Montalcino mi accoglie da una parte con un bel venticello freddo e filtrante sotto il giubbotto, dall’altra con una nebbiolina che di solito staziona a quote più basse. Forse lo fa per rimarcare che siamo in una situazione strana e particolare.
Ci aspettano, al Convento di Sant’Agostino oramai da anni sede di Benvenuto Brunello, una serie di controlli, avendone comunque superati alcuni (tampone veloce) il giorno prima.
Ci mettiamo in fila, consegniamo il referto del tampone negativo, ci controllano la febbre, igienizzazione delle mani e ci portano alla nostra postazione con tavoli abbastanza distanziati.
Siamo in 25 non tutti giovani e forti (vedi il sottoscritto) che inaugurano questa prima versione di Benvenuto Brunello OFF (dove “Off” forse sta per l’esclamazione liberatoria “O fosse finita!”, ma finita non è, come tutti sappiamo.) che si ripeterà nei prossimi tre fine settimana con blogger, influencer, sommelier.
La cosa che colpisce di più una volta seduti sono i sommelier in versione palombari, con due-tre maschere ma senza pinne. Nonostante mascherine, mascherone e distanziamento controllato al centimetro, il servizio, pur partendo lentamente, ci mette poco a prendere i soliti ottimi ritmi .
E finalmente ho nei bicchieri la tanto attesa e declamata annata 2016. Ce ne sono ben più di 200, con 141 aziende partecipanti e un numero notevole di selezioni. Naturalmente non posso assaggiarli tutti e faccio una cernita per territori e cantine, in modo da incontrare tutte le varie zone di Montalcino e i produttori più interessanti, più famosi, più particolari. Noto subito che alcuni nomi importanti (oltre al solito con doppio nome) mancano e questo non mi piace perché snobbare un evento del genere, che ha avuto bisogno di un impegno incredibile per essere messo in piedi, non è bello specie in un momento come questo e crea dei precedenti che possono solo portare a fratture nell’ambito del consorzio.
Ma veniamo al Brunello 2016, di cui ho degustato circa 70 campioni.
E’ molto difficile capire se l’alto livello medio della denominazione “schiacci” comunque verso l’alto la qualità e quindi la rende difficilmente percepibile, oppure se effettivamente la 2016 è un’ottima annata ma non certo del secolo.
Di questo dovremo sincerarci nei nostri assaggi di settembre, quando faremo anche nomi e cognomi. In pratica, ho trovato nasi abbastanza aperti ma non ancora molto complessi e bocche di buona struttura con tannini buoni e dolci ma spesso senza quel “peso” al palato che di solito è una caratteristica dell’annata di altissimo profilo: per esempio la 2006 ne è dotata. L’acidità non è una carta che molti hanno da giocare, specie quella che rende vibrante il sorso.
La caratteristica che mi sembra spicchi maggiormente è un equilibrio generale già ben definito, una prontezza abbastanza marcata sin da subito. I I migliori (e sono diversi, con alcune sorprese piacevolissime) sono vini comunque godibili con un’ intensità aromatica che fa la differenza e una pienezza che non sfocia in pesantezza ma in dinamicità .
Facendo un paragone con l’annata che l’ha preceduta vedo più concentrazione nella 2015 e più ampiezza e equilibrio nella 2016. In qualche caso questo equilibrio, come detto, porta però a vini già abbastanza pronti: buon segnale per chi vuole goderseli giovani ma sul fronte lungo invecchiamento il discorso è diverso.
Alla fine dei salmi per adesso, non riesco a dare più di 8- a questa vendemmia. Vedremo in futuro.
Domani assaggerò le Riserva 2015: vi farò sapere.
Ultimissima notizia e poi chiudo: alla vendemmia 2020 la commissione del Consorzio ha conferito 5 stelle.