Abruzzo in rosso: 2006 grande, ma una storia “tormentata”.5 min read

Non è certamente il modo canonico per festeggiare il Natale quello di parlare di vini rossi strutturati, ma cosa volete, noi di winesurf siamo fatti così……
Eccoci quindi a commentare gli assaggi di Montepulciano d’Abruzzo organizzati come sempre in maniera egregia dall’ Enoteca regionale d’ Abruzzo ad Ortona. Quest’anno i nostri assaggi ci hanno portato nel bicchiere varie annate di Montepulciano: per quanto riguarda 2003, 2004 e 2005 si trattava di un completamento del lavoro fatto lo scorso anno. Con l’annata 2006 era invece il primo approccio e, se  il buongiorno si vede dal mattino……….. Ma non ci siamo fermati alle annate in commercio: abbiamo organizzato forse la prima vera degustazione di vecchie annate di Montepulciano d’Abruzzo. Questo articolo riassume sia le sensazioni che i giudizi sulle annate recenti che quelli riguardanti le vecchie vendemmie. Partiamo dai “più giovani tra i giovani” che sicuramente sono stati la nota maggiormente positiva di tutto l’assaggio. Per una volta, scorrendo le nostre valutazioni,  non dovete seguire alla lettera i voti ma mediare il tutto pensando che siamo di fronte ai primi vini dell’annata usciti sul mercato: prodotti semplici, sicuramente non vini portabandiera. Valutandoli non siamo arrivati nell’ empireo delle 4 e 5 stelle ma ci siamo resi conto che il 2006 per il Montepulciano d’Abruzzo è stata forse la migliore annata degli ultimi 10 anni. Abbiamo infatti trovato bella concretezza accanto a profumi netti ed in alcuni casi prorompenti, il tutto armonizzato da una tannicità ben domata e da una freschezza che non ti aspetteresti. Mancava solo la profondità e la complessità ma stiamo parlando di vini che in enoteca o in supermercato costano in qualche caso meno di 3 €.
Belle sensazioni quindi che ci fanno ben sperare per quando usciranno in commercio non solo i “grossi calibri” ma anche quei Montepulciano che si vanno a piazzare nella fascia media del mercato. Per quanto riguarda le altre annate vi conviene rileggervi l’articolo scritto l’anno scorso sul trittico 2005-2004-2003 “Montepulciano d’Abruzzo: risultati contrastanti ma fiducia confermata”. A quanto detto in passato possiamo solo aggiungere che le buone aziende riescono anche nelle annate difficili ad ottenere buoni prodotti ma la media non è certo altissima. Facciamo comunque un “breve riassunto delle puntate precedenti”: annata 2003 funestata da un caldo eccessivo da maggio a settembre con vini troppo alcolici e tannicamente immaturi. 2004 e 2005 quasi simili fra loro con vini leggermente diluiti e scomposti.
Fino a qui quindi niente di nuovo sotto il sole, solo la constatazione che ogni anno nuove aziende, quasi tutte con vini qualitativamente interessanti, decidono di passare dal prodotto sfuso all’imbottigliato. Il movimento enologico abruzzese quindi cresce e si rafforza. Speriamo solo che non faccia l’errore di piantare nuovi vigneti ma cerchi di salvaguardare sia gli  attuali che soprattutto le vecchie vigne di Montepulciano che rischiano di essere soppiantate in toto, perdendo così un patrimonio eccezionale.
Dalle vigne vecchie alle vecchie annate di Montepulciano. Premettiamo che il nostro invito era stato rivolto a tutti i produttori abruzzesi, anche se potevamo immaginare che, per motivi diversi, le due aziende più blasonate (Valentini e Masciarelli) non avrebbero risposto. Questo ci ha creato relativi problemi perché il nostro intento era quello di andare scoprire come facevano  i vini quei 10-15 produttori che oggi rappresentano (santoni a parte) una bella fetta della qualità prodotta in Abruzzo.. All’appello hanno risposto circa una ventina di cantine con oltre quaranta vini, coprendo un arco che andava dal 1982 al 2002. Non pubblicheremo la degustazione dettagliata delle vecchie annate non perché sia andata male, ma perché ci sembra inutile paragonare tra se vini oramai fuori commercio. Molto meglio parlare dei casi più interessanti per cercare di capire se e quali passi avanti ha fatto in questi anni la viticoltura regionale.
In primo luogo il valore delle annate: tra le più recenti  la migliore si è dimostrata il 1998, seguita dal 2000. Ci ha deluso invece il 1997. Tra le più vecchie possiamo solo constatare che il 1982 di Emidio Pepe era ancora vivo e vegeto, anche se chiaramente in fase discendente ed il Tonì 1988 di Cataldi Madonna era già allora quel bel vino che si sta dimostrando adesso. Ma in venti e passa anni di acqua e tannini ne sono passati sotto i ponti. L’acqua lasciamola perdere e parliamo dei tannini che  col passare degli anni hanno assunto rotondità senza perdere in potenza. Merito sicuramente di più accurate vinificazioni non sempre però affiancate da altrettanto accurate conduzioni nel vigneto. Sarà che il tendone è difficile, sarà che negli ultimi dieci-quindici anni sono stati spiantati e piantati tanti vigneti. Saranno tante cose ma un andamento molto altalenante delle annate, con rotondità e concentrazioni che vanno e vengono senza che si noti una linearità nel miglioramento porta a pensare che, lo sviluppo enologico non è andato di pari passo con quello agronomico. Ci si è fidati (e forse ci si sta fidando ancora….vedi annate 2004-2005) delle enormi potenzialità del Montepulciano, pensando che basti una vinificazione più accurata per sistemare tutto. Questo forse potrà essere possibile nelle grandi annate (1998-2000-1988) ma nelle altre (1997-1999 per non andare lontano nel tempo) il giochino non riesce.
Diamo adesso il giusto spazio ai vini che ci hanno impressionato di più. Sono due ed entrambi del 1998: il Montepulciano d’Abruzzo di Emidio Pepe ed il Montepulciano d’Abruzzo Perla Nera di Chiusa Grande. Ma molte altre aziende, da Zaccagnini al Feuduccio, dalla Valentina a Cataldi Madonna, Da Pietrantonj a Poderi Castorani hanno presentato vini più che convincenti.
Morale della favola: per il Montepulciano il passato si divide in due periodi, quello “remoto” (1980-1995) di cui abbiamo poche testimonianze, anche se dignitose e quello “prossimo” (1995-2002). Quest’ultimo non ci ha convinto in pieno ma ha mostrato comunque voglia di crescita e di miglioramento che nel presente, a partire da 2006, dovrà esprimersi in maniera più precisa e lineare.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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