Barbaresco 2019: ottima annata “a orologeria”4 min read

Preparando questo articolo ho dato un’occhiata al nostro database, dove la prima degustazione ufficiale di Barbaresco è datata 2003. La seconda cosa che ho guardato è il punteggio medio che automaticamente il programma genera. Nel 2003 era 73.923 ma nel 2018 è arrivato a 81.349, crescendo quasi costantemente anno dopo anno.

Forse niente più di questo dato numerico spiega meglio la crescita qualitativa generale di questa denominazione, che con l’annata 2019 sicuramente ritoccherà verso l’alto questa media. Intanto possiamo dirvi che su 77 campioni degustati solo 13 non hanno raggiunto gli 80 punti, il che vuol dire 8 Barbaresco su 10 sono comunque di buon livello se non ottimo.

Vigneti di Treiso

Questo è il vero segnale di crescita di una denominazione, che magari nel 2003 aveva punte importanti ma non una qualità diffusa come adesso.

A proposito di qualità, accenno qui ad una novità introdotta quest’anno nei nostri assaggi langaroli, che poi approfondiremo nell’articolo relativo al Barolo 2018 e non solo: per la prima volta abbiamo messo in degustazione (sempre bendata naturalmente) assieme e “in fila indiana”  le MGA con un numero sufficiente di vini, (almeno 4 o 5) per capire se effettivamente c’è un filo conduttore che le lega e… questo filo non l’abbiamo trovato o almeno non è risaltato così netto.

Non sto parlando di qualità più o meno alta ma di un minimo comun denominatore che legasse in qualche modo i vini della stessa MGA: i vini erano buoni, ben fatti ma in questo momento la mano dell’uomo prevaleva sul terroir. Se le MGA devono evidenziare qualità e unicità sul primo concetto indubbiamente ci siamo, sul secondo forse dovremmo ragionarci su, visti anche i cambiamenti climatici. Ripeto , La stessa cosa è accaduta, amplificata, con il Barolo 2018 e per questo sarà approfondita nell’articolo che lo riguarderà e in altri sucessivi.

Barbaresco, vigne.

Veniamo all’annata 2019 e quindi a un concetto che i Barbaresco incarnano da sempre: eleganza. Parlare di eleganza in un’annata sicuramente potente può sembrare quantomeno azzardato , ma la sensazione che abbiamo avuto dai 2019 è quella di vini “ad orologeria” con strutture imponenti che però sembrano programmate per “esplodere progressivamente”, con lentezza, nel futuro.

Prendiamo la tannicità, magari in qualche caso un po’ ruvida ma di alto profilo e con un grande futuro davanti: la si percepisce nettamente in tanti vini, dove l’alcol abbastanza alto non tende a renderli asciutti ma li sta accompagnando al loro lungo destino. Anche i nasi, dove il frutto non è mai maturo ma solare e dove le gamme floreali e di erbe portano freschezza e eleganza, parlano di un vino che sta compiendo un lento cammino verso la maturità.

Che l’alcol sia sotto controllo in questa vendemmia lo si capisce anche dai vini che vengono da vigne più basse, per niente “marcati” da alcolicità importanti.

Con più di 70 campioni degustati siamo arrivati a ben nove vini Top: non pochi per noi, ma siamo convinti che “l’annata a orologeria” permetterà a tanti dei vini degustati di migliorare col tempo. Quando parliamo di tempo partiamo come minimo dal 2025-2026 e andiamo avanti tranquillamente per molti anni, per i migliori arrivando a decenni.

Se i Barbaresco 2019 sono vini ben bilanciati e con una buona espressività generale, le poche riserva di annate precedenti che abbiamo degustato (e recensito a parte) mancano proprio in questo. Sono vini che vogliono “miracol mostrare” ma alla fine risultano piuttosto squilibrate, anche nell’uso del legno. Se proprio volete spendere molto di più per un Barbaresco Riserva, aspettate almeno 7-10 anni prima di aprirle.

Per la cronaca, abbiamo anche assaggiato alcuni vini di annate presedenti, entrati in commercio nel 2022, e sono recensiti assieme agli altri. 

Infinie un doveroso ringraziamento al Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe, Dogliani e ad Albeisa: senza di loro sarebbe molto duro lavorare.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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