Anche con il Covid si è svolto in Francia il “Campionato Mondiale di Degustazione alla cieca”3 min read

Ci sono voluti anni ma l’abbiamo capito. Il roboante  “Championnat du monde de dégustation à l’aveugle” cioè il campionato mondiale di degustazione alla cieca organizzato dalla Revue du Vin, che quest’anno è arrivato alla ottava edizione, non ha certo le stimmate di una manifestazione che possa fregiarsi non solo di un nome così altisonante, ma soprattutto del portato morale che comporta.

Comunque è un’occasione  interessante per capire quanto, e troppo spesso, noi degustatori ci si senta su un pianeta diverso rispetto ai comuni mortali e bevitori. Questo auto-innalzamento ci porta purtroppo a sentirci investiti di un compito che non può derogare, non può essere rimandato, posticipato, annullato, anche in situazioni difficili o tragiche.

“The wine-show must go on!” mi verrebbe da dire.

Lo dico perché il 10 ottobre 2020, mentre in Francia c’era un’impennata dei contagi da Covid (oltre 27.000), mentre si creavano nuovamente alcune zone rosse e si pensava ad altre, mentre in Europa la situazione era solo leggermente migliore,  mentre  si svolgevano esclusivamente manifestazioni sportive a porte chiuse, mentre ogni manifestazione enoica veniva rimandata a data da destinarsi in Francia e altrove (dello stesso giorno è il comunicato che il Mercato FIVI di Piacenza era stato rimandato al 2021), nello  Chateau Smith Haut Lafitte, a Bordeaux , si svolgeva  l’ottava edizione del  Campionato del Mondo di Degustazione.

A questa edizione hanno partecipato ben 18 nazionali, tra cui naturalmente quella italiana. Sarei curioso di sapere se la selezione cinese, seconda classificata, sia arrivata direttamente da casa o semplicemente sia stata composta da, peraltro bravissimi, degustatori nati all’ombra della Grande Muraglia ma da che vivono da anni in Francia o “lì vicino”.

Voglio essere chiaro. Non sto dicendo che i degustatori partecipanti fossero persone inadeguate al nome roboante della manifestazione. So perfettamente quanto sia difficile, costoso, complesso studiare e degustare per riconoscere alla cieca le caratteristiche e quindi la provenienza di un vino, sto solo dicendo che da persone che ogni giorno si mettono in gioco in un mondo di blogger, influencer, parlatori e degustatori a vanvera mi sarei aspettato una maggiore serietà e un maggiore senso di responsabilità.

Inoltre mi sarei aspettato dal gruppo dirigente di un giornale importante e storico come la Revue du Vin de France, che ho sempre apprezzato, un passo indietro, un rimandare a tempi migliori un’iniziativa che poteva portare a rischi per la salute, non del fegato ma dei polmoni.

Sarà servito a far capire a chi è  “fuori dal vino” (forse anche a chi è dentro) che il nostro mondo non è composto da sofisticati e preparati gaudenti, purtroppo irresponsabili, ma da persone e da imprenditori seri e capaci che stanno pagando in prima persona una situazione terribile e tragica? Speriamo di si, ma mi sembra difficile.

Per esempio mi domando se era stato richiesto agli iscritti per partecipare all’evento ed entrare nella sala un tampone negativo, fatto al massino 48 ore prima. Visto che ogni squadra poteva essere composta da un minimo di quattro persone, considerando anche il personale di servizio, si sarà arrivati a più di cento persone e quindi la possibilità di contagio era reale. Che misure sono state prese, oltre alle mascherine all’ingresso ma non nella foto di gruppo?

Purtroppo la foto di gruppo pubblicata in apertura parla e spiega molto più di tutte le mie parole: tutti ben vicini per una foto ricordo che spero non abbia permesso al Covid  di trovare pane per i suoi denti.

Per la cronaca ogni squadra doveva degustare 8/12 vini alla cieca e fornire indicazioni su vitigno, paese, denominazione e produttore. In particolare nelle selezioni 8 vini e poi le migliori nazionali altri 4 vini, tutti alla cieca. Alla fine questa manifestazione ha visto prevalere la squadra francese, seguita dalla Cina e, a pari merito, dalla Finlandia e dalla Svezia.

L’Italia? In questo quadro desolante e pericoloso per la salute  ha voluto purtroppo confermare  la posizione dello scorso anno arrivando ultima, preceduta da Brasile, Polonia, Danimarca e (udite, udite!) Principato di Monaco.

Sipario.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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