Alto Adige bianchi 2006: buona annata…ma si potrebbe fare ancora di più7 min read

Quattro giorni di assaggi “full immersion” ci hanno dato un quadro piuttosto esauriente dell’annata 2006 altoatesina, per quanto riguarda i vitigni a bacca bianca. Dal punto di vista dell’insieme ci sentiamo di non condividere appieno il coro di osanna con cui è stata salutata l’annata. I vini sono indubbiamente ben fatti ed anche piacevoli ma abbiamo riscontrato una certa generale mancanza di corpo, che spicca maggiormente proprio perchè al naso i vini promettono molto. Vi sono comunque molte eccezioni e se valutiamo esclusivamente il fattore piacevolezza e rispondenza al vitigno, i vini bianchi dell’Alto Adige offrono forse il panorama più ampio e completo dell’Italia enologica.”white”.  Vediamo adesso vitigno per vitigno la situazione. Premettiamo che le degustazioni verranno pubblicate in due scaglioni. Nel primo troverete Sauvignon, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Müller Thurgau. Nella seconda trance (tra qualche giorno) Gewurztraminer, Chardonnay, i vari uvaggi e tutti gli altri vitigni a bacca bianca. Una piccola notazione va fatta anche per la stranissima mancanza dei dati sui vini, che di solito in Alto Adige arrivano volando. Diverse cantine si sono scordate di mandare i dati sui prezzi ed il numero delle bottiglie prodotte, alcune non li hanno inseriti nei moduli. Speriamo sia solo un caso!

Pinot Bianco.

Si conferma un vitigno perfetto per il territorio: ha sempre carattere varietale spiccato e quella bella complessità in bocca che ti fa venire voglia del secondo sorso. É forse il vitigno che meno ha risentito della generale mancanza di corpo ed ha dato una buon risultato generale. La zona di Terlano si dimostra sempre molto vocata con vigneti che riescono a dare risultati ottimi anno dopo anno. Ad altri vitigni dedichiamo più spazio ma solo perchè il Pinot Bianco 2006 è una conferma ed una certezza e quindi non abbiamo notazioni particolari……se non quella di consigliarvelo!

Pinot Grigio

Anche in questo caso una conferma, ma al negativo. Sempre meno caratterizzato dal punto di vista aromatico e sempre poco strutturato il vitigno bianco più piantato in regione sembra essere diventato la classica vacca da mungere e basta. Va bene che gli americani ne comprano in quantità industriali ma forse si potrebbe cercare qualche strada per renderlo meno scontato. “Finché dura fa verdura” è un vecchio detto che si sposa perfettamente con chi produce questo vino. Ricordatevi però che cosa è successo al Lambrusco circa 10-15 anni fa, dopo il crollo del mercato americano. Molti dicono che gran parte del Pinot Grigio che varca l’oceano è Vigneto delle Dolomiti IGT  o Bianco delle Venezie IGT e quindi proviene da zone molto più ampie (e trattato di conseguenza…) però anche quello prodotto come Alto Adige DOC sembra fatto per lo stesso tipo di mercato.

Chardonnay

L’annata 2006 ha dato indubbiamente vini interessanti e varietali ma non molto concentrati. Hanno una buona freschezza e mostrano quella classica piacevolezza che il consumatore medio continua ad apprezzare. L’impressione a pelle, suffragata anche dai dati sui nuovi impianti (poco più di cinque ettari piantati dal 2005 al 2006) è però quella di un vitigno non più di riferimento, superato a destra ed a sinistra dal Sauvignon e soprattutto dal Gewurztraminer. Anche se gli ettari piantati totali lo tengono sempre al secondo posto dopo il Pinot Grigio il cuore dei produttori batte sempre di più per i vitigni suddetti (senza contare il tanto decantato ma praticamente introvabile Kerner) con il risultato sopra accennato. Peccato perchè, dopo anni di prove non certo convincenti, si comincia a vedere chardonnay altoatesini ben maturati in legno, dotati di buona complessità e soprattutto di quella lineare  freschezza che li dovrebbe sempre contraddistinguere.

Sauvignon

Mentre degustavamo i Sauvignon del 2006 ci sembrava di fare un viaggio agli antipodi. Per la prima volta infatti, da quando assaggiamo Sauvignon altoatesini(e sono almeno 15 anni), abbiamo trovato le note caratteristiche dei cugini prodotti a Marlborough in Nuova Zelanda. In particolare quel frutto della passione che ha reso Cloudy Bay e compagni famosi nel mondo. Per l’appunto ho visitato bene quella zona ed ho potuto constatare che spesso quel profumo era dato, più che dalle uve, da alcuni artifizi “bricconcelli” di cantina come enzimi, lieviti aromatici e simili. Per questo scoprire lo stesso profumo a migliaia di chilometri di distanza ci ha creato qualche lieve turbamento. Noi speriamo e vogliamo credere che sia solo merito dell’annata e magari di innovativi (e leciti) metodi di vinificazione, però ci piacerebbe ricevere qualche spiegazione in più. Detto questo la vendemmia 2006 ha dato proprio dei bei Sauvignon, molto netti nei profumi e di buon nerbo in bocca. Vini da acquistare senza problemi, lasciandogli però qualche mese di tempo per smussare lievi spigoli acidici.

Gewurztraminer

Nonostante sia il vino che mette tutti d’accordo, che apre i mercati, in particolare quello italiano questo vino ha un problema. Ce lo sintetizza un produttore “Se voglio avere dei bei profumi devo vendemmiare tardi ma se vendemmio tardi mi arriva un vino basso d’acidità (ogni tanto da acidificare) e alto d’alcol. Gli devi poi lasciare dello zucchero residuo perchè se lo vinifichi a secco ti risulta troppo amaro. Quindi ti ritrovi un vino che è appassionante al primo sorso ma poi non vai avanti. Ti posso dire che noi altoatesini non lo beviamo mai: è il vino per il mercato italiano, che un rappresentante deve avere se vuole vendere qualcosa”.

In effetti anche nell’annata 2006 abbiamo trovato profumi intriganti e suadenti nonché corpi dolci e rotondi. Il problema è che sono oramai mediamente troppo dolci e rotondi (quelli dichiarati secchi) ed effettivamente è difficile berne più di un bicchiere. Non ho soluzioni per questo, se non dirvi che i 2006 sono risultati sempre ben fatti, forse ancora leggermente chiusi nei profumi (ma è normale) e con una buona concentrazione al palato. In effetti una maggiore freschezza porterebbe ulteriore piacevolezza al vino, che in prospettiva aumenterebbe in bevibilità ed in possibilità di abbinamenti.

Muller Thurgau

L’annata 2006 ha sicuramente dato Muller equilibrati, ma senza grande consistenza. Dobbiamo anche dire che il vitigno, pur interessante nei profumi, non aiuta certo in quanto a corpo e potenza. I profumi in alcuni casi erano ancora non ben definiti, ma a giugno e magari poco dopo un imbottigliamento recente, è un problema superabile. Anche se la media punti non è stata molto alta ci sono sembrati più centrati rispetto al 2005, con alcuni vini dai profumi veramente “didattici” e piacevoli. Una nota sui prezzi: in diversi casi risultano più alti degli altri prodotti aziendali (gewurztraminer escluso). Forse bisognerebbe stare più attenti, specie perchè molte aziende del vicino Trentino attuano politiche commerciali diverse.

Altri vitigni (Sylvaner, Riesling, Moscato Giallo, Kerner)

Non abbiamo degustato un numero adeguato di campioni per esprimere un parere. Vi rimandiamo direttamente alla degustazione che sarà pubblicata tra qualche giorno.

Uvaggi

In una regione famosa per i monovarietali sono vini che rispondono a varie esigenze anche contrastanti. Qualcuno usa gli uvaggi per vini di primo prezzo, altri per il top della gamma. Quest’anno non sono usciti certo male dagli assaggi ma noi continuiamo a preferire la schiettezza del monovitigno. Unica eccezione forse per Terlano, dove l’uvaggio ha un senso anche storico.

In definitiva l’Alto Adige rimane il punto di riferimento per chi ama i bianchi molto varietali. Forse però è arrivato il momento di ragionare su cosa si vuole fare da grandi. Alcuni vini hanno forse bisogno di essere -senza eccedere- messi in discussione, per renderli più adatti al mercato. Questo sta sempre più attento al prezzo ed alla bevibilità, riprivilegiando freschezze messa al bando alcuni anni fa. In soldoni: i bianchi in Alto Adige vengono bene quasi da soli, il compito per il viticoltore è quello di renderli più complessi e più “territorialmente” marcati.

Attenzione: tra i vini degustati ne troverete qualcuno di annate precedenti: non è un errore! Alcuni vini escono adesso ed altri, pur essendo in commercio da mesi, sono pronti solo ora per essere gustati.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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