Anteprime toscane: quasi un miracolo di… Sangiovese4 min read

Le cinque giornate di full immersion tra i rossi toscani ci hanno dato risposte interessanti ed in certi casi univoche. Prima però presentiamo le forze in campo: per il Chianti Classico le nuove annate erano 2007 e 2006 Riserva, per il Nobile 2006 e 2005 Riserva, per il Brunello 2004 e 2003 Riserva.

Il 2007 in Chianti Classico non venne definita, per fortuna “Vendemmia del secolo” ed infatti non lo è stata, specie se con quel termine si vuole parlare di vinoni strutturati, corposi, quasi monolitici. Per fortuna i Chianti Classico del 2007 giocano le loro carte su una bella freschezza ed un equilibrio già invidiabile. Vini più da bere che da degustazione, vini più umani (mi si passi il termine) con colorazioni finalmente meno spinte ed un uso del legno molto meno invadente del passato. Potremmo definirlo un ritorno ad una tipologia meno aggressiva, più liberata dalle richieste e dalla voglia di fare piccoli Supertuscan (che ancora qualcuno, in verità, prova a sfornare). In definitiva un’annata giocata più su quelle caratteristiche del sangiovese (colori non molto carichi,freschezza, medio corpo, lieve scontrosità tannica) che anche in un recente passato si cercava di “adattare” a visioni più internazionaliste.

Il Vino Nobile di Montepulciano del 2006 non ha trovato pareri concordi. Personalmente ho apprezzato molto la struttura generale dei vini, con tannini di buona grana ed un’acidità non nascosta che  lo rende molto più bevibile. Diversi hanno trovato invece una eccessiva disparità di stili, che non fa certamente chiarezza nella denominazione. Anche qui comunque si trovano più evidenziate quelle caratteristiche del Sangiovese in ombra negli anni passati. Colori meno marcati, acidità ben correlate a strutture non dirompenti. Quindi vini più bevibili grazie anche all’uso del legno che va dosandosi ed equilibrandosi meglio.

IL Brunello di Montalcino 2004 è forse la quintessenza di quanto detto fino ad ora. Dopo un’annata 2003 dove non si è cercato di camuffare una vendemmia difficilissima ma si è lavorato per  arrotondare (ma non troppo) certi spigoli, il 2004 ci è sembrata una vendemmia gestita nel nome del santo: Sangiovese.  Questo, più che pregi e difetti, ha creato pregi e… dubbi. Infatti i Brunello 2004 sono vini dove il Sangiovese spicca in maniera chiara.  Colori anche troppo scarichi; profumi poco marcati da legno ,dove i terziari ( e non fruttoni incredibili!!) stanno iniziando a fare il loro gioco. Strutture non esagerate ma ben delineate grazie ad acidità precise: lunghezze di bocca non date da potenze aggressive ma da “scontrosi equilibri”. Tutto bene quindi? Indubbiamente si, se questa vendemmia non fosse iniziata 4 anni fa , in un momento in cui legni e strutture opulente erano all’ordine del giorno. Noi vorremmo credere  che i produttori di Montalcino abbiano precorso i tempi, ma, specie dopo quanto sta succedendo in zona, qualche dubbio ci viene spontaneo. Comunque, dubbi a parte, i Brunello 2004 sono vini che potrebbero sembrare meno strutturati di altre annate, ma che probabilmente avranno longevità notevole accanto a una fruibilità quasi immediata.

Piccola parentesi per le Riserve delle tre denominazioni. Forse sarebbe il momento di parlare seriamente del futuro e del presente di queste tipologie. Si sono scordate da anni la piacevolezza, l’eleganza, l’equilibrio a vantaggio di tannini duri, ruvidi, e di aromi dove il legno domina ed il frutto latita. Quelle di Chianti Classico e Nobile, schiacciate tra annata e Supertuscan, mi ricordano il vecchio detto "Vorrei ma non posso". Quelle di Montalcino sono spesso vini tenuti in botte un anno di più, con poche variazioni rispetto all’annata, se non nel prezzo. Oramai sono anni che non si scostano da questi parametri (anche se le eccezioni ci sono, ovviamente): perchè insistere su questa strada?

Tornando alle annate e tirando le somme: tre vendemmie diverse ma uno stesso comun denominatore. Meno legno, più freschezza; meno potenze esagerate, più eleganza;  meno aggressività più bevibilità; meno monoliti, più complessità. Il segnale è chiaro e chi, come noi,  da anni sta predicando in tal senso si trova spaesato, senza quasi ormai uno scopo nella vita. Per questo stiamo per fondare il club “Salviamo il Merlot e la barrique dall’estinzione!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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