Assaggi Alto Piemonte: qualità altissima. Enoturisti che aspettate?4 min read

La foto qua sopra è per me la giusta rappresentazione di come ci immaginiamo (e in parte è) l’Alto Piemonte enologico: una casina sperduta nel bosco con accanto una vigna. Anche se andate a leggere questo articolo, un viaggio tra piccoli piccolissimi produttori locali, l’immagine viene confermata.

Bisogna però scavare sotto la scorza “geografica” (grandi distanze tra produttori, denominazioni con pochissimi ettari vitati, aziende microscopiche) di questo territorio per capire che dietro a questo c’è molto altro.

Questo molto altro è venuto fuori chiaramente dalle nostre degustazioni ed è, in poche parole, una zona con dei vini di altissimo livello, sia tra le denominazioni blasonate, sia tra quelle più piccole e sconosciute. La cosa che ci ha più colpito è, come detto, l’alto livello tecnico (in qualche caso con cantine molto…borgognone) raggiunto, non soltanto con i vini più famosi e importanti ma anche con quelli considerati (a torto) secondari o di contorno, come i Coste della Sesia o le Colline Novaresi.

Dai nostri assaggi è emersa un miglioramento generalizzato di altissimo profilo: anche nelle cantine piccole la mano agronomica e enologica è ben ferma e precisa. Scordiamoci i vini difettati di qualche anno fa, oggi in Alto Piemonte che tu compri un Gattinara, un Ghemme, più che Boca, Fara, Sizzano, Lessona o le denominazioni sopra dette, avrei sempre un vino di ottimo livello che, per fortuna, non è invaso da legno, che ha le precise connotazioni del vitigno e che quasi sempre costa molto meno dei cugini langaroli.

Nei nostri giri molti produttori ci hanno detto che sono arrivati e stanno arrivando produttori da fuori, che la terra per un vigneto è aumentata moltissimo negli ultimi anni. Considerando che piantare un vigneto in questa zona costa comunque da 5 a dieci volte meno che in Langa, dove oramai è praticamente impossibile farlo e quindi si può solo acquistare vigneti già fatti, o in Valtellina dove la coltivazione è però difficilissima e la terra scarsa, è chiaro che se il Nebbiolo avrà un futuro anche quantitativo (quasi 100 anni fa qui era pieno di vigneti!) lo avrà in queste zone.

Zone che hanno un grosso vantaggio e un grosso svantaggio: da un punto di vista agronomico e enologico sono allo stesso livello della Langa, ma trenta anni indietro dal punto di vista della comunicazione. Sono come la Langa alla fine degli anni ottanta ma con la qualità generalizzata dei vini langaroli di oggi.

Per questo sono fondamentali le belle manifestazioni che vengono organizzate dal consorzio, ma ancora di più sarà fondamentale una presa di coscienza generale per capire che il vero modo per farsi conoscere di questi tempi è l’enoturismo. Qui siamo veramente 30 anni indietro: le cantine sono mal (o non) segnalate, gli alberghi, i ristoranti, le trattorie pagano dazio ad un “tran tran” immobilista non certo da zona turistico-enologica.

Eppure, se ci pensiamo bene. L’Alto Piemonte ha tutte le caratteristiche per sfondare: ha collegamenti stradali adeguati, è facilmente raggiungibile a poco più di un’ ora da Milano e da Torino e soprattutto ha vini ottimi, territoriali e spesso con un eccezionale rapporto qualità-prezzo.

L’enoturista, magari appassionato di nebbiolo, non può non essere invogliato a fare un giro in zona. Però bisogna essere più reattivi, fare più gruppo, muoversi di più, perché ora i vini ci sono, ma bisogna farli conoscere meglio.

A proposito di vini: i nostri assaggi hanno dati risultati incredibili, con il 75% dei vini con almeno 3 stelle e una media stelle (molto significativa perché “spalmata” su un numero sufficiente di campioni, 68) di 2.83.

I buoni risultati non sono venuti soltanto dalle denominazioni più famose (Gattinara e Ghemme) anzi, ci sembra che i passi avanti maggiori le abbiano fatto le piccole-grandi DOC, quelle con pochi ettari come Bramaterra, Lessona e Boca, oppure quelle considerate di “ripiego” come Coste della Sesia e Colline Novaresi. Qui abbiamo visto i veri miglioramenti, anche nel modo di utilizzare uve complementari come vespolina, croatina e uva rara. Un’altra bella caratteristica generalizzata e che vogliamo rimarcare è che per fortuna la “febbre del legno nuovo” non ha contaminato la zona: praticamente inesistenti i vini coperti da legno, all’opposto invece quasi tutti dotati di bella caratterizzazione sia aromatica che strutturale, dove la freschezza non è un optional delle annate meno fortunate.

Insomma, siamo tornati per l’ennesima volta contenti dall’Alto Piemonte, convinti della qualità dei suoi vini e ci sembra il minimo ringraziare il Consorzio di Tutela per averci accolto e organizzato le visite e gli assaggi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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