La prefettura a Gorizia si trova in Piazza della Vittoria. La piazza è in realtà un triangolo, una precisa punta di freccia che punta (ops!) verso nord e a nord c’è il Collio. Inoltre se consideriamo che in Piazza della Vittoria c’è una chiesa dedicata a Ignazio di Lojola, fondatore dell’ordine “quasi guerriero” dei gesuiti, la presentazione della prima edizione di Collio Evolution 2025 fatta in prefettura potrebbe anche essere spiegata con la voglia quasi guerriera dei produttori del Collio di mostrare al mondo le meraviglie del loro vitigno autoctono più autoctono che esista, il friulano.
Invece Piazza XXIV Maggio a Cormons è un rettangolo irregolare, figura geometrica molto meno aggressiva, molto più accondiscendente e adatta così ad un vino molto accondiscendente ma concreto, come il Friulano. Il rettangolo irregolare ci accoglie con una giornata che in onore al nome potrebbe essere, appunto, di maggio: sole e aria frizzante come in una primavera ancora poco convinta di passar mano all’estate. Ma siamo a fine ottobre e quindi ringraziamo “San Friulano” per questa stupenda giornata dedicata a se stesso, “assaggiabile” sia nelle belle e attrezzate sale dell’Enoteca di Cormons che assieme ai produttori nelle sale del Comune.

Da una parte 118 Friulano da degustare, dall’altra 50 aziende con una bella fetta dei loro vini oltre al Friulano: insomma un panorama molto ampio sul Friulano e sul Collio, territorio collinare di confine che anni fa era praticamente sinonimo di vino bianco in Italia. Poi le cose sono cambiate, il Collio è diventato più “trasparente”, affiancato e spesso superato nelle vendite e nella riconoscibilità da altri territori enoici a matrice bianchista. I rimedi? Qualcosa, non certo di nuovo, ha provato a dire il rapporto di Nomisma presentato durante l’inaugurazione nella “punta di freccia” e non sarò certo io quello che porta ricette salvifiche, quindi veniamo ai vini.
Con 118 Friulano e 50 cantine avevamo l’imbarazzo della scelta e così , dato che per la nostra guida degustiamo sempre le ultime annate mi sono messo a spigolare tutte le vecchie annate, partendo dal 2019 e arrivando fino al 2001.
Non c’erano naturalmente tutte e 19 le annate, ma il quadro è stato comunque esauriente per capire ciò che già dentro di me sapevo e cioè che il Friulano in Collio non solo può invecchiare bene ma spesso deve invecchiare almeno un po’ per permettere alla sua sapidità e rotonda potenza di distendersi e ai suoi fini profumi di mostrarsi al meglio.
A proposito, i profumi sono veramente belli: fino ai 5-6 anni mantengono sempre il floreale per poi convertirsi, in parte, in minerale e idrocarburo, mentre la bocca rimane sempre sapida e spesso molto dinamica eppur avvolgente.

E’ un vitigno con le scarpe grosse e il cervello fino, che dà soddisfazione al naso e al palato anche dopo anni: non per niente tra poco proveremo anche fare una classifica di annate per chi ha intenzione di provare qualche bottiglia più o meno invecchiata di Friulano.
Anche i colori si mantengono giovani, pur se ci sono passaggi in legno e questo della giovinezza generale ma senza eccedere è un dato che si ritrova, una caratteristica chiara. Non sono vini aggressivi o sorprendenti, sono vini che ti convincono con sapidità e rotondo equilibrio in bocca e la finezza del naso.
Dopo aver detto che invecchia bene bisogna anche dire che in teoria il friulano non sarebbe un vitigno adatto a invecchiare: acidità piuttosto basse e pH alti, non sono certo un bel viatico per affrontare il tempo, eppure quest’uva autoctona, perfettamente adattata a questa terra, porta con sé il “segreto” della sua longevità, declinato in maniera diversa a seconda del produttore con cui parli. Rese più basse, viticoltura più attenta, piante più in equilibrio, maggiore attenzione nei momenti critici della maturazione, potatura verde o non potatura verde, forme di allevamento diverse e potrei dirne altre, ma forse il vero segreto di quest’uva e una vera e propria simbiosi con i produttori e con il territorio, una specie di prolungamento delle loro mani che si esprime in perfetto accordo con la terra che la sostiene.

Ma lasciamo il segreto del Friulano a chi riuscirà a svelarlo e veniamo ai consigli per chi penserà (giustamente) di cercare qualche vecchia annata, sia per provare a capirlo che, più semplicemente, per godere di un’ottima bottiglia.
Partiamo in generale dal consigliare qualche annata per poi, mi voglio rovinare, passare ai vini.
Sicuramente la 2019, annata quasi perfetta e ancora con vini dai finissimi profumi primari e dalla bocca dinamica, concreta, succosa.
La 2018 è un gradino sotto, più in bocca che al naso: gli manca ciccia ma i nasi sono molto fini e piacevoli.
La 2016 è sorprendente per dinamicità al palato e sapidità, con nasi che incominciano a virare verso note minerali.
La 2015 è un po’ matura al naso, con bocche però belle rotonde.
La 2012 conserva ancora il calore dell’annata e la potenza aromatica di una vendemmia calda.
Tra i vini invece.

Quello che mi ha veramente lasciato di stucco è Il Collio Friulano 2001 di Carlo di Pradis: Giallo dorato brillante, naso con legno ben fuso e note floreali, di burro e lieviti. Bocca veramente grande, fresca, sapida, profonda, dinamica, molto potente e di grandissima persistenza.
Buonissimo nonché graditissima conferma (Vino Top nella nostra guida 2020!) Il Collio Friulano 2019 di Alessio Komjanc: floreale intenso, e finemente speziato con anice e menta. Sapido, pieno, elegante.

Sorprendente anche il Collio Friulano 2012 di Drius, con al naso note minerali che puntano nette sull’idrocarburo. In bocca è veramente esplosivo, corposo, rotondo e molto persistente.
Veramente elegante il Collio Friulano Valeris 2015 di Muzic: pietra focaia e erbe officinali al naso, dinamico, molto sapido, vivo, di grande lunghezza e molto, molto piacevole.
Chiudo con il Collio Friulano 2016 di Gradis’ciutta: profumi eleganti e netti verso noti di idrocarburo, bocca di ottima struttura, sapida e dinamica.
A questo punto non resta che darvi appuntamento all’edizione 2026 di Collio Evolution, che dovrebbe vedere sugli scudi l’altro grande vitigno autoctono locale, la ribolla gialla.
 
      