Brunello di Montalcino 2017, annata (logicamente) matura6 min read

Tra meno di un mese ci sarà Benvenuto Brunello dedicato all’annata 2018 e quindi parlare adesso del Brunello di Montalcino 2017 può sembrare tempo perso ma, dopo aver assaggiato più di 200 tra Brunello 2017, Riserva 2016 e Rosso di Montalcino 2020, vi garantiamo che non lo è per niente.

Non lo è perché degustando adesso questi vini (che in realtà sono in enoteca e nelle carte dei ristoranti da pochissimo)  trovi un alleato importante, addirittura basilare:  il tempo.

La piastrella commemorativa dell’annata disegnata da Sting.

Oramai la stragrande maggioranza della critica anela recensire l’uovo nel sedere della gallina e far carte false per parlare (bene naturalmente) del Brunello  appena (non) uscito di X o Y, perdendo però di vista quello che occorre veramente e cioè un giudizio critico sulle reali possibilità dell’annata, che servirà per chi vorrà, nel tempo, approcciarsi a quella determinata vendemmia.

Naturalmente anche valutare in anteprima con nome e cognome un vino è importante  ma sarebbe meglio farlo dopo un po’, in modo da vederlo bene “in faccia”. Così facciamo noi, avvantaggiandoci anche del doppio assaggio, quello durante lo scorso Benvenuto Brunello di novembre 2021  e quello di adesso, dopo un anno.

La vendemmia 2017 è passata alla storia come una vendemmia non solo calda ma siccitosa. Anche se anno dopo anno i produttori montalcinesi (e non solo) hanno imparato a convivere con queste situazioni  limite e a gestirle sempre meglio, non si auspicano certo vendemmie come la 2017, anche se fino ad oggi si è detto (anche noi qui)  che, dopo tutto, non è andata male.

Montalcino, panorama.

Però assaggiando i 2017 dopo un anno ci siamo accorti che qualcosa era cambiato: stiamo parlando della parte aromatica, che abbiamo trovato molto più matura rispetto al novembre scorso.  Se ci mettiamo anche una tonalità quasi granata nei colori di diversi Brunello dobbiamo giocoforza pensare che quello che manca alla vendemmia 2017 è la possibilità di svilupparsi aromaticamente e cromaticamente  con la giusta lentezza che un vino da grande invecchiamento dovrebbe portare con sé.

Altro discorso per quanto riguarda la bocca, dove la potenza è quella che ci si aspetta, la tannicità è sempre ben in vista e la maturazione di un anno porta i vini ad essere più rotondi e godibili. Del resto molti Brunello sono stati saggiamente “elaborati in sottrazione”, cercando di dare maggior garbo possibile ai difficili tannini dell’annata. Ma la 2017 è stata abbastanza squilibrata e quindi è ovvio che questo squilibrio, dove più dove molto meno, si ritrovi nei vini, che sono certamente buoni e gastronomicamente quasi perfetti ma certamente non hanno tutti  i cromosomi  di un grande Brunello da invecchiamento.

Una vendemmia non facile e con squilibri, calda e siccitosa, non ha avvantaggiato giocoforza le zone più alte e infatti la mappa dei Brunello migliori è abbastanza a macchia di leopardo, spaziando da zone più alte con terreni più sciolti a vigne più basse e a forte componente argillosa.  Qui entra in campo il produttore, che con maggiore o minore maestria è riuscito a far maturare e poi a tirare fuori il meglio dalle sue  uve.

Un meglio che forse era bene distribuire sul vino base più che selezionarlo ulteriormente per, appunto,  le selezioni  (per le riserve vedremo il prossimo anno) . Un’altra cosa che ci ha colpito è che nel 2017 lo scalino qualitativo tra Selezioni e Brunello “base” non è così marcato come nelle due vendemmie precedenti, anzi. In qualche caso abbiamo apprezzato più il Brunello base della selezione e  questo, per vini che costano anche il doppio rispetto agli altri, non è certo un bel viatico. Probabilmente  la fiducia in certi vigneti, tradottasi in aspettative e estrazioni maggiori in vinificazione, alla lunga ha portato ad accentuare le discrepanze dell’annata e non ad avere vini più importanti ed eleganti.

La 2017 è comunque annata di buon livello (ma  4 stelle sono troppe) ma da apprezzare, mediamente, nell’arco di 3-5 anni da adesso, anche se i nostri migliori (ben 15 vini Top!) potranno puntare agli 8-10 anni

Rosso di Montalcino 2020

Detto questo passiamo ai Rosso di Montalcino 2020 che, come avrebbe potuto dire il compianto Catalano, maestro di frasi tautologiche, sono figli della vendemmia 2020. In altre parole sono vini indubbiamente piacevoli, che cercano sempre più di mostrare un modo condiviso di interpretazione della tipologia, ma non raggiungono certo i livelli qualitativi di una vendemmia come la 2019.

Una trama tannica quindi buona ma non eccelsa, dei corpi dinamici e giustamente equilibrati in freschezza portano a vini piacevoli, piacevolezza accentuata da gamme aromatiche che puntano molto sul floreale, anche se il frutto rosso è sempre presente.

Come accennato sono molto diminuiti i Rossi che “brunelleggiano”, cioè che mostrano un corpo imponente e magari aromi in via di terziarizzazione.

Se all’inizio abbiamo fatto un veloce raffronto con la 2019 dobbiamo, per dovere di cronaca, aggiungere che per noi i Rosso di Montalcino 2020 sono superiori, e non di poco,  a quelli del 2018 e del 2017 e anche il numero dei Vini Top lo dimostra.

Brunello di Montalcino Riserva 2016

Ci si aspettavano grandi vini ma questo è stato vero solo in parte. Se con le Riserva 2015 si vedeva un progetto, l’idea di proporre vini staccati dalla logica del “Brunello con un anno in più”, con la 2016 siamo un po’ ricascati nel vecchio discorso, che mi ha fatto di recente anche un famoso ristoratore locale, storico  conoscitore di Montalcino: “Ma le Riserva li valgono tutti i soldi che costano?”.

In effetti  I Brunello  Riserva 2016 sono buoni ( e i diversi Vini Top nel nostro assaggio lo dimostrano), hanno potenza, tannicità in diversi casi abbastanza affusolate e pastosamente morbide, mostrano buone possibilità d’invecchiamento, però in più di un caso non giustificano il salto di prezzo rispetto al Brunello 2016, che sicuramente è anch’esso un vino da invecchiamento.

In altre parole ci si aspetterebbe dalle  riserva aromaticità più ampie, corpi non necessariamente più opulenti ma con finezze tanniche maggiori e già abbastanza svolte, complessità maggiori.

Bisogna dire che per un vino che costa il doppio e spesso più del doppio di un Brunello annata non è detto si debba entrare in commercio necessariamente l’anno successivo, col rischio (non per il produttore ma per il consumatore) di trovarsi un vino buono,  ma molto “simile” a quello di annata e che costa il doppio .

E’ una riflessione che secondo me i produttori dovrebbero fare per permettere a questa tipologia di trovare un suo spazio reale e non solo di andare a ruota del grande successo del  Brunello annata.

Tra un mesetto assaggeremo i Brunello 2018 e sicuramente troveremo vini molto diversi dai 2017, quasi sicuramente più piacevoli e eleganti, meno concentrati e più equilibrati.

Questa è una previsione “a scatola chiusa”, vi diremo se ci abbiamo azzeccato.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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