Come si falsifica un vino? Come si riconosce un falso?7 min read

In certi casi può essere vantaggioso  vendere vini  autentici semplicemente falsificandone l’annata: ovviamente avendo cura di scegliere un’annata più vecchia e più prestigiosa. Il prezzo di una  grande annata di un vino “da collezione” può infatti superare di molte volte quello di un’altra annata dello stesso vino, specie se di quell’annata sono rimaste poche bottiglie.

Non è forse questa la ragion per cui Serena Sutcliffe, a capo del Dipartimento del vino di Sotheby, ha  potuto affermare che nell’anno precedente erano state vendute più bottiglie del 1945 di quante ne fossero state prodotte?

In certi casi  basta modificare la data in etichetta raschiando sapientemente la cifra da correggere e fare poi altrettanto sul sughero  estratto con un dispositivo speciale, tipo Ah So.

Margaret Downey riferisce in proposito di una bottiglia di Château Lafite  del 1964 spacciata  da  Kurniawan  per una del più raro 1961: solo guardandola  molto attentamente sarebbe stato possibile rendersi conto che il 4 finale era stato corretto in un 1.

Con  vini molto vecchi, operazioni simili sono facilitate dal deterioramento naturale, per effetto del tempo,  delle etichette e dei sugheri.  In quel caso, un numero scolorito o poco leggibile può apparire più facilmente come normale.  Anche alla prova di assaggio, quando questa viene effettuata a molte decine di anni dalla vendemmia diventa quasi impossibile, persino  ad assaggiatori molto esperti, riconoscere  le differenze tra due annate molto vicine tra loro dello stesso vino.

Ma  casi come quello descritto sono relativamente rari.  Di regola i truffatori riservano (poche) bottiglie autentiche alle degustazioni che precedono la vendita, nella ragionevole  convinzione che un falso, una volta acquistato, sarà assaggiato dal collezionista solo diversi anni dopo e forse mai.

Più spesso i truffatori preferiscono però acquistare  ( in Cina c’è un floridissimo commercio),  bottiglie autentiche vuote per riempirle di un vino diverso, di minor valore. Più complesso e rischioso, anche se in molti casi necessario,  è invece fabbricare ex-novo etichette, capsule e sugheri  simili a quelli originali , “da invecchiare” con apposite procedure.

Talvolta, per rendere più credibile la falsificazione, nelle bottiglie contraffatte può esservi  il vino originale sia pure in una piccola percentuale, mescolato con altri vini qualità inferiore. Nella maggior parte dei casi,però,  a essere smerciato è  il prodotto di una vera e propria “creazione” da parte del falsario.

Qualche volta, come un falso d’autore, il vino contraffatto  può essere di buona e persino ottima qualità.  Paul Oster , ad esempio, confezionava i suoi falsi Petrus  mescolando due  crus classé di Bordeaux (vedi primo articolo sui falsi), certo di assai minor prezzo, ma di tutto rispetto.  Tuttavia gli ingredienti preferiti dai falsari sono generalmente vini ben fatti di prezzo assai più modesto, sapientemente mescolati. Quando l’FBI arrestò Kurniawan l’8 marzo del 2012, nella sua residenza di Arcadia gli agenti vi trovarono, insieme con altri  materiali utili per la contraffazione (come tappi, etichette e capsule), molte bottiglie di vini della Napa Valley poco costosi , destinati a diventare prestigiosi Bordeaux  di  vecchie annate.

Rudy Kurniawan

Un espediente frequentemente usato per simulare una grande, vecchia  annata di un vino prestigioso,  è   quello di mescolare, in opportuni dosaggi, un vino più vecchio con un altro di annata recente. Andrew Waterhouse, wine chemist dell’Università di Davis, afferma che unire il carattere fruttato di un vino giovane con quello evoluto di un vino vecchio può dare l’impressione di un Borgogna invecchiato bene.

Del resto, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Oggi, che si è affermato il valore dei “millesimi” e dei grandi vini lungamente invecchiati,  si tenta di camuffare un vino giovane per un altro più vecchio evoluto bene, una volta accadeva piuttosto  il contrario. Nel Medioevo il vino  era un prodotto molto più instabile e diventava in breve tempo imbevibile perché inacidiva oppure si ossidava: gli acquirenti chiedevano perciò solo vini nuovi, e vendere un vino di un’annata precedente spacciandolo per vino nuovo era considerato una frode e punita come tale (Racine, 2003).

Tacuinum sanitatis casanatensis (XIV secolo)

Bastava però mescolare il vino della vecchia annata rimasto invenduto con un po’ di vino nuovo  per farlo passare  per vino dell’ultima vendemmia.

La contraffazione del vino  è probabilmente sempre esistita. Tutti i mezzi erano del resto leciti per poter vendere in un ambiente commerciale perennemente instabile  a causa delle guerre un prodotto che si alterava molto facilmente e rischiava di andar perduto.

Ma quando le tecniche enologiche consentirono la produzione di vini più stabili e capaci di invecchiare, divenne  sempre più  vantaggioso vendere un vino comune per uno più ricercato, cosa che doveva essere certo più facile in un tempo in cui l’uso della bottiglia non era ancora diventato comune e i vini venivano ancora  commercializzati in botti.

Vale  forse  la pena di dare un’occhiata a un classico della letteratura enologica ottocentesca, come “il Nouveau manuel complet de l’amélioration des liquides tels que vins, vins mousseaux, vins de liqueurs…” di tal V.F. Lebeuf (1879), per trovare le ricette complete di fabbricazione dei vini più ricercati di Bordeaux, di Chablis  o Champagne con pochi semplici passi. Per ciascun tipo di vino sono riportate  addirittura tre diverse formule per ottenere livelli crescenti di qualità (un Bordeaux di prima scelta, uno medio e uno più modesto di basso costo).

Per fare quello migliore, occorre mescolare 60 litri di un vino rosso del Midì (di  Narbonne o del Roussillon), 25 di un vino bianco di buona qualità, 12 di Alicante rosso e 3 di vecchio Malaga aggiungendo qualche grammo di additivi enologici.

Curiosamente, poteva essere sufficiente diminuire leggermente la percentuale di rosso (da 60 a 55 litri) , sostituendola con qualche litro di vin noir  del sud e di vino vecchio di Xerès per produrre un Borgogna “di alta qualità”. Non c’è che dire: anche allora, come oggi, c’erano più compratori che conoscitori.

Il commercio di falsi non danneggia  ovviamente solo  gli acquirenti che ne sono le vittime più immediate. Anche i produttori dei marchi più importanti hanno subito danni ingentissimi, derivanti dal deterioramento dell’immagine e dal conseguente abbassamento dei prezzi. A partire dagli anni ’80, spinti dall’esplosione dell’interesse per i vini da parte dei super-ricchi di tutto il mondo, i prezzi dei Premier Cru di Bordeaux erano saliti in breve tempo fino a raggiungere cifre impensabili, ma solo  qualche anno dopo per comprare una bottiglia di Lafite-Rotschild bastavano 700 euro invece di 1.300 , visto che in circolazione erano ormai molte più bottiglie di quelle  prodotte.

Era perciò inevitabile che le case produttrici cominciassero  a prendere cautele crescenti e a impiegare nuovi  espedienti tecnologici per difendersi (ne parleremo in un prossimo articolo).

Ma il semplice consumatore che cosa può fare per difendersi? Relativamente poco. La regola principale, come suggerisce anche Margaret Downey, è sempre quella di acquistare da una trustworthy source. Il che significa: il produttore stesso o i suoi distributori ufficiali (quando è possibile) o  négociants con una solidissima reputazione, mai sfiorata dagli scandali.

Ovviamente non basta.

Jancis Robinson  ha osservato che se la situazione è quella appena descritta è anche perché le case d’asta (non escluse quelle di  reputazione più elevata), nonostante le cospicue commissioni riscosse  ( tra il 10 e il 19.5%), non si sono evidentemente impegnate abbastanza.

Che cos’altro si può fare? Ovviamente va fatta molta attenzione alle etichette.  Le etichette erano stampate un tempo con una piastra di stampa, ciò che le rende riconoscibili all’ingrandimento perché hanno un contorno. Un’etichetta più recente, stampata con una stampante a getto d’inchiostro, può essere riconosciuta dall’impiego di una carta speciale oppure  da tracce d’inchiostro o  di pixellatura .

Anche le eventuali macchie “da invecchiamento”, se sono  provocate  artificialmente si possono distinguere da quelle naturali perché non sono uniformi. Downey spiega che la carta si ossida in modo uniforme, non solo in un angolo dell’etichetta e non in un altro.

Altri segni importanti sono il livello del vino nella bottiglia (dopo 30-40 anni è impossibile che arrivi giusto in prossimità del tappo, a meno che la bottiglia non sia stata ricolmata) e la sua risalita lungo il tappo (in bottiglie che sono state a lungo coricate la macchia dovrebbe allungarsi verso la capsula). Anche i sedimenti sono importanti. Una bottiglia molto vecchia deve inevitabilmente avere dei sedimenti, che devono lasciare una traccia sulla bottiglia. Per esempio se il sedimento è presente, ma non si muove è segno che è stato prodotto artificialmente riscaldando la bottiglia.

Allan Frischman, della casa d’aste Hart Wine Auction indica cinque regole-base per riconoscere un falso.

1.Etichetta: dubitare delle etichette  stampate su carta  o utilizzano caratteri  inappropriati al periodo in esame

2.Capsule: alcuni falsi scambiano la ceralacca con una pellicola o usano un colore diverso da quello originale

3.Tappi: spesso  riportano il nome del produttore e la data della vendemmia. Caratteri e ombreggiature possono essere degli indizi.

4.Colore: il vino vecchio ha un colore diverso, ma alcuni falsi non sembrano averlo

5.Bottiglie: le bottiglie molto antiche  hanno forme e  vetri diversi.

Basterà?

 

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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