Bardolino CRU, ovvero dal Bardolino al “Bardolana”2 min read

La Rocca, Sommacampagna e Montebaldo: questi tre nomi possono essere visti e letti in varie maniere, anche come un trampolino verso il futuro. In realtà sono i nomi delle tre macrozone (qualcuno potrebbe dire macrocru, ma non esageriamo) in cui è stato diviso il territorio del Bardolino.

Non si tratta di una manovra pubblicitaria o di una più o meno geniale invenzione: queste tre zone erano già state evidenziate oltre un secolo fa ed oggi vengono riproposte, in primis,  per far capire una cosa: il Bardolino non è solo e soprattutto non sarà  un vino da bersi giovanissimo.

Una cosa che noi diciamo da anni ma che il mercato ha logiche difficoltà a percepire, “drogato” negli anni da milioni di bottiglie di Bardolino che invece andavano bevute velocemente, sia uno si trovasse sul lago di Garda, o comprasse la bottiglia in un supermercato o in autogrill.

Il bello, anzi il brutto, è che non lo credono solo i consumatori ma anche la maggioranza dei produttori di Bardolino, adagiati su un modo di fare vino che potremmo definire di basso cabotaggio.

Bardolino CRU, la manifestazione che domenica 30 settembre  ha sancito e bendetto  la nascita delle tre sottozone ha reso  tangibile che il Bardolino è effettivamente un vino che può invecchiare bene, con assaggi di quasi 30 vini di annate che andavano dal 2013 al 2017. Tutti i vini erano più che pimpanti, con alcune punte di eccezionale valore, complessità aromatica e freschezza gustativa.

Inoltre un laboratorio dove sono state stappate anche bottiglie più vecchie di chi scrive ha reso il concetto ancora più chiaro ed ha sorpreso molti presenti.

Come ci hanno sorpreso i buonissimi Beaujolais presentati “in gemellaggio” da una decina di produttori locali.

Ma cerchiamo di capire quali saranno i passi futuri per arrivare ad avere “ufficialmente” una parte dei Bardolino con caratteristiche adatte a maturare nel tempo.

Tutto parte dal Chiaretto, vino che adesso tira moltissimo e sembra continuerà a tirare: il nuovo disciplinare  lo dividerà dal Bardolino gli conferirà ancora più spinta, per arrivare a produrre numeri molto più importanti di adesso: questo  sposterà parte delle uve dedicate a Bardolino verso il Chiaretto, garantendo così ai produttori una remunerazione  più importante e sicura.

Con le spalle coperte dal Chiaretto si potranno dedicare più attenzioni al Bardolino e iniziare a pensare in maniera numericamente  più importante a dei Bardolino che, pur garantendo le bellissime gamme aromatiche ( diverse da macrozona a macrozona), abbiano una tannicità soffice ma evidente, una freschezza più scolpita, un corpo  elegantemente concentrato e più godibile negli anni .

Insomma un vino che dall’estivo, fresco e spesso piacevolissimo Bardolino, viri verso un caldo e avvolgente “Bardolana”  che (continuando nel gioco di parole) avrà magari qualche  ruvidezza in più  nonostante la sua anima cachemire,  ma sicuramente riuscirà a scaldare tanti avveduti consumatori, mostrando al meglio le caratteristiche che già oggi si trovano nei Bardolino di almeno una ventina di produttori.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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