Sei anni fa ci lasciava Giulio Gambelli2 min read

Sei anni fa, il 3 gennaio 2012, ci lasciava Giulio Gambelli.

Ogni tanto (abbastanza spesso per la verità) mi piace ricordarlo e sono quasi sempre bei ricordi. Gli unici negativi riguardano i primi tempi dopo la morte, quando ci fu la corsa a salire sul carro del vino gambelliano, anche da parte di chi faceva e produceva vini in maniera opposta.

Per fortuna dopo un po’ di tempo la “moda” del vino gambelliano si è placata, trasformandosi in quello che era ed è sempre stato: una serie di azioni semplici e lineari, rispettose, che portavano a fare dei vini non solo buoni ma profondamente veri.

Del resto sarebbe stato Giulio il primo a voler poco scalpore attorno al suo nome, sminuendo i suoi meriti con una scrollata di spalle o con un’occhiata che valeva più di mille discorsi.

Quindi anche queste poche parole non saranno una commemorazione ma solo un modo per ricordare cosa e quanto è stato fatto per ricordare nella giusta maniera Giulio Gambelli.

Per prima cosa il Premio Nazionale Giulio Gambelli che, giunto alla sesta edizione, è diventato un punto fisso nel panorama nazionale, nonché l’unico che premia i giovani enologi. Tra pochi giorni ci saranno gli assaggi per decretare il sesto vincitore, che verrà premiato a Montepulciano durante le anteprime toscane.

Ma forse la cosa più bella, quella che sicuramente sarebbe piaciuta di più a Giulio, è che la sua memoria è viva, affettuosamente viva in tante persone. Persone che non lo sbandierano a destra e a manca ma che conservano con tenerezza ricordi dei momenti passati con quest’uomo schivo e mite, talmente educato da aver trasformato un “ragazzaccio maleducato” come il sangiovese toscano in qualcosa di elegante è rigoroso.

Voglio fare due esempi: l’essenziale, magistrale e commovente lapide che Tommaso Marrocchesi ha voluto a Bibbiano e l’assaggio dei vecchi vini di Giulio che ha riunito un gruppo di amici e giornalisti. In entrambi i casi i toni sono stati pacati, amicali, nessuno ha fatto proclami, seguendo con rispetto “lo stile Gambelli”.

Grazie Giulio per averci insegnato così tanto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Sei anni fa ci lasciava Giulio Gambelli2 min read

  1. Lode a te che ogni anno ricordi con semplici ma affettuosissime parole Giulio Gambelli, la cui figura umana e professionale non sarà  mai dimenticata. Lode anche a chi ha ideato la targa, parole migliori non sarebbero state possibili

  2. Il “ragazzo di bottega” di Tancredi Biondi Santi è stato un grande del Sangiovese di Toscana, un uomo generoso e coerente nella sua assoluta semplicità . Ricordo le sue visite in cantina (era un’iniziativa intelligente del Consorzio del Brunello) e le sue osservazioni sempre precise, e sempre discrete. Una grande persona, oltre che un grande tecnico.

  3. PS caro Carlo, lui non ha trasformato proprio nulla e, da quella persona modesta e sincera che era, sarebbe il primo a fartelo notare. Per lui il Sangiovese andava vinificato e affinato con modalità  che non ne deviassero la natura, come da sempre alcuni facevano e dopo il suo esempio molti di più. Può sembrare poco, ma è moltissimo.

  4. Infatti Stefano non ho detto che lui trasformava, ho detto che la moda di fare vino gambelliano si era trasformata. Non mi riferivo al modo di fare vino ma al modo inteso da altri di fare vino.

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