Alto Adige 2018: Gewürztraminer e Pinot Bianco sugli scudi, delusione Sauvignon6 min read

Non capita spesso di avere a disposizione una sala da degustazione perfetta sotto tutti i punti di vista, con un gigantesco magazzino dove poter tenere tutti i vini da degustare (più di 400!) e, last but not least, l’albergo che ti ospita a nemmeno 200 metri di distanza. Per questo prima di parlare dei vini vogliamo ringraziare l’Associazione Vignaioli dell’Alto Adige per averci ospitato, l’Abbazia di Novacella per averci messo a disposizione praticamente l’intera cantina e  IDM Alto Adige per averci raccolto i campioni.

E veniamo agli oltre 400 campioni degustati, suddivisi per i molti vitigni che, da più o meno tempo, si trovano in questo territorio. Una precisazione: per quanto riguarda le uve a bacca rossa parleremo della schiava tra qualche giorno, mentre per il Pinot Nero dovrete aspettare i mesi autunnali.

L’alto Adige è una regione dove si percepisce un reale fermento e una voglia di “cambiamento enoico”.

C’è una reale voglia di identificare e far conoscere al mondo  i territori realmente più vocati per determinati vitigni (Mazzon e Glen per il pinot nero sono un esempio), che però si scontra almeno in parte con il desiderio commerciale delle cantine più grosse, cooperative e non solo, di portare avanti il marchio aziendale, che spesso non può essere identificato con una parcella, magari in affitto o di proprietà di un conferitore.

In altre parole se io, piccolo produttore, produco Sauvignon nella meravigliosa zona “pinco” è logico che cerchi di far capire a tutti le caratteristiche di questo territorio e voglia mettere in etichetta quel nome. Se invece parlo dal punto di vista della grande cantina cooperativa a cui vengono conferiti Sauvignon di “pinco” e anche di molti altri territori, o del grande produttore che compra uve o ha vigne in affitto anche a “Pinco”, il rischio per questi soggetti è promuovere un territorio che prima o poi potrebbe non essere più sulle loro etichette. Quindi da una parte i piccoli puntano sulla valorizzazione dei territori mentre i grossi  cercano di utilizzarli per marchi aziendali, anche importanti, anche venduti a prezzi  fino a pochi anni fa impensabili per l’Alto Adige.

Questo è un altro aspetto del nuovo Alto Adige, i vini da noi definiti a suo tempo “Supertirol”, nati al seguito del successo mediatico delle vecchie annate messe in commercio dalla Cantina di Terlano, studiati spesso come i supertuscan (blend di ottime uve maturati in ottimo legno piccolo) e prodotti in numeri quasi omeopatici. Indubbiamente sono buoni ma, neanche tanto stranamente, parlano poco di territorio e credo che, alla fin fine svolgano per adesso lo scopo di tirare verso l’alto il prezzo degli altri vini. Scopo indubbiamente importante, visto che l’Alto Adige è da sempre vista come la terra dell’ottimo rapporto qualità-prezzo.

Ma in tutti questi cambiamenti come si inserisce la vendemmia 2018, da molti definiti di qualità e di quantità? Si inserisce più che a macchia di leopardo a “macchia di vitigno”.

In altre parole: il vigneto altoatesino sta andando sempre più in quota, arrivando oramai a toccare i mille metri in più punti. Una delle controindicazioni dei vigneti sempre più ad alta quota è che la finestra di vendemmia diventa spesso molto stretta (anche e non solo per le condizioni climatiche) e quindi azzeccarla in pieno è sempre più difficile: Inoltre le epoche di maturazione delle uve sono molto diverse e così, se non hai anche un bel po’ di fortuna, è molto difficile che tutte le uve vengano raccolte al giusto grado di maturazione.

Per questo ogni uva fa quasi razza a sé ed è molto difficile, se non impossibile, tracciare un quadro generale.

Gewürztraminer

Quello che viene chiamato “il vino per gli italiani” nel 2018 darà belle soddisfazioni a tanti connazionali. Infatti sia le versioni più opulente che quelle più lineari e asciutte mostrano nasi aperti, potenti,  didascalici del vitigno. Questo è indubbiamente un bel biglietto da visita che si completa con corpi giustamente rotondi e piacevoli,  che quasi sempre mostrano anche una discreta freschezza.  Una vendemmia indubbiamente convincente, come lo sono alcune interpretazioni di annate precedenti. Inoltre praticamente il 70% dei vini degustati ha ottenuto punteggi più che interessanti e quindi anche la fascia tra cui scegliere un buon GW è veramente ampia.  Voto all’annata: 9

Chardonnay

In realtà non si tratta tanto di una vendemmia buona o cattiva, ma di un vitigno che, versioni più mature in legno o versioni giovanili, ci convince sempre meno. Gli chardonnay giovani raramente vanno oltre una linearità espressiva corretta, mentre quelli “importanti” sono in diversi casi ingessati in legni di ottima fattura, che però richiedono anni per essere digeriti. In definitiva il risultato non è certo eclatante e porta a domandarsi come e cosa questo vitigno (tra l’altro uno di quelli piantati abbastanza in basso e con vigneti mediamente più vecchi di altre varietà)  potrà dare in futuro alla viticoltura dell’Alto Adige. Voto all’annata: 6

Müller Thurgau

Da molte produttori filtra una certa sfiducia in questo vitigno e lo si capisce anche nei vini che, pur corretti, mancano di quello spinta, anche tecnica, che percepiamo (per esempio) nei cugini trentini. La 2018 non è stata un’annata di basso profilo: i profumi ci sono, la freschezza spesso anche, ma siamo di fronte a vini pronti e bevibili, stop. I casi (anzi il caso) di un Müller di alto profilo che può maturare e migliorare nel tempo è l’eccezione che conferma la regola. Voto all’annata: 7

Pinot Grigio

Ci verrebbe voglia di copiare e incollare quanto scritto sullo Chardonnay. In realtà la situazione del pinot grigio, vitigno che potrebbe dare vini di grande spessore, in Alto Adige non si mostra certo rosea, sia fra i 2018 che tra quelli di altre annate. E’ sempre più difficile trovare guizzi, sia tra le grandi cantine che tra i piccoli, a dimostrazione di un certo disamore per un vitigno che in zone non molto lontane sta avendo i suoi problemi, legati non solo allo scarso valore commerciale. Voto all’annata 6.

Riesling

Sicuramente i migliori riesling del 2018 li assaggeremo l’anno prossimo e arriveranno in buona parte dalla Val Venosta! I 2018 della Valle Isarco sono di buon livello ma ancora si deve risolvere il dilemma tra chi lo produce secco e chi invece lo “germanizza” un po’ troppo. Comunque nasi abbastanza chiari e bocche dove la paura di fare vini troppo verticali in qualche caso porta e compromessi forse evitabili. Tornando alla Val Venosta dobbiamo rendergli omaggio per i 2017 che ha presentato: riesling a 18 carati, molto tipici, riconoscibili e con buone possibilità di miglioramento nel tempo.  Voto all’annata 7+

Sylvaner

Il Sylvaner ha bisogno di tempo per esprimersi e quindi i 2018 degustati (non molti in verità) vanno presi con il beneficio d’inventario. Ci sembra comunque che il corpo ci sia e l’eleganza verrà col tempo. Voto All’annata:7.5

 

Venerdì risultati e commenti di Sauvignon, Pinot Bianco, Kerner, uvaggi bianchi, Gruner Veltliner e Moscato

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE