Villa Corsini a San Casciano è, come si capisce dalla foto, una dimora meravigliosa e vale da sola la visita. Se poi ci mettiamo i rinati giardini appena aperti al pubblico e, last but not least, la degustazione dal titolo “Perché Nord”, era molto difficile resistere a questo triplice richiamo.
Lasciamo da parte i primi due “richiami” e concentriamoci sul terzo, cioè sulla degustazione organizzata dall’Associazione San Casciano Classico che ha visto Antonio Boco e Paolo de Cristofaro, quelli che ormai da tempo chiamo i gemelli diversi della critica enogastronomica italiana, presentarci in maniera approfondita ma giustamente scanzonata l’ UGA San Casciano in “confronto” con la DOCG Taurasi.

Ho messo “confronto” tra virgolette perché in realtà sia la presentazione che la degustazione hanno ruotato sul cercare di far capire che essere più o meno a nord o a sud in diversi casi significa ben poco: l’importante sono le caratteristiche (climatiche, pedologiche, agronomiche e non ultime culturali) di un territorio che, specie con la situazione climatica attuale, vanno interpretate per capire realmente le caratteristiche dei vini di quella zona.
Per esempio L’UGA San Casciano, non certo una di quelle più famose e conosciute, ha caratteristiche pedoclimatiche particolari e, pur essendo quella più a nord della denominazione Chianti Classico, i sangiovese che qui nascono non hanno certo le caratteristiche di austerità e durezza giovanile che, partendo dal “concetto Nord” si potrebbe immaginare. All’opposto, degustando i due Chianti Classico annata (Calcamura 2022 e Avenne 2021 di Baciate me) ci siamo trovati di fronte a vini dinamici, per niente austeri e molto godibili, specie se parliamo del primo vino, per me una vera e bella sorpresa.

Molto interessante è stato anche il ragionamento sul senso e il ruolo delle UGA: Antonio e Paolo sono stati molto chiari nel precisare un dato che reputo fondamentale e cioè che ad oggi è impensabile che una UGA porti a corrispondenze univoche nei Chianti Classico che vi vengono prodotti. Il senso di una UGA è adesso da un lato quello di una lettura più attenta e circoscritta di un territorio e dall’altra, aggiungo io, quella di fare gruppo, creare una coesione partecipe tra i produttori che porterà con sé crescita tecnica e qualitativa dei vini.
Cosa che, purtroppo posso dire che manca quasi del tutto in Irpinia, dove una visione coesa del territorio è ancora lontana dal nascere.
Come detto durante e dopo la presentazione sono stati degustati dei vini: in particolare quattro Chianti Classico dell’UGA San Casciano e quattro Taurasi. Non credo sia il caso di farvi un resoconto della degustazione ma alcune impressioni voglio darvele. La prima riguarda la soddisfazione di vedere scegliere tra i quattro, dopo una degustazione che ha coinvolto tutte le cantine di San Casciano, il vino di Ovidio Mugnaini, vincitore del Premio Gambelli nel 2024. Questo vuol dire che il sangiovese in purezza della Sala di Torriano è sembrato ai due colleghi molto rappresentativo del vitigno e del territorio e di questo non posso che essere contento.

Passando ai Taurasi non posso che confermare quanto sostengo da anni, cioè che parlando di aglianico siamo di fronte a un vero “vinosauro”, dove alcol, tannino, concentrazione (e non ultimo alcune dosi di legno non omeopatiche) portano a vini che hanno bisogno spesso di minimo 10-12 anni per potersi presentare sul mercato. Inoltre anche la terziarizzazione dell’aglianico, probabilmente perché siamo in un “nord” fresco e freddo anche se posto a Sud, è lentissima e comincia a dare chiari segnali non prima di 10-15 anni. Non per niente Perillo, uno dei produttori più famosi del Taurasi, esce in commercio adesso con la 2013.
In definitiva mi è sembrata una manifestazione che ha messo sul tappeto le reali caratteristica di un UGA, ma soprattutto ha fatto capire quanto sia e sarà importante la coesione tra produttori. Questo messaggio dovrebbe essere portato in quel finto Nord che è l’Irpinia, proprio adesso che sta per partire Campania Stories, l’unica manifestazione per la stampa che riesce in qualche modo a unire i produttori campani e a presentare i vari territori.
Forse il prossimo “Perché Nord” andrebbe fatto in Irpinia, portando giù non solo i sangiovese di San Casciano ma l’esempio di coesione e dinamicità dei vini e dei produttori.