Bolgheri Superiore 2017 e Rosso 2018: da Carnera a Muhammad Ali, ma attenti ai prezzi!3 min read

Parlare oggi, in questo difficile e  triste momento, di Bolgheri e di un territorio che ho conosciuto da piccolo e reincontrato molte volte nella vita  mi fa solo venire voglia di infrangere le giuste regole che i nostri governanti ci hanno dato, prendere l’auto e andare a farci un giro.

Questo perché anche in pieno novembre il Bolgherese ha sempre una caratteristica unica, quella che Giacomo Tachis sintetizzava nel termine “Luce” e che effettivamente colpisce gli occhi perché tutto è più chiaro, più terso, più intenso.

La parola intenso mi porta dritto alla vendemmia 2017, sicuramente una delle più “intense”, concentrate, calde e difficili di questo secolo.

Sembra ieri che abbiamo degustato i Bolgheri di un’altra annata simile, la 2003 e sono passati solo pochi anni da quando i nostri assaggi ci hanno messo di fronte ad un’altra vendemmia estremamente calda e complessa, la 2012.

Guardandoci  indietro e prendendo in considerazione i Superiore 2017 bisogna proprio dire che il tempo non è trascorso invano: ci potevamo aspettare qualche segnale di surmaturazione al naso e di cedevole rotondità in bocca, ma questo non solo non è successo ma i Superiore 2017 hanno mostrato un nerbo importante pur portandosi dietro un corpo imponente  e gradazioni alcoliche di livello.

Facendo un paragone pugilistico siamo passati dai 2003 che erano spesso dei Primo Carnera, potentissimi ma piuttosto “fermi sulle gambe” e certo poco dinamici a dei 2017 Muhammad Ali, che oltre alla potenza mostrano spesso una prorompente e dinamica vitalità. Il tempo ci dirà come evolverà questa “dinamica vitalità” ma è chiaro che la vendemmia 2017 per i Bolgheri Superiore non è certamente da inserire tra quelle di minor pregio.

Del resto 9 Vini Top su 33 degustati, con oltre il 66% di Superiore oltre le 3 stelle  parla da solo come risultato. Quello che stupisce in questi vini è la rotondità tannica in strutture dove i tannini sono, per dirla alla toscana, “fitti come la gente alla messa di Natale”. Questo li rende già godibili e con belle prospettive future.

Veniamo ai Bolgheri Rosso e alla vendemmia 2018, non certo facile anch’essa. Qui il discorso è diverso perché se la tipologia Superiore ha un suo preciso inquadramento quella del Rosso, pur avendo fatto passi da gigante, tende ancora a non essere molto omogenea. Questo non vuole assolutamente dire che la qualità media sia bassa, tutt’altro, ma ancora non si riesce a capire se il Bolgheri Rosso sia un vino dove il legno ha un ruolo importante, in bocca è potente, concentrato ma più giovane, oppure è una versione meno imponente del Superiore,  più immediata e fresca, con profumi che cercano meno il matrimonio col legno. In altre parole se sia un semi-Superiore o un altro vino, molto meno impegnativo (ma comunque di buona pienezza)  che ha in comune solo le uve col blasonato genitore.

Forse questa diatriba continuerà per molti anni ma di sicuro c’è che la qualità media della tipologia cresce ogni anno di più, tanto da arrivare con i 2018 ad avere, rispetto ai Superiore, praticamente la stessa percentuale (64%) di vini sopra le 3 stelle.

Bisogna anche far notare che i prezzi raggiunti dai Bolgheri Rosso “obbligano” in qualche modo  i produttori a presentare vini di alta qualità. Se qualche anno fa si poteva parlare di un confronto con i prezzi dei Chianti Classico oramai molti Rosso si sono piazzati sulle cifre che si pagano per un Chianti Classico Riserva. Questo, se il mercato recepisce la cosa, è un bene per i produttori ma occorre anche mantenere ben alta l’asticella della qualità.

Per quanto riguarda i prezzi dei Superiore, anch’essi molto alti pur senza prendere in considerazione i nomi più blasonati, ci sentiamo di essere più possibilisti perché un Superiore non lo bevi certo tutti i giorni e quindi il prezzo è, se vogliamo,  più giustificato rispetto ad un Rosso che mi piacerebbe continuasse a stare non dico nella categoria vino quotidiano, ma quasi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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