A zonzo nei vini della Loira (scansando i castelli)3 min read

Dopo aver provato un centinaio di volte e non esserci riuscito per una serie di sfortunate coincidenze, il wine-camper Mageo-S, veicolo ricreazionale capace di stoccare e trasportare diecimila bottiglie di vino, guidato dal sottoscritto è riuscito finalmente a oltrepassare (previo pay-tool) il tunnel del Monte Bianco in data astrale 29 giugno 2012.

Esattamente come per i tentativi precedenti l’obiettivo della spedizione era riuscire a raggiungere indenni i vigneti della Loira, evitando le numerose trappole e insidie disseminate lungo il percorso.

Testimonianze dirette riportate da equipaggi precedenti avevano infatti messo in luce quanto fosse arduo evitare i richiami delle sirene chiamate Borgogna e Champagne. Per non parlare dei tour ai Castelli della Loira, trappola nella quale ebbi modo di incappare già 32 anni orsono.

Ma cosa c’è da fare nella Loira, una volta che hai vivisezionato tutti i castelli e passato al setaccio le centomila dinastie cui sono appartenuti, con i relativi incroci? Esplorare i vigneti, per l’appunto, e volendo escludere (e io lo volevo) quelli a Sauvignon Blanc delle denominazioni di Sancerre e Poully-Fume, non restavano che i meno noti della parte più occidentale: Anjou, Saumur e la Touraine.

In fondo di Sauvignon Blanc ce n’è ovunque e i suoi sentori, stando alle ultime, sono motivo di litigio tra coniugi. A me interessavano lo Chenin Blanc e il Cabernet Franc, che nella Loira centrale trovano modo di esprimersi in maniera eccellente specie nell’area di Anjou-Saumur. Quest’ultima con oltre 30 AOC è la zona che offre il ventaglio di espressioni aromatiche e di tipologie più diversificato di tutta la Loira, pur contando appunto su due soli vitigni, Chenin Blanc e Cabernet Franc.  

Lo Chenin Blanc viene vinificato in ogni maniera possibile: spumante metodo classico (ma si può usare?) secco, demi-sec e dolce. A mio avviso è sotto la denominazione Vouvray che lo Chenin Blanc vinificato in secco mette in luce maggior eleganza e profondità e questo probabilmente a causa dei terreni a forte presenza calcarea. Difficile però individuare nelle annate giovani quel potenziale espressivo e di ricchezza di sfumature che, a sentire alcuni produttori, svilupperanno nel corso del primo decennio.

Più a ovest lungo il corso della Loira, sono le denominazioni Coteaux de Layon (sul versante meridionale) ma soprattutto Bonnezaux e Quarts de Chaume a esprimersi ai massimi livelli nelle versioni demi-sec, molleaux e liquoreux, sovente realizzati con uve botritizzate.  Sono vini notevoli, hanno struttura, tensione, aromaticità ed eleganza, oltre che uno stile unico e abbastanza definito. In più hanno due vantaggi: costano pochissimo e sono di una facilità di beva allarmante. Specie per chi guida.  

L’altro vitigno a larga coltivazione nella regione Anjou-Saumur e Touraine è il Cabernet Franc, vitigno rosso che si è magnificamente adattato alle condizioni climatiche nella valle della Loira e che nelle denominazioni  Chinon, Bourgueil e Saumur-Champigny raggiunge livelli eccellenti. Localmente chiamato Breton, il C.F. può essere a ragione considerato il responsabile dell’interesse che critica e pubblico hanno mostrato negli ultimi anni verso i vini rossi della Loira. 

I rossi di Bourgueil e Saumur-Champigny, così delicatamente fruttati, eleganti ed equilibrati sin nella giovane età, caratterizzati da tannini fini e maturi si fanno bere d’un fiato. Il che non impedisce, secondo quanto dice (fornendocene anche liquida prova) Pierre Caslot del Domaine de la Chevalerie, di invecchiare magnificamente. Non va nascosto il fatto che a vini gustosi e ben fatti, con cui riscopri la voglia di bere e non solo di assaggiare, se ne affiancano altri di dubbia qualità:  questo dipende non solo dalle annate, che qui contano parecchio, ma dall’esperienza e dalla mano del vigneron.

In definitiva credo proprio che quest’area in generale meriti di essere approfondita, ma senza tardare troppo perché l’effetto Bordeaux-Borgogna sull’escalation dei prezzi, prima o poi finirà per contagiare questo angolo relativamente puro della Francia e noi italiani certi prezzi non possiamo (e non vogliamo) permetterceli.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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