Degustazione Barbera d’Asti, Superiore e Nizza: crescita indubbia, anche tra contraddizioni5 min read

La Zona Rossa in cui è stato inserito il Piemonte (e subito dopo la Toscana) non ci ha permesso quest’anno di andare a Asti per degustare le Barbera d’Asti (Superiori e Nizza compresi ) al Consorzio di Tutela e così se “Winesurf non è andato alla Barbera d’Asti, la Barbera d’Asti è andata a Winesurf”.

Quindi ci siamo visti arrivare un pallet gigantesco di vino con cui doversi confrontare. La tristezza di non essere potuti andare in Piemonte si è un po’ smussata quando ci siamo ritrovati in mano tante bottiglie (oltre 220 vini da degustare!) di piccoli produttori poco conosciuti, scoprendo così un mondo di etichette che difficilmente (visto che le degustazioni sono sempre rigorosamente bendate) riusciamo a mentalizzare.

Inoltre il fatto di poter fare le degustazioni con maggior tempo a disposizione ci ha permesso anche di capire, strada facendo alcune peculiarità della Barbera d’Asti  che ancora non eravamo riusciti a mettere perfettamente a fuoco.

Panorama astigiano

Vedrete che la degustazione (Nizza a parte e poi vi spiegheremo il perché) oltre che per tipologie è stata divisa anche per annate: quindi avrete gruppi separati per le Barbera d’Asti 2019, 2018 e 2017 e per le Superiori 2018, 2017 e 2016.

Dividendo così i vini abbiamo capito meglio alcune cose, la prima è che la Barbera d’Asti (e la Barbera in generale) ha un rapporto complesso con l’invecchiamento. Nei primissimi anni di vita è un’esplosione di frutta in un corpo reso fresco dalla tradizionale acidità, ma andando avanti nel tempo i profumi fruttati cominciano a decadere (in tempi più o meno lunghi, in qualche caso addirittura lunghissimi) senza che ad essi si sostituiscano necessariamente quelli che vengono chiamati terziari. In altre parole la Barbera invecchiando rimane al palato molto simile a se stessa grazie all’acidità che non degrada praticamente mai e si affievolisce piano piano dal punto di vista aromatico senza sviluppare grandi alternative.

Lo abbiamo visto chiaramente (con caratteristiche diverse) sia nelle tre degustazioni della Barbera d’Asti sia in quelle delle Barbera Superiori. Qui abbiamo capito, tra l’altro, la genialità di Giacomo Bologna, che con il legno riuscì a fermare questo “viale del tramonto” dando alla Barbera quella complessità di aromi che, evolvendo, le mancava. Parafrasando potremmo dire “un grande passo avanti per l’uomo e per l’umanità della Barbera”, che si trovò così una strada nuova da percorrere.

Barbera

Questa strada però era (ed è) piena di insidie, riconducibili da una parte al vitigno e alla sua classica carenza tannica, dall’altra alla mano dell’uomo, non molto avvezza a “dosare” il legno. Vi faccio un esempio bislacco ma abbastanza calzante: usare il legno piccolo per la Barbera è come provare a mettere interamente un palo di due metri dentro una barrique, senza spezzarlo. E’ un’operazione difficilissima se non impossibile e solo pochi ci sono riusciti negli anni dei primi Bricco dell’Uccellone, mentre dopo la situazione è migliorata ma molto a macchia di leopardo.

Non per niente il principale problema che abbiamo trovato delle Barbera d’Asti Superiore è il dosaggio del legno, la sua marca spesso invadente, almeno nei primi 4-5 anni. Il bello è che (ne abbiamo avuto la dimostrazione dalla degustazione delle Barbera d’Asti d’annata fino al 1998, di cui parleremo in un altro articolo) la Barbera d’Asti invecchia benissimo anzi, non invecchia proprio, mantenendo spessissimo (almeno nei primi 10 anni) colore, freschezza e corpo come dopo 2-3 anni. Ma di questo, come accennato vi parleremo in un prossimo articolo dedicato a quella incredibile degustazione.

Altra cosa molto importante è la crescita generalizzata della qualità media, specie tra le Barbera d’Asti che negli anni passati mostravano in alcuni casi imperfezioni al naso e aromi non certo netti. Quest’anno, pur avendo avuto molti più vini in degustazione i campioni con problemi sono risultati pochissimi e questa crescita crediamo sia fondamentale per la denominazione:  potersi presentare, per esempio, nel mercato italiano con vini di ottimo prezzo, bei profumi e netta piacevolezza potrebbe essere uno “sdoganamento” definitivo  per questo vino, non molto conosciuto in tante zone del nostro stivale.

Ma adesso veniamo alle nostre Barbera d’Asti di varie annate. Le 2019 e 2018 ci hanno veramente sorpreso per immediatezza, potenza aromatica e freschezza, quest’ultima più o meno marcata ma sempre presente. Già tra le 2017 cominciamo a sentire qualche aroma in meno o meglio qualche appiattimento aromatico e non per niente la migliore è una barbera che ha un palato da favola con un naso di diverso livello.

Tra le Barbera d’Asti Superiore le tre annate prese in considerazione  ci sono sembrate la dimostrazione che il tempo porta consiglio, cioè che più si va avanti e più si capisce come mettere il “palo nella barrique”. Infatti molte 2016 sono ancora murate dentro a scafandri di legno ma la cosa migliora molto sia con le 2017 che con le 2018, segno che piano piano si sta andando verso un maggiore concetto di equilibrio anche in annate non certo “rilassate” come la 2017.

Sul Nizza (che abbiamo preferito inserire in un gruppo unico visti i pochi campioni per ogni annata) il discorso è diverso e ci sembra giusto che il focus della denominazione sia sul territorio e non sul vitigno. Infatti anche tra le Barbera d’Asti Superiore con tanto legno si trova sempre ben presente la componente acida mentre tra i Nizza al posto dell’acidità incontriamo spesso rotondità e pienezza, al posto del tannino quasi accennato della barbera una tannicità spesso importante.

panorama astigiano

Per noi il Nizza è un’idea condivisa di vino che si applica al vitigno: rotondità, piena tannicità dolce, freschezza in secondo piano, non sono cose da Barbera d’Asti ma da Nizza e devo dire che nei 2018 questi equilibri funzionano e il legno è ben dosato. Sembra quasi un altro vitigno ma invece è l’esempio di come un’idea possa attecchire in un territorio e portare i produttori a fare un vino diverso: il Nizza può piacere o meno ma sicuramente è un prodotto con caratteristiche molto diverse da una Barbera Superiore.

In conclusione i nostri assaggi ci hanno presentato un territorio in grande crescita e con idee molto chiare anche se la crescita spesso non è omogenea, dovuta anche alla notevole frammentazione delle aziende che rende molto difficile condividere informazioni  e fare gruppo.

Tra qualche giorno, come accennato, pubblicheremo la degustazione di vecchie annate di Barbera Asti, Superiore e Nizza che partono dal 2012 e arrivano fino al 1998. Quasi 50 campioni per capire e apprezzare tante cose su questo vino.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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