Champagne: dietro l’etichetta ma prima delle bolle (e delle balle)7 min read

"Bevo Champagne quando sono felice, e quando sono triste. A volte lo bevo quando sono sola. Ma quando sono in compagnia lo considero indispensabile. Mi ci diverto quando non ho fame, e lo bevo quando ne ho. Altrimento non lo tocco – a meno che non abbia sete", scriveva Mme. Lily Bollinger, una delle grandi donne che hanno reso grande lo Champagne. Il sesso cambia, ma non il risultato: “Ci sono solamente due modi per bere Champagne: con la faraona e senza”, gli faceva eco uno scrittore omonimo ( e anonimo, se non per questa battuta) del primo Ministro inglese Churchill.

Qui ci fermiamo, ma potremmo andare avanti ancora molto. Già, perché lo Champagne gode, oramai ininterrottamente da duecento anni almeno, di un posto in prima fila nell’immaginario collettivo: dai consumatori occasionali, tra alcuni dei quali aleggia ancora le credenza che non si tratti nemmeno di un vino, ma di un “qualcosa di più”, agli appassionati più ricercati, i quali praticamente all’unanimità lo reputano il migliore spumante del mondo.

Ma partiamo dai dati, i quali non ammettono interpretazioni: lo Champagne gode di salute eccellente, e il mercato italiano rappresenta uno dei canali privilegiati, con 10 milioni di bottiglie pervenute e un +10,94% nell’ultimo anno, che solidifica la nostra posizione di quarti consumatori al mondo. Ma la forza, dirompente, del marchio “Champagne” è anche un ostacolo alla comprensione delle differenze stilistiche dei vini. Problema in piccola parte risolto con la degustazione organizzata dal Centro Informazioni Champagne a Milano il 6 ottobre, che ha offerto la possibilità di registrare e verificare standard e differenze di un buon numero di interpreti, al di là delle etichette, piene di fascino, ma molto parve di indicazioni. Ecco dunque una suddivisione “ragionata” degli stili (anche se non netta, beninteso!) che, più che valutare i singoli vini, vuole essere solo uno piccolo strumento per scegliere la bottiglia più vicina ai propri gusti. Tutti i vini qui sotto ci sono piaciuti, in ordine decrescente. Ci sono piaciuti invece molto meno i bicchieri (dei flutes piccoli e pesanti), non all’altezza di vini del genere. Buona lettura.

 

Champagne non millesimati, di stile classico / “lievitoso”

Brut Premier – Louis Roederer
Confezione impeccabile, di complessità e lunghezza ben superiori a molte selezioni.
Brut Prestige – Taittinger
Uno dei pochi vini a forte prevalenza chardonnay che riescono ad essere anche morbidi, apparentemente grazie più alla maturità del vino di base che al dosaggio.
Brut Premier Cuvée – Bruno Paillard
Classicissimo, in bocca è una mousse.
Brut Classic – Deutz
Borotalco, burro, “gessoso” e verticale al palato, di estrema finezza.
Grande Réserve Premier Cru – Vilmart
Classico, di dosaggio calibratissimo, di ottima lunghezza.
Entre Ciel et Terre – Francoise Bedel
Difficile resistere al fascino di una etichetta così bella! Ciò che è dentro, però,  non tradisce le attese.
Blanc Souverain – Henriot
Fatto apparentemente per piacere un po’ a tutti (dosaggio alquanto percettibile), ha un bell’allungo sapido.
Brut Extra Cuvée de Réserve – Pol Roger
Puro, “terziario” ed  essenziale nello sviluppo. Decisamente di gusto inglese (secco secco  senza fronzoli).
Brut Réserve – Mailly Grand Cru
Non una grande complessità, ma di ottima definizione.

Champagne non millesimati, di stile fruttato / vinoso

Brut Blanc de Blancs Grand Cru – Bonnaire
Di impatto ma anche autentico, di grande frutto ma anche ricamato,decisamente  irresistibile!
Brut Réserve Gran Cru 100% – Paul Bara
Molto Pinot nel carattere ma anche aereo e fine.
Brut Carte Rouge – Fleury
Potentemente vinoso e sottolineato, è uno di quei vini che a tavola fanno faville.
Brut Apanage – Pommery
Di facile lettura, i puristi forse non ne ameranno l’appeal fruttato, ma è una autentica squisitezza. Sputarlo è una impresa (e infatti un po’ ne abbiam bevuto…).
Carte d’Or Brut – Drappier
Rotondo come sanno esserlo solo i vini dell’Aube, di  vinosità un po’ monocorde.

Champagne non millesimati, di altri stili

Cuvée N 732 Brut – Jacquesson
Assieme a Salon (vedi sotto), è il vino forse più riconoscibile. Un intreccio complicatissimo di liquirizia e profumi vegetali, su fondo speziato tropicaleggiante. La “gessosità” gustativa è quella dei cosiddetti “terroiristi”. Può non piacere (ma noi facciamo parte dell’altra sponda…).
Cuvée Réserve Brut – Leclerc Briant
Terribilmente autentico, “gessoso”, un filo rustico ma chissenefrega, finale stampato di lievito. Non sappiamo se o quanto  sia un vino di Terroir, ma di una cosa siamo certi: ci è piaciuto un casino!
Brut Tradition – Legras & Haas
Secco secco, “gessoso” ma non violento, fatto su misura per il palato degli appassionati.
Brut Réserve Particuliére – Nicolas Feuillatte
Forti note di vaniglia dal legno, riesce a mantenere dinamismo al palato. Forse siamo influenzati dal conoscere il nome dell’importatore (Martini & Rossi), ma ci sembra fatto su misura per il palato dei consumatori meno pignoli.

 

Champagne millesimati di stile classico / “lievitoso”

Millésimé 1996 – Bruno Paillard
Profilo evoluto di pane, burro fuso, funghi, dado,  finale esplosivo per sapidità e lunghezza. Un grande vino all’apice.
Cuvèe des Enchanteleurs 1995 – Henriot
Rotondo, decadente, con un dosaggio un pò evidente, ma di grande forza e struttura.
Brut Millésimé 2002 – Taittinger
Stesso carattere del Brut Prestige, ma con un filo di sapidità in più.
Brut Millésimé 2002 – Deutz
Connota un certo senso di misura e completezza, per nulla dimostrativo. Un vino di classe.
Avize Grand Cru Blanc de Blancs Brut 2000 – Jacquesson
Cerebrale, poco concessivo, perde solo un po’ di forza nel finale.
Cuvée Robert Fleury 2000 – Fleury
Esotico, pieno, molto ricco.
Brut Vintage 1999 – Pol Roger
Estremamente essenziale, il finale salino fa dimenticare qualche semplicità di fondo. Potrebbe migliorare parecchio.
Robert Winer 1996 – Francoise Bedel
Di certo la complessità non è fenomenale (vista anche l’annata superlativa dalla quale proviene), ma trasmette una chiara idea di autenticità.

 

Champagne millesimati di stile fruttato / vinoso

Millésimé Grand Cru 2002 – Bonnaire
Pulito, puro, lunghissimo. Una squisitezza.
Brut Cuvée Special Club Grand Cru 100% 2000 – Paul Bara
Ha un evidente carattere Pinot, ma senza eccessi.
Grande Sendree 2002 – Drappier
Dolce di frutto, di gran volume, non piacerà ai puristi.

 

Champagne millesimati di altri stili

Le Mesnil 1997 – Salon
“Ho assaggiato cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare…”, verrebbe da dire. Ci si sono inumiditi gli occhi. Più che di un altro stile è di un altro pianeta. Una specie di Corton Charlemagne in fase embrionale “tridimensionalizzato” dalla carbonica. Algido, ricamato, danzante, struggente, commovente. Accarezza il palato, poi però non se ne va più via. Una pietra scolpita e sospesa a mezz’aria, di profondità e purezza al di là di ogni possibile  immaginazione.
 
Cuvée Divine 2001 – Leclerc Briant
Del tutto in linea con l’ambiziosissimo nome, autentico e profondo. Una sorpresa.
Grand Cellier D’Or Premier Cru 1991 – Vilmart
Noci, zabaione, cremoso al palato, tende ad alleggerirsi nel finale. Da non attendere ulteriormente.
Brut Blanc de Blancs 2002 – Legras & Haas
Secco, sapido, succosissimo al palato.
“Cuvée 225” 1999 – Nicolas Feuillatte
Molto sul legno ma anche di notevole freschezza, ha buoni margini di tenuta, e forse di miglioramento.

 

Champagne Rosé

Brut Grand Rosé de Bouzy Grand Cru 100% – Paul Bara
Chiaroscurato, di complessità ben superiore alla media, si allunga poi come un blanc de blancs. Follemente buono!
Rosé Brut Première Cuvée – Bruno Paillar
Dotato di grande slancio (invero una rarità per i rosé), ha ricchezza da vendere.
Rosé – Fleury
Molto molto ricco ma anche secco (un’altra rarità per i rosé), è in pratica un “ rosatone” con le bolle.
Rosé – Pommery
Di forte impatto fruttato, non complicato, di gran beva. Da aperitivo, in abbinamento a una bella ragazza (e qui ci fermiamo…)

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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