Chiamatelo E.V.O! Per uscire dal Medioevo dell’olio extravergine d’oliva3 min read

Siamo particolarmente felici di ospitare nuovamente le sagge e mai dome parole di Silvano Formigli, questa volta riguardanti un tema a cui Silvano ha sempre tenuto in maniera particolare. La sua chiarezza espositiva, unita alla classica “virulenza” da vero chiantigiano ci fanno capire in pochi passaggi tante, ma tante cose su come potrebbe essere semplice comprendere la qualità di un olio (d’oliva, vergine e in questo caso extravergine) leggendo l’etichetta sulla bottiglia. Grazie Silvano!

Ritengo che la chiarezza e la valorizzazione dell’olio abbiano “perso il treno” quando fu fatta la Legge che permette di chiamare Olio di Oliva (una dizione semplice, chiara, immediata, che rende purtroppo l’idea di un prodotto ottenuto dal frutto direttamente con gli storici sistemi meccanici e non chimici), l’olio ottenuto dagli oli “lampanti” (cioè alti di acidità in acido oleico, considerato dannosi per la salute) che vengono trattati dall’Industria Olearia anche con solventi per ridurre l’acidità e renderli “neutri”. Questo prodotto miscelato con un Olio Vergine di Oliva (la Legge impone una quantità minima del 2%) diventa appunto sul mercato Olio di Oliva: credo questo sia uno dei tanti inganni nei confronti del consumatore.

Nella dizione degli Oli Vergini (Extra Vergine e Vergine), cioè estratti con metodi meccanici e non chimici, per il consumatore è difficile districarsi, trovando prezzi da Euro 3 a Euro XXXX, con dizioni non chiare che differenzino nettamente l’Olivicoltore dal commerciante/frantoiano/industriale/ imbottigliatore.

C’è stato un piccolo sforzo verso le D.O.P., però assistiamo ad un commercio di bottiglie costose spesso solo per la confezione e i produttori non contenti della burocrazia che ne consegue.

C’è inoltre l’I.G.P. che però è per zone vaste e porta i produttori a piantare in aree non a vocazione olivicola, ma con costi di produzione più bassi (esempio in pianura rispetto alle colline).

C’è poi la dizione. PRODOTTO IN ITALIA. Ma il nostro bel Paese da nord a sud ha il più grande e vario patrimonio di cultivar (quindi caratteri diversi per il tipo di oliva) e situazioni climatiche e geologiche con forti varianti dalle quali ne consegue un patrimonio di oli molto vario di caratteri.

E.V.O.

Se sarà difficile, se non impossibile, scardinare la legge esistente (e i membri comunitari che vendono tonnellate di olio ai nostri imbottigliatori) con la forte pressione degli industriali e/o dei grossi Confezionatori, allora propongo una terminologia semplice ma di un gradino più alto: la dizione: E.V.O. (Extra Vergine Oliva) oramai usata da Giornalisti e Chef per indicare un Olio Extra Vergine di Oliva (dizione molto lunga e difficile per gli stranieri).

L’E.V.O. dovrebbe essere una terminologia aggiunta nella Legge per Oli Extra Vergine di Oliva con acidità massima dello 0,5% e provenienti da uno specifico territorio in etichetta riferentesi al Ccomune dove sono ubicati gli oliveti.

 La dizione dovrebbe essere autorizzata solo per chi produce da olive dei propri oliveti e quindi può indicare in etichetta: “Imbottigliato all’origine dall’Olivicoltore” . Assolutamente non autorizzata per  frantoiani e/o imbottigliatori.

Un olio E.V.O. dovrebbe essere obbligato inoltre

 

  1. A dichiarare l’acidità dell’olio (all’origine dell’imbottigliamento, come per alcuni prodotti è indicato “peso all’origine”), sapendo che poi è un dato variabile per maturazione e/o ossidazione, specie se malconservato.
  2. A non utilizzare bottiglie chiare, che traggono in inganno il consumatore e fanno ossidare più velocemente l’olio.
  3. A non utilizzare l’olio GREZZO (Mosto), TORBIDO, che tende a ingannare il consumatore sulla “genuinità”: la torbidità è dovuta solo a piccole particelle di vegetali e acqua, che vengono così pagate al prezzo dell’olio.

 Eccovi un esempio di etichetta con le indicazioni dovute (il Ministero dovrebbe fare una opportuna promozione per farle conoscere il più possibile).

 

           E.V.O.

               OLIO EXTRA VERGINE di OLIVA

            di SAN CASCIANO IN VAL DI PESA (o altre dizioni di comune già previste)

           Imbottigliato all’origine dall’OLIVICOLTORE………

           nel Comune di San Casciano in Val di Pesa (Firenze) – Italia

 L’indicazione comunale è una vecchia idea di Luigi Veronelli che si batteva affinché fosse applicata per tutti i prodotti agricoli. Un piccolo territorio è ben vigilato in primis dagli abitanti e dai consumatori stessi.

Silvano Formigli

Quello che hai appena letto è un post scritto da un ospite speciale per Winesurf, che non troverai costantemente nel giornale.


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