Intravino/ Martino Manetti: ce n’era bisogno?3 min read

 Ho aspettato qualche giorno per scrivere e pubblicare questo articolo perché volevo far abbassare il polverone e ragionare  con calma su quella che reputo una brutta vicenda, dove  il brutto non si riferisce solo  alle frasi messe su FB da Martino Manetti, ma sul come sono state  “sottolineate fortemente” da Intravino.

 

Premetto subito che, pur conoscendo  bene Martino e la sua famiglia, quello che scriverò non sarà inficiato da partigianeria. Per dimostrare quanto sia vero dico subito che alcune frasi pubblicate da Martino non solo non mi piacciono, ma le reputo assolutamente sbagliate.

 

Se Martino avesse detto quelle stesse frasi durante uno dei nostri molti incontri gli avrei tranquillamente detto “Martino, smettila di dire bischerate! Uno può anche essere a favore della pena di morte, ma non certo per chi si trasforma in un giustiziere della notte.”

 

Questo gli avrei detto e magari a quel punto avremmo potuto discutere animatamente ma da buoni amici, io di sinistra e lui di destra. Questo, ripeto, in una discussione privata. Facebook non è un luogo privato e Martino (come molti del resto) ha sbagliato a considerarlo come il luogo dove esternare pareri facilmente non condivisibili.

 

Se certe frasi di Martino non mi sono piaciute, ho trovato invece esemplari quelle che lui ha scritto per chiudere la storia. Ha capito di avere esagerato e di aver usato il mezzo e il modo sbagliato, ha chiesto scusa ma ha comunque precisato con pacatezza e equilibrio  il suo modo di vedere le cose: condivisibile o meno, ma quello è. Un uomo, di destra o di sinistra, così dovrebbe fare.

 

Ma questa storia mi ha lasciato l’amaro in bocca per altri motivi. La frase da cui è partito tutto non era stata scritta da Martino qualche ora o giorno prima, ma più di tre mesi fa. Considerando che FB è per definizione concentrato sull’immediato,  vuol dire che si è voluto puntare il dito su una persona “a prescindere” dall’attualità e da lì far partire quella che, se fossimo ad altri livelli, verrebbe chiamata “macchina del fango”.

 

 Una macchina che colpisce l’incauto che, travisando il mezzo o magari cercando di fare più o meno goliardicamente la battuta forte, pensa in perfetta buonafede di farla tra “amici”; ma gli amici di Fb  sono come i cazzotti che, recita un vecchio detto toscano “ce ne sono di tanti tipi.”

 

 Non voglio  pensare che Intravino abbia fatto questo per avere maggiori contatti (altrimenti potrei essere tacciato anch’io della stessa cosa..) ma non riesco a capire perché. Perché ritirare fuori dall’archivio polveroso di FB una cosa detta più tre mesi fa e da lì far partire un meccanismo che, se non stoppato bene da Martino, poteva portare problemi non tanto a lui quanto alla sua azienda? Perché riesumare un commento-cadavere? Qualcuno potrebbe obiettare che l’errore contenuto in certe frasi non ha età, ma non capisco ancora il perché di tanto accanimento quando attorno a noi i problemi del mondo del vino sono molteplici e molto più gravi.

 

MI viene da pensare che, essendo anch’io uno di quelli che usa FB come se fossi “tra amici”, potrebbe accadermi la stessa cosa. Infatti, molti dei miei commenti potrebbero essere letti in modo strano, facendomi passare per uno stupido, un essere superficiale, che scrive cose assurde o scherza anche dove non se ne sente il bisogno. Magari qualcuno potrebbe andare a cercare qualche mia battuta di 3-4-5 mesi fa e spararla da qualche parte. In un contesto diverso non ci vorrebbe molto a creare un “caso Macchi” dal quale sarebbe certo non facilissimo tirarsi fuori.

 

Insomma, da questa vicenda credo che ne usciamo tutti con meno sicurezze, meno fiducia nel prossimo, meno voglia di confrontarsi pubblicamente e per questo non posso che essere triste.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Intravino/ Martino Manetti: ce n’era bisogno?3 min read

  1. Tre mesi dopo perché? Perché a quel tempo c’era da “demolire” Bressan e un altro caso in contemporanea avrebbe diminuito l’efficacia della campagna denigratoria. Poi devi tener conto che Slow Wine, immediatamente intervenuta a mandare dietro la lavagna i vini di Bressan, non avrebbe mai usato lo stesso peso e la stessa misura con quelli di Manetti per non avere grossi contraccolpi internazionali di credibilità . Inoltre penso che per un politically correct fighetto fosse più importante difendere l’onorabilità  di un ministro incompetente e spendaccione: credo che il colore della sua pelle c’entrasse come i cavoli a merenda. Infatti anche Bressan si era scusato sul Messaggero Veneto, ma lorsignori hanno ritenuto le scuse insufficienti…

  2. Caro Carlo, raccolgo il tuo invito ad un supplemento di spiegazione ricostruendo la vicenda.

    Intravino esce con una Top 100 delle cantina italiane in cui non compare Montevertine. Ho chiesto all’editor Andrea Marchetti il perché della scelta (che immaginavo avrebbe fatto discutere), ricevendo come risposta: “Ale, io non voglio associare il mio nome a chi scrive certe bestialità “. Da settimane mi capitava di esternare con amici un certo disappunto per certe frasi che leggevo e con cui ho anche interagito, considerando questo luogo semi-pubblico qual è e ritenendo le parole che ci viaggiano aderenti al pensiero di chi le veicola. Lo scambio fu scoraggiante e rimasi molto amareggiato.

    La Top 100 va online tranquilla per la sua strada e solo dopo alcune sollecitazioni sull’assenza di MV Andrea risponde, condivisibilmente o meno, e riconducendo l’assenza a generiche “dichiarazioni piuttosto “infelici” di chi rappresenta MV”. Senza alcun tono scandalistico o provocatorio ma fermo sul punto.

    In risposta, intervengono prima il tal Braganti Michele che esordisce con “Esimio Andrea Marchetta” e poi lo stesso Martino con “No, no, ora questa me la spiegate. E per bene, mi raccomando.”
    Si crea un po’ di tensione ma le parole di Tomacelli sono chiare: “Non mettere aziende con cui non si ha sintonia è scelta opinabile ma libera e come tale va accettata, condivisibile o meno”.

    Per noi la cosa finisce qui ma è proprio adesso che inizia a svilupparsi una certa attenzione verso queste dichiarazioni “infelici”. Accadde lo stesso con Fulvio Bressan, che da settimane purtroppo esternava senza il minimo contegno, disattendendo le più normali regole di espressione civile.

    A questo punto, Antonio Scuteri (giornalista di Repubblica) si chiede su Fb: come mai per le parole di Bressan si scatenò il putiferio mentre nel caso di Manetti, le cui parole sono quantomeno fuori dalla grazia di dio, tutto tace?

    Domanda che mi ero posto anche io Carlo, e che posi anche a te notando una certa disparità  di attenzione e peso specifico. E te lo chiesi avendo una mia idea ben formata perché l’episodio di Fulvio Bressan fu emblematico per me: da tempo leggevo quelle parole ma relativizzandole sulla persona (i cui vini ho apprezzato, scrivendone anche). Però con certe parole c’è ben poco da relativizzare, ci pongono fuori da un consesso civile e proferirle in pubblico ha un peso rilevante che non possiamo trascurare perché inquinano un ecosistema di pensiero in cui abitiamo tutti.

    Su FB lavoriamo, giochiamo, scherziamo, ci scorniamo ma nulla, nulla, ci autorizza ad usare il mezzo per veicolare i nostri istinti peggiori e i nostri pensieri più aberranti.
    Che poi tutti noi, nella vita offline, si sia meglio o peggio questo è un altro discorso che nulla aggiunge e nulla toglie. Io credo molto nella veridicità  del mezzo – almeno in molti casi – perché è il naturale controllo incrociato dei contatti che lo rende veritiero. Tu sei esattamente cazzone come di persona, altri sono più seri, altri pedanti, altri casinisti, altri…

    Tornando a noi: le frasi peggiori di Martino iniziano a girare, Dissapore ne parla per primo e Intravino, a ruota, pone la questione praticamente negli stessi termini in cui fu posta con Fulvio Bressan, parlando di “suicidio social mediatico”. A chi parla di macchina del fango o, più erroneamente, di “metodo Boffo” farei notare che qui niente di niente è stato inventato o romanzato ad arte. Martino ha scritto bischerate per alcuni ed oscenità  per altri, parlarne visto il rilievo pubblico del personaggio e dell’azienda che rappresenta è stata una conseguenza informativa direi naturale.

    Interessa? Non interessa? Io dico che l’articolo è stato sobrio e per nulla pretestuoso, ha posto una questione lasciando che sia il lettore a scegliere il proprio punto di vista: qualcuno è rimasto basito, qualcun altro ha additato Intravino quale causa di ogni male, qualcun altro ancora ha preso decisioni in virtù delle informazioni raccolte su MM.
    A differenza di Fulvio Bressan, però, dopo una iniziale incertezza, Martino ha inquadrato diversamente la situazione e prontamente ci siamo premurati di dare ampio rilievo alla presa di coscienza, importante e sincera. Le scuse sono arrivate quali conseguenza auspicabile di un riconosciuto stato di cose, non prima né automaticamente. Insomma, se faccio una cazzata e nessuno dice niente tutto fila liscio ma se qualcuno la nota ho modo di ritornare sui miei passi. Ora come allora, non si sta affermando che tizio o caio siano razzisti o altro. Per quanto mi riguarda si sta dicendo che certe dichiarazioni in libertà  lo sono e in quanto tali vanno considerate.

    Dietrologismi e speculazioni sulla vicenda, tipiche di chi cerca il marcio dove non c’è , onestamente, mi interessano poco. Tra i quasi 3.500 articoli di Intravino se ne contano parecchi non meno che entusiastici su Bressan e Montevertine, e vorrei ben vedere. E non scriviamo post per farci amici o nemici ma per offrire un punto di vista, su questioni molto serie o su episodi ed accadimenti marginali.

    Le dichiarazioni pubbliche o semi-pubbliche che ciascuno di noi veicola sui social media hanno valore e non poco, sempre. Ci qualificano come persone, come professionisti, come cittadini. In famiglia abbiamo tutto il diritto di parlare in libertà , in certa misura anche al bar. Fb è una arena nuova e necessità  un minimo di accortezza nell’uso e, per rispondere alla tua domanda Carlo, no, se consapevolmente o meno scrivi qui quello che pensi davvero, e sono le stesse cose che potresti sostenere in una conversazione pubblica, perché preoccuparsi?

    I due episodi di cui ho parlato riguardano un uso fuori dalle righe che non possiamo accettare e di cui ciascuno di noi si assume la responsabilità .
    Come Martino, come te, mi auguro di avere amici pronti a farmi notare se scrivo stronzate, quando, come e perché. Fino a poche settimane fa scrivevo speso “finocchio” a mo’ di “insulto” giocoso, fino a quando qualcuno non mi ha fatto notare la natura intimamente offensiva dell’espressione. Quel qualcuno aveva ragione, come aveva ragione mio babbo da piccolo quando mi dava uno scappellotto se dicevo “handicappato” come fosse un’offesa: lo era, ma alla mia intelligenza.

    Per concludere, Carlo, non vedo limitazioni alla nostra azione online, nessuna. E su Fb ci passo più tempo di tutti. Non vedo limitazioni nella misura in cui non si scada in posizioni che ci si vergognerebbe di sostenere in un contesto pubblico qualsiasi. E se io invocassi l’espulsione immediata ed indiscriminata dei “negri”, tu avresti tutte le più buone ragioni del mondo per considerarmi alla stregua di un sub-umano.

  3. Non c’è bisogno di arrampicarsi sui vetri né scrivere romanzi per giustificare un’altra gogna mediatica. Basta aspettare un po’ e ne arriverà  un’altra, contro un altro produttore di vino. C’è chi ci sguazza e continuerà  a sguazzarci, anteponendo al vino di cui dovrebbe scrivere i propri giudizi etici, morali e politici. Una scelta del genere non è da opinionista di vini, ma da Savonarola della mutua (secondo l’azzeccata definizione di Tommaso Farina) e si andrà  ancora a spulciare qua e là  frasi da usare per imbastire dei post dedicati a tutt’altro che al vino. All’estero, dopo quello che è successo con Bressan, ho raccolto questa opinione: “journalist boycott, however, is wrong. Wine journalists or critics are not there to judge the morality of producers. It would be a dead end. Those who boycott perhaps want to avoid the contradiction of condemning Bressan as a person while praising his wines, as they objectively deserve”. Parla dei giornalisti del vino e dice che Il boicottaggio mediatico, tuttavia, è sbagliato. I giornalisti del vino o i critici non sono lଠper giudicare la moralità  dei produttori. Sarebbe un vicolo cieco. Quelli che boicottano forse vogliono evitare la contraddizione di condannare Bressan come persona pur lodando i suoi vini, come oggettivamente meritano.

  4. Non basta commentare a sfinimento con lo stesso disco rotto per avere ragione, signor Crosta. Se per lei argomentare è arrampicarsi sugli specchi mi dispiace ma capisco, avere solo una idea preconfezionata e riproporla in ogni luogo è molto più facile, come lei mi insegna. Se ne è convinto, buon per lei.
    Inoltre, qui NESSUNO ha usato la parola boicottaggio cui lei dedica pensieri rivolti a non so chi.
    Trattasi di scelta privata rispettabile in ogni caso ma parlarne in questa sede è fuori luogo.

  5. Lei? Ma guarda…. beh, la parola usata da quel giornalista straniero è “boicottaggio mediatico”, quindi lei ha preso soltanto una parte (abituato a estrarre pezzettini da ciò che scrivono gli altri?). E io ripeto dove voglio e come voglio ciò che ho da dire, esattamente come sta facendo lei in tutti i posti che io vado abitualmente a leggere, dicendo lei le stesse cose trite e ritrite e meritando le stesse risposte. Smetta di arrampicarsi sui vetri e scriverò diversamente.

  6. Caro Alessandro, a proposito di posizioni prese ricordo che su Bressan, pur non condividendo assolutamente quanto aveva detto, ero uno dei pochi contrari al boicottaggio. Sulle frasi di Martino, pur non condividendole assolutamente, non solo sono contrario al (peraltro mai messo in campo, ma se non metti Montevertine fra le migliori 100 cantine d’Italia…) boicottaggio ma, conoscendolo abbastanza, rimango convinto che certe sparate (che non condivido, ripeto) non lo rappresentano.

  7. Riprendo il commento riportato da Morichetti di tal Braganti :

    “In risposta, intervengono prima il tal Braganti Michele che esordisce con “Esimio Andrea Marchetta” ”

    per dire che dove circola questo personaggio la zizzania è assicurata, vero sig. Braganti o briganti ??

  8. Premessa. Le fesserie tali sono e tali rimangono. Detto questo “ Le lobby della rabbia hanno imparato a usare i nuovi media con maggiore efficacia dell’informazione classica. L’urlo attrae l’attenzione meglio della voce pacata , l’insulto fa più audience della domanda, la calunnia raschia più a fondo della critica”. E’ una frase che avevo scritto su WF a proposito di un altro dibattito ma la sostanza rimane. Mi rendo conto che nel mondo in cui viviamo è sempre più difficile ragionare con pacatezza, e la Rete, non è il posto più indicato. Però credo valga la pena di provarci. Le parole sono importanti a prescindere

  9. intravino (come Repubblica) ha fatto bene a dare notizia delle “stupidaggini” scritte su Fb da Manetti, e a sottolineare (anche in seguito a varie sollecitazioni) il perche’ ,della sua esclusione,dalla top 100.
    Cosi’ come ancora fece benissimo ,(non solo Intravino,ma tantisssimi siti e giornali italiani ed esteri) dopo le dichiarazioni “sub.umane” di quella persona, di cui molti apprezzavano i vini.
    Io sono stato uno di quelli favorevolissimo al boicottaggio dei vini di Bressan ed ne ho tutte le ragioni, il diritto ed anche il dovere di farlo,dopo quelle farneticazioni (anche per non cadere nella contraddizione di cui si parlava nel “commento” precedente, nel dover distinguere vino e personaggio).
    Non penso si tratti di macchina del fango, ma di opinioni libere,totalmente divergenti, dalle sue e da quelli di altri.
    Non vedo nessun Savonarola e nessun piano per infangare, ma trasparenza e liberta’ di informare, onestamente.

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