Appello per il vino italiano4 min read

Alcuni giorni fa è stato presentato a Roma dal Giornalista Andrea Gabbrielli "L’appello per il vino italiano". tra i primi firmatari troverete grandi nomi del vino italiano. in altra parte del giornale facciamo alcune considerazioni, qui riportiamo il testo con i nomi dei primi firmatari.

Per completezza vi fornisco anche il link di una intervista fatta sull’argomento da Franco Ziliani ad Andrea Gabbrielli.

http://www.sommelier.it/archivio.asp?ID_Categoria=7&ID_Articolo=898

 

 

Il vino e l’enologia nel terzo millennio
Negli ultimi quarant’anni il vino italiano ha consolidato la sua posizione nel mondo, raggiungendo dei traguardi che sino a qualche decennio fa erano impensabili. È stato un processo lungo e complesso che ha avuto nell’esaltazione della qualità, dell’origine e della territorialità dei vini dei momenti fondamentali.
Tutto ciò però è stato possibile grazie alla rivisitazione sia delle pratiche agronomiche nelle campagne sia all’incessante evoluzione della ricerca e dell’applicazione della scienza enologica nelle cantine. In questo modo i nostri vini hanno compiuto un deciso salto di qualità, anche dal punto vista organolettico, recuperando quel gap di conoscenze ed esperienze che in passato ci aveva fortemente penalizzato sui mercati internazionali.
Oggi il nostro Paese ha una posizione di primo piano nel mondo grazie proprio all’ammodernamento e allo svecchiamento delle cantine dal punto di vista tecnologico e strutturale e dall’efficacia dei protocolli enologici moderni applicati sia dalle grandi che dalle piccole aziende.
In passato i vini italiani si sono segnalati all’attenzione internazionale per la capacità di rompere gli schemi affiancando alla produzione tradizionale una ampia schiera di vini che hanno fatto dell’innovazione la loro cifra stilistica e sono riusciti ad interpretare con fantasia e meglio di altri, i gusti e le esigenze del consumatore internazionale, tenendo per altro alta, in un momento molto difficile, l’immagine del vino italiano. I cosiddetti Supertuscan, ieri classificati come Vini da Tavola (VdT) oggi come vini ad Indicazione Geografica Tipica (IGT), sono stati in questo campo l’esempio di maggior successo.
A fronte di ciò negli ultimi anni si è sviluppata una corrente culturale che vuole imporre una visione che tende a limitare gli orizzonti della ricerca e dell’enologia. Il confronto insomma si è spostato e non è più solo tra conservatori e innovatori. Infatti da una parte c’è chi in nome del rispetto della tradizione considera l’enologia come un sistema chiuso alle novità, sostanzialmente incapace di ascoltare. Dall’altra c’è chi, pur rispettando profondamente l’origine e la storia dei prodotti, vuole esaltare questi aspetti sfruttando tutte le possibilità offerte dalla moderna enologia e tecnologia ad essa collegata, interpretando le sollecitazioni che vengono da un mercato ormai planetario.
Le discussioni su certi aspetti del nostro mondo del vino, hanno evidenziato un preoccupante atteggiamento di chiusura nei confronti dell’evoluzione della scienza enologica e dei mezzi che essa mette a disposizione. L’enologia non può limitarsi ma deve essere in grado di cogliere tutte le opportunità, soprattutto quelle che permettono di abbassare i costi e di aumentare i profitti delle aziende, rendendole sempre più competitive.
Noi che a diverso titolo ci occupiamo del vino, esprimiamo la nostra preoccupazione perché i dati scientifici vengono sistematicamente ignorati, preferendo la banalizzazione degli argomenti all’approfondimento. Senza adeguati approfondimenti tecnici, scientifici ed economici non si può pensare di affrontare con efficacia la competizione internazionale e incrementare la qualità dei nostri prodotti.
Seguono firme dei promotori
Andrea Gabbrielli (Giornalista)
Robero Zironi (Professore ordinario Università di Udine)
Luigi Odello (Centro Assaggiatori Brescia)
Fabio Turchetti (Giornalista)
Andrea Sartori (Casa Vinicola Sartori)
Piero Mastroberardino (Mastroberardino)
Riccardo Cotarella ( Enologo)
Carlo Ferrini (Agronomo Enologo)
Gioia Cresti (Enologa)
Ezio Rivella (Pian di Rota)
Stefano Campatelli (Direttore Consorzio Brunello di Montalcino)
Barbara Tamburini (Enologa)
Attilio Pagli (Enologo)
Alberto Antonini (Agronomo)
Paolo Bisol (Ruggeri)
Lucio Brancadoro (Ricercatore Università di Milano)
Claudio Gori (Enologo)
Paolo Tommassini (Enologo)
Vittorio Fiore (Enologo)
Stefano Chioccioli (Enologo)
Filippo Mazzei (Marchesi Mazzei)
Nicodemo Librandi (Librandi)
Andrea D’Ambra (Casa d’Ambra)
Franco Giacosa (Zonin)
Michele Farro (Cantine Farro)
Piernicola Leone De Castris (Leone De Castris)
Giovanni Dimastrogiovanni (Enologo, Agronomo Leone De Castris)
Roberto Cipresso (Enologo)
Cesare e Andrea Cecchi (Cecchi)
Rudy Buratti (Enologo)
Alessandro Candido (Candido)
Giuseppe Martelli (Direttore Assoenologi)
Sandro Boscaini (Masi Agricola)
Alessandro Botter (Botter)
Alberto Canino (Giovanni Bosca Tosti)
Etile Carpenè (Carpenè Malvolti)
Renzo Cotarella (Marchesi Antinori)
Lamberto Vallarino Gancia (Gancia)
Francesco Ricasoli (Ricasoli)
Giacomo Rallo (Donnafugata)
Pietro Alagna (Carlo Pellegrino)

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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