Bianchi friulani del 2018: Friulano sopra a tutti!8 min read

Quando due consorzi importanti come  Collio e Friuli Colli Orientali uniscono gli sforzi per raccogliere i campioni ed organizzare al meglio le degustazioni di una guida non si può non essere contenti e onorati… specie se la guida è la nostra!

Scherzi a parte siamo veramente felici, con la nostra richiesta di supporto organizzativo e logistico, di aver partecipato all’avvicinamento di questi due enti, che se riuscissero a programmare assieme eventi e manifestazioni potrebbero veramente far conoscere meglio e  così far decollare definitivamente  il mondo del vino di qualità del Friuli Venezia Giulia.

Un mondo che ha tanti bravi produttori ma purtroppo ha carenza di un insieme di attività con la giusta mentalità  che lo completino: quelle che (Langa docet!) contribuiscono a creare un “territorio del vino”.

Sono anni che lo noto e quest’anno ho deciso di parlarne. Vi faccio alcuni piccoli esempi: siamo alla metà di luglio ma trovare a Corno di Rosazzo un osteria aperta a pranzo non è impresa facile, specie nei primi 2-3 giorni della settimana. Sempre alla metà di luglio è abbastanza sconcertante trovare chiuso per ferie il miglior ristorante di Cormons.

Durante  la premiazione del Premio Collio 2018 dissi che venti-trenta  anni fa si veniva in zona per quei tre- quattro grandi produttori, ora invece si viene per il Collio in toto, per i suoi vini e i suoi panorami.

La stessa cosa si può dire per i Colli Orientali ma in entrambi questi territori i produttori sembrano predicare (a parte alcuni nomi storici e di alta qualità, per fortuna!) nel deserto di una ristorazione  spesso miope, assolutamente ancorata al piccolo cabotaggio del cliente locale, senza idee e voglia di evolversi, di migliorarsi, di farsi conoscere e apprezzare dai turisti che, non sono certo attirati in zona dalla fama della cucina locale.

Naturalmente i buoni locali ci sono ma è la mentalità condivisa che manca, quella cosa che fa scattare nell’enoturista la voglia di andare in quel territorio e non in un altro perché oltre a grandi vini si trova tanta buona cucina.

E dopo questo sfogo sulla cucina passiamo ai vini, che per fortuna non hanno bisogno di rampogne accorate, anzi.

Anche se l’annata 2018 è stata presentata in molte parti d’Italia come ottima sia in quantità che in qualità, bisogna purtroppo riscontrare che le temperature medie molto alte non solo nei mesi estivi hanno creato qualche problema.

In Friuli Venezia Giulia e in particolare nelle  principali denominazioni (Collio, Friuli Colli Orientali e Isonzo) da noi prese in esame abbiamo trovato dei “leit motiv” relativi ad alcuni vitigni internazionali nella calda vendemmia 2018, sauvignon e chardonnay in primis.  Ne parleremo vitigno per vitigno per evitare sovrapposizioni.

Friulano (alias Tocai)

Ogni supereroe che si rispetti ha una doppia identità e il friulano , nome con cui oggi si deve chiamare il Tocai, mostra anche nella vendemmia 2018 le sue caratteristiche da supereroe, che hanno radici in un vitigno  “fuso” con il territorio che praticamente da sempre lo ospita.

Il Friulano, anche nel 2018, si mostra disponibile per bianchi importanti e di struttura, con la classica rotondità e pienezza che non viene accentuata da una vendemmia  di fatto penalizzante sul fronte della freschezza generale.

Questo vino/vitigno non è certamente quello più pubblicizzato fuori dal Friuli ma è quello su cui conviene puntare, sempre e comunque. Molti produttori si sentono più realizzati con vitigni più marketing oriented come il sauvignon, ma anche nel 2018 il Friulano ha dato ottimi risultati in ogni denominazione. Per fortuna sembra stia passando la moda di “modernizzarlo” con piccole percentuali di fresco sauvignon , anzi sta tornando in auge una visione del vino che non si vergogna di puntare verso le classiche note mandorlate, spesso affiancate da fini sentori d’anice. Il Friulano 2018 è un vino che  forse non invecchierà all’infinito  ma da adesso e per almeno 7-8 è sicuramente un prodotto di grande livello, anche e soprattutto per il rapporto qualità/prezzo che piano piano sta diventando una delle caratteristiche principali dei vini friulani.

Voto all’annata 9

Sauvignon

Anche se i sauvignon friulani 2018 si mostrano di una spanna superiori ai colleghi di altre regioni non siamo di certo di fronte ad una grande annata.

I nasi presentano in qualche caso una maturità forse eccessiva, con note vegetali  non finissime, mentre in bocca manca quella fresca pienezza che contraddistingue il vitigno. Indubbiamente il caldo ha colpito anche qui, anche se in molti casi si ritrova un’ equilibrata lunghezza e dinamicità al palato.

Forse il voler riequilibrare la scarsa vendemmia 2017 ha portato qualcuno ad una maggior produzione, che non è certo un viatico per l’alta qualità.

Voto all’annata 6

Ribolla Gialla

Le annate calde non sono certo le migliori per la ribolla gialla, ma questo non giustifica la strada intrapresa da molti, che vedono nella rotondità e quindi in un’acidità più contenuta il futuro di questo vitigno.

Se si toglie (o non si cerca di mantenere)  alla ribolla la sua proverbiale freschezza, la sua scontrosa vitalità, ci si ritrova con un vino estremamente semplice, con poche chances di migliorare in futuro. Chi invece nel 2018 ha cercato di far viaggiare il vitigno su sentieri classici (ma sempre meno amati dal pubblico), ha presentato delle Ribolla di nerbo e profondità, vini piacevolissimi e profondamente gastronomici.

Il voto all’annata sarà leggermente superiore al normale proprio grazie a questi produttori che hanno dato l’esempio di come si deve lavorare se si crede nel vitigno.

Nei nostri assaggi non erano praticamente presenti vini della zona di Oslavia e quindi non possiamo pronunciarci sulle caratteristiche particolari delle Ribolla in quella piccola enclave.

Voto all’annata 7

Pinot Bianco

Ci aspettavamo ancora una crescita da questo vitigno da noi tanto amato, ma purtroppo il 2018 non mostra in toto  quelle caratteristiche di eleganza e finezza tipiche del vitigno.

Ci consoliamo con il fatto che ci sono sempre più produttori attratti da questo vitigno ma  i 2018 degustati ci hanno convinto molto meno dei 2017 assaggiati lo scorso anno, in qualche caso per colpa di nasi non perfettamente espressi, in altri per una mancanza di finezza che forse è il vero timbro dell’annata. Ribadiamo comunque la nostra fiducia in un vitigno di rara eleganza con notevoli possibilità di invecchiamento .

Voto alla vendemmia 6.5

Uvaggi bianchi

Chi ci conosce sa che gli uvaggi bianchi  non sono certo il nostro “vino quotidiano”, sia che arrivino dal Collio,  dai Colli Orientali o da altre regioni italiane. Dobbiamo però ammettere che se c’è una regione dove esiste una storia comprovata di uvaggi importanti è proprio il Friuli e quest’anno ne abbiamo avuta una gradita conferma.

Intanto perché moltissimi  (ma non tutti, purtroppo) produttori hanno dimenticato l’uso sguaiato e coprente del legno e poi perché abbiamo trovato come caratteristiche  principali  equilibrio ed eleganza e non potenza e grassezza.

Questo a prescindere dai vitigni e dai territori di produzione, ha portato aa uvaggi molto più accattivanti e complessi dal punto di vista aromatico e molto più fini e variegati sotto il profilo stilistico. Siamo felici di questo passo avanti, che ci ha portato a degustare vini molto più dinamici e adeguati all’invecchiamento che in passato.

Pinot Grigio

Speravamo  che almeno le DOC principali del Friuli ci proponessero dei Pinot Grigio non uniformati verso il basso, ma purtroppo così non è stato. La vendemmia 2018 è stata difficile anche da queste parti e molti vini sono deboli e poco definiti al naso, mentre in bocca hanno poca profondità e concentrazione. Quelli buoni naturalmente ci sono ma il quadro generale non è certo positivo.

Voto all’annata 5.5

Malvasia

Ti aspetti un’annata difficile è invece la Malvasia, nelle varie denominazioni, ti stupisce con  vini caratteristici, aromaticamente ineccepibili, intensi al naso e dotati di buon corpo.

Le alcolicità sono sotto controllo e questo porta  ad un quadro di assoluta piacevolezza e bevibilità.

La vendemmia 2018 è una solare dimostrazione di come questo vitigno possa dare vini che niente  hanno da invidiare ad altri aromatici ed in più  si presentano con una piacevolezza ed una fresca bevibilità che in altre uve difficilmente è presente.  Siamo anche convinti che una buona parte dei 2018 possano dare, con logiche terziarizzazioni, ottimi risultati anche tra qualche anno.

Voto all’annata  8

Chardonnay

Assaggiando gli chardonnay ci è venuta in mente una vecchia pubblicità ambientata nel Rinascimento, in cui si chiedeva ad un nobile fiorentino, probabilmente Lorenzo de’ Medici come fosse il piatto di rape che aveva di fronte. Lorenzo, con cadenza fiorentina e facendo spallucce rispondeva “Son bone, ma son rape!”

Così gli Chardonnay degustati “son boni”  ma purtroppo (o per fortuna) questo vitigno sembra essere sempre meno in sintonia con la voglia di fare vini giovani di ottimo livello, privilegiando oramai solo versioni più complesse che vedranno la luce almeno tra un anno.

Per questo crediamo che l’annata 2018, per i vini che ancora devono uscire, non sia stata di basso livello, anche se gli Chardonnay giovani degustati non ci hanno molto convinto, mancando sia di complessità aromatica che soprattutto di corpo e pienezza.

Voto all’annata 7

Traminer e altre uve

Fermo restando che riteniamo non certo adatto alla morfologia del territorio friulano un vitigno come il traminer aromatico, bisogna riconoscere che, anno dopo anno, i vini prodotti migliorano sia nella precisione della gamma aromatica che nell’equilibrio generale. I vini da altre uve (vitovska, müller thurgau, riesling) erano troppo pochi per poter dare un parere generale sull’annata

Voto all’annata del traminer: 7

In conclusione

oramai da anni si sta assistendo ad un grande recupero del Friulano, vino che ci sentiamo di consigliare a tutti e che crediamo dovrebbe essere sempre presentato dai produttori come vino più importante della regione . Anche nel 2018 ha dato vini corposi e piacevoli e di notevole serbevolezza.

Accanto al friulano ha dato ottimi risultati la Malvasia, vitigno che avrebbe bisogno anch’esso di maggior attenzione  da parte, in primis, dei produttori. Purtroppo la Ribolla gialla sconta la moda dei vini rotondi, accentuata dal susseguirsi di annate non certo fresche.

Gli altri vitigni, appartenenti tutti al gruppo degli internazionali, in generale non ci hanno convinto moltissimo, anche se molto di più rispetto alle stesse uve in piantate in altre regioni.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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