Back to the Wine: un modo inconcepibile di comunicare2 min read

“Corro il rischio” di fare pubblicità ad una manifestazione a cui sicuramente parteciperanno bravi produttori, persone serie e responsabili, ma la newsletter inviata dagli organizzatori di Back to the Wine ( non il serio e corretto comunicato stampa fatto dall’ ufficio stampa BttW)  che si svolgerà nel prossimo fine settimana, è quanto di più offensivo ci possa essere verso la stragrande maggioranza dei produttori di vino italiani.

Tanto per farvi capire il taglio del comunicato eccovi un primo assaggio “ PRODUTTORI provenienti da tutta ITALIA e da oltre confine, i quali saranno ben lieti di raccontarti in prima persona un nuovo modo di produrre il Vino consacrato alla Territorialità e alla Produzione BIOLOGICA, BIODINAMICA, NATURALE…! Un nuovo modo di produrre, che allo stesso tempo è anche il recupero di metodi capaci e antichi (precedenti all’esasperazione industriale dei nostri tempi)”

Ora, fatemi capire, i produttori biodinamici e biologici sono diversi da quelli naturali? Quindi i naturali non sono né biologici né biodinamici? E come lo fanno il vino, con la bacchetta del mago  Zurlì? Quindi tutti gli altri produttori  che non recuperano i metodi antichi sono figli “dell’esasperazione industriale”? Anche quelli che fanno 1000 bottiglie?

Già questi passaggi farebbero arrabbiare ogni persona e produttore di buon senso, ma quello che viene dopo è veramente troppo.

Cito testualmente il passaggio “Per questo la nostra fiera/mercato si chiama “BACK TO THE WINE”, ovvero: “RITORNO AL VINO”, quello autentico, non sofisticato e realizzato col minimo intervento umano in vigna e in cantina.”

Quindi tutto il resto del vino italiano è sofisticato? Migliaia di vignaioli, producono  vino sofisticato? Se io fossi un produttore di vino mi arrabbierei moltissimo e chiederei spiegazioni.

Da semplice giornalista, oltre ad arrabbiarmi per una comunicazione assolutamente velleitaria e parziale, mi viene da dire che fino a quando ci saranno metodi di esprimersi come questi, degni dei più intransigenti e oscurantisti  talebani, il mondo di quel vino cosiddetto naturale non potrà progredire e comunicare realmente i suoi principi, condividendoli e confrontandosi con tutti gli altri produttori. Dal confronto c’è sempre da guadagnare, dalle barricate ideologiche oramai abbiamo imparato che c’è solo da perdere e perdersi.

Inoltre tra i patrocinatori della manifestazione ci sono la Regione Emilia Romagna, la Provincia di Ravenna e il Comune di Faenza: forse sarebbe il caso di chiedere se i tre enti sono al corrente di una comunicazione che di fatto tratta da sofisticatori tutti quelli che non  producono “biologico, biodinamico, naturale”. Magari tra questi ci sono anche elettori che hanno votato e sostenuto i Presidenti di Regione e Provincia e il Sindaco di Faenza.

Se fossi un produttore che partecipa alla manifestazione chiederei agli organizzatori un comunicato che sostituisca il precedente e chieda scusa a tutti gli altri produttori di vino italiani.

Se fossi uno degli organizzatori chiederei scusa senza bisogno di farmelo dire.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE