Classificazione Montefalco: San Sebastiano all’opera.4 min read

La chiesa-museo di San Francesco a Montefalco è uno dei luoghi più belli d’Italia. Gli affreschi di  maestri come Benozzo Gozzoli ed il Perugino richiederebbero diverse giornate per essere ammirati come si deve. Forse per questo il 19 novembre scorso, ascoltando le relazioni che  hanno fatto da corollario alla presentazione della prima sperimentazione di classificare una DOCG italiana con il metodo francese adottato nel Bordolese (vedi)  (in particolare a Saint Emilion), in alcuni momenti l’occhio si perdeva in tanta bellezza. Attratto solo dalla beltade degli affreschi? Ancora è presto per dirlo.

Per chi non avesse letto il nostro precedente articolo ricordiamo che prima del convegno avevamo definito l’idea nata dal professore Zampi dell’Università di Firenze come indubbiamente interessante ma molto difficile da realizzare. Come poi lo stesso Zampi ci ha spiegato, i parametri devono ancora essere decisi ma sicuramente non riguarderanno solo la qualità del vino o dei terreni e prenderanno in esame anche i riconoscimenti ottenuti in passato, il posizionamento a livello commerciale, l’immagine etc. etc.

Quindi un misto tra qualità, qualità percepita,  mercato e marketing. Inoltre, per rendere ancora più difficile la cosa, dopo aver creato una serie di regole, queste devono essere condivise da tutti, ripeto tutti, i produttori della denominazione. Ve lo immaginate possibile? Facciamo un esempio pratico: secondo i parametri proposti l’azienda X sarebbe di categoria AAA (tipo gli elettrodomestici), mentre Y non andrebbe oltre un CCC. Secondo voi il proprietario di Y e tutti quelli che, come lui si ritroveranno in terza-quarta categoria, saranno d’accordo sui parametri o invece ne proporranno altri, magari anche molto diversi? A voi la risposta.

Per questo l’occhio vagava sugli affreschi, per ricercare una sintesi pittorica del convegno. La sintesi non l’ho trovata solo in un bellissimo crocifisso ligneo (dove al posto della faccia del Cristo mi immaginavo Vincenzo Zampi) ma soprattutto in un affresco che ritrae San Sebastiano trafitto da innumerevoli frecce. Non vogliamo fare gli uccellacci del malaugurio ma crediamo che Vincenzo Zampi e con lui il Consorzio di Tutela stiano per immolarsi sul fronte della classificazione, al pari di un moderno San Sebastiano trafitto dalle frecce di quelli che non si sentiranno abbastanza gratificati dai metodi scelti.

Anche se Thierry Desseauve, il famoso giornalista francese, ha sostenuto che una classificazione di questo tipo non dovrebbe creare gelosie tra produttori ma rappresentare un’opportunità, in diversi altri interventi, tra cui quello di Denis Dubordieu, affiorava una scetticità di base sulla riuscita dell’operazione. Al termine di ogni intervento davo un’occhiata all’affresco del San Sebastiano e ogni volta mi sembrava che le frecce aumentassero…..

Lo stesso intervento di Vincenzo Zampi non ha toccato in maniera profonda il tema dei parametri, preferendo soffermarsi sui perché “a monte” di una tale classificazione.  Da lui abbiamo saputo solo che verranno classificati vini e non vigneti, e che i parametri si baseranno  “In particolare  su qualità e notorietà oltre che sul prezzo” e che saranno “Poi presi in considerazione anche alcuni requisiti propri dell’azienda produttrice”.

Come potete capire siamo abbastanza sul vago. A questo punto credo che l’unico vero lato positivo di questa sperimentazione sia l’idea in se stessa. E’ indubbiamente importante che una denominazione cerchi di percorrere questa via: se non altro mostra intraprendenza e mentalità aperta. Inoltre fa parlare (bene) di se e, last but not least, porta un seme che adesso magari non maturerà, rimanendo però  nel terreno in attesa di tempi migliori.

Così come sembra attendere tempi migliori un Cristo giovanissimo attaccato alle gonne della Madonna (dotata addirittura di bastone) mentre cerca rifugio e protezione dal demonio. Forse per portare a termine una classificazione del genere servirebbe veramente il bastone.

In effetti quella più famosa venne fatta a Bordeaux nel 1855 sotto Napoleone III°, che la richiese espressamente ed il cui peso “imperiale” si fece sentire in ogni momento. Da allora molte cose sono cambiate…..

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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