A Capezzana per il vino fatto di sole e silenzi5 min read

C’è silenzio nell’alto stanzone e anche l’aria che entra timidamente dalle finestre aperte lo fa in sordina, come se vedendo quelle uve distese ad aspettarla arrivasse in punta di piedi a sfiorarle, carezzarle, prepararle per un dolce futuro che adesso nemmeno immaginano.

C’è silenzio anche nelle stanze sottotetto piene di piccole botti quasi colme del mosto di quelle uve che, in silenzio e per mesi sono appassite su graticci di canna per poi venir trasformate in vin santo.

Questi silenzi li ho “ascoltati” a Capezzana, sulle colline di Carmignano, dove sono stato invitato ad una degustazione del loro Vin Santo, sicuramente uno dei più buoni della Toscana e quindi del mondo, preceduta però da una visita all’appassitoio e alle stanze dove il vino matura in decine e decine di piccole botti di varie misure.

Benedetta Contini Bonaccosi, ci ha accompagnato infatti prima a conoscere il trebbiano e  il san colombano che daranno vita al  Vin Santo del 2024, e poi nelle stanze dove riposerà per 7-8 anni almeno, accanto ai fratelli delle annate precedenti che lo stanno aspettando. Oltre al silenzio un’altra caratteristica di questi luoghi è il profumo: di  frutta, di mosto, di vino, di tranquilla attesa, di conoscenza e di riconoscenza per un risultato finale sempre di altissimo profilo

Il vin Santo, per buona pace dei fautori dei vini naturali, può essere definito il vino più naturale che esista, perché non solo conserva in sé la primaria caratteristica dell’uva, cioè la dolcezza, ma la amplifica, la sublima, mettendola poi a disposizione dell’uomo per creare un nettare che chi lo assaggia non dimentica.

Ma il vin santo, vino fatto dal sole e dal silenzio è sempre più difficile da proporre in un mondo dove del sole se ne parla solo collegandolo all’aumento delle temperature e dove il silenzio è quasi completamente assente.

Certo è strano che proprio in un momento in cui tutti noi avremmo bisogno di dolcezza i vini dolci siano in netto calo e anche se il Vin Santo di Capezzana viene venduto tutto, questa tipologia di vini stenti a trovare un suo, anche piccolo, spazio.

Anche sul tavolo dove abbiamo degustato sei annate del Vin Santo di Capezzana lo spazio era poco ma solo perché eravamo in tanti a voler godere di quel bendiddio, specie se la verticale partiva dal 1985 e attraverso 1996, 2001, 2007 e 2013 arrivava a quello che adesso è in commercio, il 2017.

Il 1985 viene da un’annata storica per il vino toscano, una di quelle che ci hanno fatto conoscere nel mondo. Se dal punto di vista enologico dei vini fermi il 1985 è lontano anni luce per il Vin Santo, vino antico per antonomasia e che non veniva fatto molto diversamente da oggi, le differenze sono soprattutto gli anni che sono passati e gli zuccheri residui. Gli anni non si sentono, anzi il vino ti colpisce per profonde note di frutta candita ma soprattutto per una finezza gustativa che si basa non tanto sulla dolcezza ma sulla freschezza. Un vino infinito che sicuramente può andare avanti, diventano ancora più fine, nei prossimi 40 anni

Il 1996 è forse ancora chiuso: viene da un’annata non certo eccezionale in Toscana. Vin Santo molto diverso dal punto di vista analitico, con una percentuale di zuccheri doppia rispetto al 1985 e un’acidità praticamente uguale. In bocca ha maggiore ampiezza e rotondità e una pienezza veramente importante.

Con il 2001 ci si avvicina molto ai tempi odierni, soprattutto per concentrazione zuccherina e densità del vino: note leggermente minerali e floreali ma soprattutto frutta candita e miele e una persistenza incredibile al palato, dove le sensazioni dolci sono ben mitigate dall’acidità.

Il 2007 è in qualche modo un tributo alle annate caldissime e torride, ma viste attraverso un vino passito la situazione cambia perché, proprio per l’annata particolare ha una  concentrazione zuccherina e un’acidità molto alte e un grado alcolico più basso. Un Vin Santo quindi concentrato ma sempre con l’eleganza che a Capezzana non può mancare e che comunque 18 anni tra botte e bottiglia portano come corredo.

Il 2013, da un’annata fresca/fredda e forse l’ultima che c’è stata in Toscana (lasciando da parte la difficilissima 2014), è ancora un po’ burbero ma ha una presenza al palato incredibile, una freschezza notevole e una persistenza quasi infinita. Giovanissimo.

Il 2017, entrato ora in commercio, è un vin santo dai grandissimi profumi di frutta secca e candita che sicuramente, grazie ad un’acidità altissima e a un dolcezza notevole, si evolverà benissimo per i prossimi 50 anni. Un vino che forse ancora non ha tutte le giuste sfumature ma che ha tutto il tempo per crearsele.

Ho cercato di essere sintetico perché alla fine di vini come questi di Capezzana si dovrebbe dire solo che sono BBBBonissimi con quattro “B” e senza la “u”, perché il vin santo, quando e buono (e questi lo sono, alla grande) è un vino che punta non alla nostra parte razionale ma a quella emotiva, scatena e muove ricordi, sensazioni, momenti piacevoli che ognuno di noi ha dentro di sé e che fa bene riportare alla luce.

Grazie Benedetta, grazie Capezzana!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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