Chianti Colli Fiorentini: il compleanno del leone3 min read

Anche i leoni, naturalmente, compiono gli anni. Stavolta tocca alla mascotte del Consorzio

Chianti Colli Fiorentini, ormai ventenne.

 

Quanto all’originale, una banderuola in metallo sulla cuspide della torre di Palazzo Vecchio, è dal 1453 che domina orgoglioso palazzi e colline. Ma fu il 20 settembre 1994, all’atto della fondazione, he un manipolo di aziende del territorio (allora DOCG da dieci anni ma individuato come sottozona già nel Decreto del 1932) scelse quel leone come simbolo del Consorzio. Scartarono immagini più scontate come il giglio, imparentato col giaggiolo che si dice venisse usato per profumare i vini nell’enologia ruspante di un tempo non poi troppo remoto.

 

Si trattava di valorizzare la zona compresa (e in qualche modo compressa) tra Firenze e il Chianti Classico, abbastanza piccola ma sparpagliata su ben diciotto comuni. Tra questi naturalmente Firenze, una star mondiale la cui visibilità non è stata forse adeguatamente sfruttata, tanto che oggi qualche produttore si lamenta della scarsa presenza di questo vino proprio in città.

 

Comunque il 27 novembre scorso ecco la grande festa, partita con una quasi inevitabile degustazione a ritroso per sette aziende, con un’annata diversa a testa. Leonardo Romanelli ha menato il dibattito fra giornalisti e produttori, sintetizzando che la svolta significativa è avvenuta negli anni 2000 con l’entrata in produzione di numerosi nuovi vigneti e un’attenzione maggiore in cantina.

 

Eppure quello che ha fatto più parlare è stato il Chianti Colli Fiorentini 1987 (quindi pre-consorzio, e nemmeno una Riserva) dell’azienda Lanciola, destando ammirazione fra i più anche se con qualche inevitabile detrattore. “Vecchio stile”, intendiamoci, terziarizzato con una certa magrezza e austerità ma di bello slancio e pulizia.

Notevole la vitalità pure della Riserva di Castelvecchio di dieci anni dopo, dalla buona freschezza speziata. Un modello che pare essere stato abbandonato in seguito, con l’arrivo di impianti a più alta densità e iniezioni di vitigni alloctoni.

 

Così le annate più recenti assaggiate in questa occasione oscillano fra l’ancora fragrante rotondità di un La Querce 2001 e il corpo e la complessità di un Bagnolo 2006. Forse proprio qui sta la caratteristica dell’offerta di questa DOCG e del suo Consorzio che ne copre un 80 per cento.

 

Come ha sottolineato la Presidentessa Marina Malenchini, mentre sono appena 28.000 gli ettolitri mediamente prodotti per anno (pochi cioè all’interno del fiume Chianti) gli stili risultano assai diversi, e per molti il Chianti Colli Fiorentini non è neppure il vino di punta. In ogni caso è certo apprezzabile la qualità media, come ci ha confermato l’assaggio libero che è seguito, sempre presso l’Hotel Helvetia & Bristol nel capoluogo granducale.

 

Si sono distinti in questo finale di serata anche i Vin Santi della denominazione, con l’eccellenza di quello “della Torre grande” del Castello di Poppiano. Mancavano purtroppo, per i ben noti motivi, gli extravergini che di solito completano la produzione di queste fattorie. 

 

È stato presentato il bollino “Anniversary”, che per un anno si farà notare sul collo delle bottiglie con la speranza che aumenti la visibilità del vino.

E avendo avuto il piacere di collaborare col Consorzio come professionista esterno nella prima parte della sua vita, con molta simpatia mi viene da augurare ai vignaioli che ci mettano ancora più convinzione, e che siano più coesi nel proporre uno stile ben definito per le loro etichette “fiorentine”.

Potranno sempre continuare a dar sfogo alle singole personalità attraverso le altre denominazioni, visto che tanti producono anche semplice Chianti, un paio Chianti Classico e gli IGT non si contano.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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