corpo leggero. Quelle del 2019 (e del 2018) che abbiamo degustato sono nella giusta via di mezzo. Mediamente il risultato è stato di buon livello anche se parliamo di un vitigno molto particolare, che rischia di essere visto come il “fratello povero” e come tale trattato. In qualche caso infatti abbiamo trovato gamme aromatiche che niente hanno a che vedere con il vitigno e la straripante voglia di spumantizzazione forse non è altro che un modo per ottenere risultati sufficienti con sforzi ridotti. Noi crediamo molto in quest’uva, sia declinata in maniera fresca e immediata che proposta con metodi “oslaviani” e speriamo che il futuro continui a considerarla come fondamentale per i grandi bianchi friulani.

Malvasia: ma che bella vendemmia! Voto 8

La nostra paura era il grado alcolico troppo alto e invece, pur incontrando Malvasia spesso sopra ai 14° gradi non ce ne siamo accorti! Ci siamo accorti invece di gamme aromatiche intense e particolari, di strutture e corpi importanti ma armonici e dinamici. Erano anni che non trovavamo le Malvasie Istriane così centrate e così buone e ne siamo  felici. Un po’ meno felici siamo del fatto che in regione, di fronte a 290 ettari di malvasia se ne trovano 383 di traminer aromatico. Quando c’è a disposizione un vitigno dai profumi così fini e dalle caratteristiche così particolari che motivo c’è di utilizzare un’uva non certo facile e che non “parla” friulano, prediligendo climi comunque più freschi e altitudini maggiori? Mah…

Chiudiamo con una frase che riteniamo doveroso inserire e d’ora in avanti lo faremo sempre.

Diciamo grazie a tutti i produttori che ci hanno inviato i vini. Infatti noi degustiamo solo i vini (e sono sempre di più) che ci spediscono i produttori e, last but not least, pubblichiamo solo quei vini che, come minimo, hanno ottenuto almeno la sufficienza, (cioè 1 stella o 60/100).

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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