3000 anni di cultura del vino campano si sono dati appuntamento nel cuore della Napoli Reale. Crocevia della storia enoica della regione la Galleria Umberto I, monumentale opera del XIX secolo, una delle gallerie più famose ed importanti d’Italia e le eleganti sale del MUSAP – Museo Artistico Politecnico- situato a Palazzo Zapata. Due giorni, l’11 e 12 giugno, di circuito vitivinicolo, ma anche gastronomico, artistico e sociale.
La manifestazione, alla seconda edizione, è stata organizzata in cooperazione dai cinque Consorzi di Tutela Vini della Campania (Sannio Consorzio Tutela Vini, Vesuvio Consorzio Tutela Vini, Consorzio Vita Salernum Vites, Viticaserta – Consorzio Tutela Vini Caserta, Consorzio Tutela Vini d’Irpinia) e dal Consorzio di Tutela Pomodorino del Piennolo Vesuvio Dop, realizzata con il cofinanziamento dell’Unione Europea e con il patrocinio del Comune di Napoli e della Regione Campania.
116 le cantine presenti e oltre 600 vini in degustazione per una promozione in maniera congiunta del territorio, e soprattutto della sua identità che si esprime attraverso i vitigni autoctoni, ed offrire al pubblico il vasto panorama del patrimonio vitivinicolo della Campania, una cultura antichissima tra tradizione e mito.
Una di quelle esperienze che si ricordano perché oltre alla proposta delle aziende gli organizzatori hanno previsto una serie di iniziative pensate per apprezzare il meglio dell’ospitalità campana. In questo contesto non poteva mancare la pizza napoletana, dal bordo soffice e gonfio, proposta dal pizzaiolo Giuseppe Pignalosa e il ristorante storico d’Italia “La locanda del Cerriglio,” che ha ospitato anche il Caravaggio, come i laboratori di enogastronomia nel roof garden dell’Hotel Mediterraneo con piatti a base di pomodorino del piennolo, assaggi di mozzarella e ricotta di bufala campana, parmigiana di melanzane, pizza fritta.
Ma quello che più colpisce della Campania è la biodiversità, come è stato messo in evidenza dalle degustazioni di approfondimento: “La Campania dei vini di montagna” e “La Campania dei vini vulcanici e dei parchi naturali”, condotte da Luciano Pignataro, Ferdinando De Simone e Pasquale Carlo, oltre ad un forum sul tema“La bellezza dei paesaggi della Campania e il ruolo dell’enoturismo”, sulle potenzialità turistiche del settore.
Un viaggio dalla vigna al bicchiere, con servizio affidato ai sommelier AIS Campania, per evidenziare alcune peculiarità di tutte le 4 DOCG, 15 DOC e 10 IGT oltre, quindi, alle varietà principali e maggiormente conosciute come Aglianico del Taburno, Taurasi, Falanghina, Fiano di Avellino e Greco di Tufo, con focus sulle tecniche di coltivazione, che in questi secoli sono rimaste quasi le stesse, e anche se la Campania partecipa alla produzione nazionale con poco meno del 3% .
In particolare mi sono soffermata, colpita dalla sua particolare personalità, su un vitigno storico autoctono coltivato sulle pendici del Vesuvio, il Caprettone, per anni confuso con la Coda di Volpe, ma che merita di essere riscoperto e valorizzato. Il mio “walk around tasting” (speriamo il direttore mi passi questo modo di dire che lui odia) si è infatti concentrato su questo vitigno a bacca bianca, il più importante dell’areale vesuviano. Si presenta piuttosto imponente già dalla foglia, grande, di colore verde chiaro, e con un grappolo molto grosso, con acino dalla buccia giallastra. Colore giallo paglierino scarico ma all’esame olfattivo e gustativo esprime tutte le sue caratteristiche aromatiche. Al naso spiccano delicati profumi floreali come la ginestra ma anche fruttati e agrumati con il pompelmo, e non è stato raro individuare alcuni aromi balsamici. In bocca è sapido e ha una buona acidità e struttura.
Sinceramente vi parlerei di molti vini a base caprettone che ho assaggiato e mi sono piaciuti molto, ma il direttore è un tiranno e mi ha costretta a ridurmi a tre, tutti 100% caprettone.
Vesuvio DOC Aryete 2021, Casa Setaro. Affinamento di 6 mesi in anfora e 2 in bottiglia, spiccano sentori di ginestra e cedro, si esprime con grande sapidità e freschezza.
Vesuvio DOC Benita 31 2022. Sorrentino. Le uve (da agricoltura biologica) vengono fermentate in acciaio. Sentori prevalentemente floreali di biancospino e interessanti note fruttate di pesca, buona sapidità e struttura, in abbinamento con formaggi anche stagionati e fritture,
Vesuvio DOC Saettone 2022,Tenuta Le Lune del Vesuvio. Fermentazione e affinamento in acciaio: al naso si evidenziano soprattutto profumi fruttati in particolare di mela e albicocca. Fresco e minerale, i crostacei sono “la morte sua”.