Dal Greco al Fiano: viaggio (istruttivo ma…rischioso) da un Angelo a un Barone4 min read

Dopo due ore di  fuoristrada nelle  campagne attorno a Tufo con alla guida Angelo Muto (titolare della  Cantina dell’Angelo), a me il Camel Trophy  “Me spiccia casa!”

Ve ne dico solo una: stiamo scendendo  in un campo con una pendenza  veramente notevole, quando Angelo,  guarda avanti e serafico dice “Chissà se da lì ce la facciamo a passare.

” sarebbe  una lingua di terra 50 metri più avanti, con a sinistra un terreno franoso e franato e a destra un argine in cui non sarebbe certo piacevole ribaltarsi. Per tagliare la testa al toro Angelo tira il freno a mano e  scende per andare a vedere. Noi rimaniamo come “D’autunno sugli alberi le foglie”, guardando il quasi baratro davanti a noi, senza sapere cosa augurarci: se passare di lì o affrontare una marcia indietro quanto meno molto problematica. Angelo intanto ha dato un’occhiata e rimontando in macchina sentenzia “Ce la possiamo fare!”

Questo suo allegro possibilismo non ci conforta molto ma non abbiamo il tempo per reagire: Angelo toglie il freno a mano ed inizia a scendere. In quel momento gli suona il cellulare e lui, naturalmente, guarda il display e risponde “Caro Achille per quella cosa che ti dicevo…”

Ricapitoliamo: fuoristrada che sta cercando di passare in una striscia strettissima di terreno tra una frana (con possibilità quindi di franare anche noi) ed un argine in cui ribaltarsi come seconda scelta. Angelo ha appena tolto il freno a mano e preso in mano il telefonino, gestendo quindi una situazione delicata e potenzialmente pericolosa  con una sola mano  e impegnato in una piacevole conversazione .

A quel punto mi sono permesso di ululare “AD ACHILLE GLIELO DICI DOPO!” e allora  Angelo ha chiuso tranquillamente  la chiamata e ci ha portati, da bravo nocchiero, oltre.

Perché vi dico questo? Perché Angelo fa il vino come guida il fuoristrada! Rischiando senza rendersene conto ma facendo cose che gli altri si sognano, forte di una conoscenza che sembra a prima vista incoscienza, temprato di certezze camuffate da  dubbi, poggiato di basi solide anche dove si potrebbero prevedere delle frane.

Angelo conosce perfettamente il territorio del Greco di Tufo e non lesina sia elogi sia critiche: mi ha indicato, parcella per parcella, praticamente una trentina di proprietari, da nomi famosissimi a coltivatori diretti,  e di ognuno sapeva vita, morte e miracoli.

Per lui far conoscere la sua terra è talmente importante che, se non fosse stato per il suo amico-enologo Luigi Sarno, alla fine del giro non ci avrebbe nemmeno fatto assaggiare un vino. E comunque non è che ci siamo messi a tavola e assaggiato con calma: dato che aveva fatto tardi scarrozzandoci in campagna, una bottiglia di Torrefavale aperta al volo e pedalare.

Com’era il vino? Scapigliato! Nel senso della corrente letteraria avversa ai gusti e alle mode dominanti e alla cosiddetta tradizione. Il Torrefavale  è un greco d’impatto, con aromi potenti e decisi, dove la nota sulfurea ha il sopravvento. Un vino che non passa inosservato come, tanto per ribadire, il modo di guidare il fuoristrada di Angelo Muto.

Fino ad ora ho parlato solo della prima parte della visita, per la seconda ci siamo trasferiti a Cesinali da Luigi Sarno che, oltre ad essere produttore/titolare della Cantina del Barone, è anche amico/enologo di Angelo e di altre piccole realtà campane. Dimenticavo, ha anche vinto il Premio Gambelli 2018 e scusate se è poco.

Luigi, dal punto di vista caratteriale è agli antipodi rispetto ad Angelo: tanto il primo è deciso, quasi “rodomontesco” nel suo modo di fare, tanto Luigi è timido, riservato, equilibrato. Anche qui un piccolo esempio per  chiarire: all’interno della sua proprietà. Accanto ai vigneti di fiano c’è una vite. Voi direte che anche le altre sono viti, ma questa è di circa 300 anni e se non gli chiedevo io cosa era quell’albero gigantesco, lui forse non me lo avrebbe detto: quando si dice profilo basso….

Luigi ha pochi ettari di fiano, nemmeno quattro, ed una fetta l’ha tolta e la sta reimpiantando . Sono terreni quasi pianeggianti  a circa 400 metri, toccati da venti freschi che riescono a mitigare il calore estivo. Le vigne più vecchie ( a parte quella di 300 anni) sono state piantate nel 1987, da suo padre. Produce due vini, di cui il più importante è il Particella 928, un  Fiano d’Avellino  setoso e complesso, profondo ma equilibrato, che alterna note sulfuree a sentori di idrocarburi e di frutta bianca. Al primo sorso non sembra così complesso come invece è : bisogna prestargli un po’ di attenzione ed immediatamente il vino si apre e si distende in bocca con tutta la sua concreta eleganza.

Come il Torrefavale  è un vino che sicuramente va atteso, che da il meglio di sé dopo almeno un anno e continua a migliorare come minimo per 7-8.  Ma qui finiscono  le somiglianze: il Greco di Angelo è un vino irruento, caratteriale, mentre il Fiano di Luigi è  molto meno impulsivo,  più tranquillo ma molto sicuro di sé.

A proposito di sicurezze: un pomeriggio con loro due mi ha dato sicuramente una visione più completa e articolata di questi due territori  che rappresentano quanto di meglio il mondo dei grandi bianchi italiani possa presentare al mondo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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