Chi può mettere d’accordo AIS e Fisar? Solo la Coop!2 min read

Tra le due più grandi associazioni di sommeliers italiane non si può dire scorra buon sangue. Del resto è normale perché si rivolgono allo stresso bacino di utenza e propongono entrambi corsi di formazione sul vino. Inoltre c’è sempre una dose di sana partigianeria, più o meno agguerrita, che fa sentire gli uni meglio degli altri.

Avendo amici in entrambe le associazioni assisto spesso a punzecchiature più meno marcate da entrambe le parti, tanto da essermi convinto del fatto che non potranno mai andare d’accordo.

Devo quindi ammettere di essermi sbagliato e la prova provata è il depliant della Coop Firenze che ho davanti agli occhi: si tratta di un paginone che recita “Una selezione di vini consigliati da Fisar e Ais.” Con i logo delle due associazioni a destra e sinistra. Sotto a questo la presentazione di due vini che sicuramente saranno stati usati più volte nei rispettivi corsi di degustazione (altrimenti perché dovrebbero parlarne) e quindi non sta a me giudicarli.

Non giudico nemmeno il fatto che per mettere d’accordo due associazioni concorrenti serva probabilmente solo una cosa, sempre la stessa. Non credo infatti che il  paginone non abbia portato (in maniera assolutamente lecita!) qualcosa nelle casse delle due associazioni.

Se questo contributo renderà felice i tesorieri delle due associazioni ma riuscirà anche a migliorare la cultura del vino, l’operazione non potrà che dirsi felicemente riuscita. In questo senso magari avrei anche fatto mettere l’annata dei due vini nell’offerta in basso, tanto per far capire ai neofiti che ogni anno il vino cambia.

A proposito di neofiti, siamo sicuri che una presentazione del tipo “questo rosato risulta ancora splendido e accattivante grazie alle note di fragranza con esaltazione del floreale e del fruttato… Naso espressivo con note di pesca nettarina, ciliegia e fiori bianchi di ciliegio” sia valida per avvicinare qualcuno al vino?

Però, riflettendo un attimo, se hanno preso dei soldi per questa operazione  si può anche pensare che i consigli  dati non siano del tutto spontanei e “neutrali” e forse quei due vini non risultino da un’attenta selezione tra varie etichette ma siano stati semplicemente imposti da chi eroga il contributo.

Ma dai, non è possibile! Sono io che penso male: come fanno due associazioni così importanti per il vino italiano a consigliare vini dietro pagamento.

Forse un chiarimento non sarebbe fuori luogo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE