Barolo 2018: Barolo Toys? Inoltre, a proposito delle MGA…9 min read

Il mio avvicinamento all’annata 2018 di Barolo è iniziato verso febbraio, subito dopo che la vendemmia era stata stigmatizzata da alcuni giornalisti esteri, creando un discreto polverone.  Sull’onda di quest’onta (un giochino di parole permettetemelo) i produttori ti mettevano sotto il naso il loro Barolo e dicevano “Assaggia, ti pare leggerino?” E io assaggiavo e sinceramente non lo trovavo così leggero, però iniziavo a farmi  un’idea. Poi l’ho riassaggiato in varie occasioni fino agli assaggi autunnali di Winesurf, che troverete qui a fianco.

Alla fine il risultato è che il Barolo 2018 è, tra alti e bassi logici, un vino non certo opulento e concentratissimo ma, per fortuna,  equilibrato, molto accattivante al naso, con tannicità vive ma quasi mai aggressive. E’ un barolo da potersi bere subito e il gioco di parole tra Barolo Boys e Barolo Toys del titolo vuol proprio dire questo: è un vino “giocattolo” che si può dare in mano anche ai “bambini del vino”, a chi si approccia per la prima volta al Barolo e ai suoi tannini, senza che si rischi un rigetto.

Se la vogliamo guardare sotto un altro aspetto la vendemmia 2018 a Barolo è moderna, nel senso che di vendemmie passate “pronte mai” come la 1996 o la 1999 non se ne sente il bisogno: inoltre tanti 2018 sono freschi e ben equilibrati, non hanno tanti orpelli alcolici o strutturali che fanno “massa”, il che gli permette di essere buoni subito e gli permetterà di  andare avanti negli anni. A chi si lamentava delle (tutte da dimostrare) scarse possibilità di invecchiamento dell’annata consiglio tra 5 e tra 10 anni di fare un confronto con la 2017 (se vogliamo anche con 2015-2012-2011) e molto probabilmente  avrà delle sorprese.

Insomma, i Barolo 2018 hanno una concentrazione più che adeguata, ma soprattutto un’eleganza e una freschezza,  aromatica e strutturale, che ci è piaciuta. Credo piacerà molto, sia adesso che in futuro, anche a voi. Nella degustazione troverete anche vini di annate precedenti, entrati in commercio quest’anno. Li abbiamo valutati naturalmente a parte ma, visto il loro numero abbiamo preferito inserirli tra i 2018.

A fianco della degustazione dei Barolo 2018 troverete anche quella relativa ai Barolo Riserva di varie annate, ma soprattutto del 2015 e 2016. Se prima ho detto che non si sente più il bisogno di annate “pronte mai” allo stesso modo è difficile comprendere la stragrande maggioranza di questi vini, sicuramente di alta qualità ma con dei tempi di “ammortamento” del tannino, della potenza, della concentrazione molto molto lunghi. Se un vino deve essere anche godibile , pur non subito, vini che ti rimandano de facto tra almeno 10 anni sono più che altro una prova di fede, fatta per di più da “fedeli” con notevoli disponibilità finanziarie. I vini sono quasi tutti buoni o molto buoni ma resta il discorso di base e soprattutto la sensazione che un Barolo d’annata, ben maturo, alla fine porti alle stesse soddisfazioni.

Adesso parliamo di MGA: qualità ok, ma unicità?

Ma degustando quasi 170 Barolo bendati, (nonché quasi 80 Barbaresco) ci è venuto voglia di fare una cosa che, per quanto sappiamo, difficilmente viene fatta e che noi abbiamo inserito quest’anno per la prima volta: abbiamo messo assieme i vini della stessa MGA e li abbiamo assaggiati uno dopo l’altro.

Ci siamo detti che assaggiandoli (bendati) uno dietro l’altro ci saremmo accorti meglio delle caratteristiche simili e avremmo avuto modo di evidenziarle. Così  abbiamo degustato assieme tutti i Bussia, poi i Cannubi, i Brunate, i Ravera, i Cerequio , oltre naturalmente a tutti gli altri vini con Menzione Geografica Aggiuntiva che però non avevano “massa critica” per poter essere confrontati.

Ci spiace dirlo ma il risultato di questa metodologia di assaggio è che difficilmente abbiamo trovato reali somiglianze aromatiche o strutturali tra i vini della stessa MGA. Attenzione!  Possono essere buoni (i più) e meno buoni(alcuni) ma in questo momento la “mano” del produttore (quindi tutto quello che è stato fatto sia in vigna che in cantina) predomina quello che viene definito terroir.

Forse saranno troppo giovani e certe caratteristiche hanno bisogno di tempo per esprimersi al meglio ma adesso le somiglianze latitano.

Cambiamento climatico

A questo punto, anche andando a leggere i nostri assaggi e partendo da quello che oramai da tutti viene chiamato “cambiamento climatico” ci sentiamo di fare un discorso sicuramente controcorrente e, se vogliamo, inattuabile  soprattutto per motivi finanziari.

Le MGA sono state una conquista ineccepibile e grazie a queste i prezzi dei Barolo (e dei Barbaresco) sono  giustamente cresciuti, anche e soprattutto rispetto ai cosiddetti Barolo base o comunque non MGA. Unicità e qualità sono i due dettami su cui si basano le MGA e, se indubbiamente sulla qualità non abbiamo niente da ridire, sull’unicità il nostro assaggio qualche dubbio lo ha creato.

Le MGA di Barolo sono anche un’acquisizione storica, nate e “certificate” molti anni fa, però quando il  clima era completamente diverso.

Allora Cannubi, Brunate, Cerequio, MGA non certo nelle zone più alte della Langa, (del resto quella che oggi è Bussia prima era divisa anche in  Bussia Soprana e Bussia Sottana)  erano i cru di riferimento ma oggi, con il cambio climatico, zone alte come Il Bricco delle Viole, che trenta o vent’anni  fa  erano considerate difficili  per un grande Barolo, oggi vengono sognate di notte da tanti barolisti.

Questo non vuol dire assolutamente che MGA storiche siano diventate di serie B, solo che il cambiamento climatico ha rimescolato le carte.

Se la certezza climatica è l’incertezza, che fare?

Una delle caratteristiche del cambiamento climatico è, fermo restando l’innalzamento delle temperature,  la grande diversità tra annate. In questa diversità un anno puoi avere grandi uve a 250 metri e l’anno dopo a 400 o 500. Per questo, per me, puntare su una MGA, anno dopo anno, imbottigliandola come tale, è come giocare alla roulette sempre lo stesso numero: ci sta che esca una volta, due, ma certamente non tutti gli anni.

Veniamo adesso ad un’altra parte del discorso: se non abbiamo trovato molte somiglianze tra vini della stessa MGA  ne abbiamo trovate molte di più tra quelli dello stesso comune: i tannini di Serralunga sono completamente diversi da quelli di La Morra e l’eleganza di Castiglion Falletto non può essere scambiata con l’austerità dei vini di Monforte.  Ma qui, anche se si parla di microaree, siamo su un piano differente rispetto a una MGA, dovuto a altezze, esposizioni, terreni diversi ma, alla fine, con un minimo comun denominatore simile.

Andiamo adesso a guardare i risultati dei nostri assaggi: indubbiamente ai primi posti ci sono vini provenienti da MGA, ma se andiamo a spulciare gli anni precedenti, per esempio 2017-2016-2015 per non andare più indietro,  difficilmente lo stesso produttore si ripete con la stessa  MGA. Un altro dato importante è che tanti vini TOP (quest’anno sono 19!) vengono da assemblaggi di vari vigneti, alcuni con la dizione “Vini del Comune di…”.

Il Barolo si faceva assemblando nebbioli di varie zone

Ultimo punto da presentare: storicamente il Barolo era un vino d’assemblaggio: anche se si riconoscevano caratteristiche particolari alle varie zone (ora MGA) era il blend di nebbioli di varie provenienza (e anche di cloni diversi, ma questo è un altro discorso) che trionfava.

Insomma, quello che voglio dire è che forse, visti i cambiamenti climatici e l’incertezza che, anno dopo anno regna sovrana,  sarebbe il caso di dare maggiore risalto ai blend aziendali rispetto alle MGA.

Capisco, sono anni che si indicano le MGA come punta della piramide qualitativa e non si può certo, in quattro e quattr’otto, rovesciare tutto. Però in anni strani, difficili e molto diversi l’uno dall’altro, l’arma del blend  dovrebbe essere impugnata con maggior forza. Pensate ad un barolo frutto di un mix delle migliori MGA aziendali e ora immaginatevi un barolo, della stessa cantina, da una MGA: magari un anno può essere migliore, ma se la qualità, per essere percepita, deve ripetersi nel tempo, sicuramente il blend potrebbe essere l’arma vincente.

Arma che però nasce spuntata perché se metto una MGA in etichetta prendo molti euro in più e quindi questi discorsi stanno spesso a zero, però mi sembrava giusto farli, se non altro per intavolare una discussione e quindi tornerò sull’argomento.

Tornando in chiusura al Barolo 2018 devo, a nome di tutta la redazione di Winesurf,  ringraziare ancora il Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani  per l’aiuto che ogni anno ci dà nella raccolta dei campioni. Senza di loro il nostro lavoro sarebbe molto più difficile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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