Il Covid da oggi creerà anche invalidi permanenti come la ristorazione?2 min read

Cosa posso dire per far venir fuori la disperazione di un ristoratore che si è adeguato, ha speso soldi per creare sicurezza e tranquillità nel suo locale, o per il pizzaiolo che ha fatto lo stesso e ora può andare in ferie (se ha i soldi)?

Come esternare la rabbia che mi ritrovo in pancia, non per me ma per i miei amici ristoratori, pizzaioli, kebabbari, bibitari e chi ne ha più ne metta, per una tegola che colpisce e fa molto, molto male.

Qui non si tratta di stare chiusi la sera, considerando che anche per “colpa” dello smart working a pranzo i numeri sono minimi, ma di dover pensare ad un futuro senza futuro, a dover pagare tasse, affitti, personale, materie prime di livello, senza avere introiti o averli in maniera minimale (che forse è peggio).

E’ come se ti obbligassero a gareggiare nel salto in alto ma la rincorsa la prendi correndo su una gamba sola. Come fai a saltare l’asticella che è sempre alla stessa altezza di prima?

Purtroppo è chiaro! Da oggi il covid non solo uccide ma porta a invalidità permanenti, non alle persone (almeno spero) ma ad alcune categorie, come quella della ristorazione e quelle collegate, mondo del vino in primis.

Sei già in ginocchio e ti becchi una trave sul collo. Ti può rialzare solo se sei Bruce Willis in un film hollywoodiano!

Spero che il governo, che non ho mai criticato fino ad oggi, abbia delle misure serie di aiuto per chi, pur essendosi adeguato alle norme, si becca tra capo e collo questa mazzata. Dovranno essere misure importanti e RAPIDE, altrimenti il rischi sono due: il primo è che la medicina arrivi quando il paziente è morto, la seconda è che per riuscire a salvarsi tanta ristorazione sia tentata fortemente (eufemismo) di abbattere drasticamente la qualità delle materie prime,  mantenendo intatti i prezzi e trasformando di fatto il settore in una variante delle tante catene sfornacibo esistenti nel mondo.

Presidente Conte, si renda conto che qui il rischio è grosso: ci sono secoli di cultura enogastronomica che la guardano, per non parlare di tante brave persone.

Detto questo mi permetto, affermando qualcosa che non piacerà ai più, di parlare non solo a tutti gli italiani ma in particolare ai figli, nipoti, fratelli, sorelle, padri, madri, amici e soci in affari (con tutta la famiglia) di chi lavora nel settore della ristorazione e in quelli connessi. Sappiate che ogni volta che vi levate la mascherina, la tenete sul collo come se fosse una sciarpa, vi abbracciate, bevete un drink a 10 centimetri di distanza con un’altra persona state accoltellando alle spalle vostro padre, figlio, fratello, sorella, amico, socio etc.

Proviamo tutti per un mese, PER UN MESE, speriamo non in memoria della grande ristorazione italiana che tutto il mondo ci invidia, a fare di tutto perché possa tornare ad essere quello che era. Proviamoci, lo dobbiamo a chi oggi è sulla linea del fuoco e non può fare niente per sfuggire.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE