Se qualcuno di voi ha letto qualcuna delle “sfide a tre” dove abbiamo presentato a confronto Chardonnay, Sauvignon, Pinot Grigio, Pinot Bianco e Gewürztraminer di Alto Adige, Friuli e Trentino avrà capito che l’annata 2024 attorno a Bolzano non è certo stata di alto profilo.
Dopo questi cinque articoli in cui abbiamo vivisezionato le principali uve bianche in regione, per concludere il discorso bianchi relativo all’Alto Adige prendiamo qui in considerazione solo i vini da vitigni aromatici (moscato giallo) e semiaromatici (Kerner, Grüner Veltliner, Sylvaner, Müller Thurgau e Riesling) nonché gli uvaggi.
Ma prima dei vini vogliamo e dobbiamo dire grazie! Grazie al Consorzio Vini Alto Adige a IDM Sudtirol che ci hanno organizzato le degustazioni e soprattutto alla Cantina di Bolzano che ci ha permesso di utilizzare le sue strutture per una settimana, mettendoci a disposizione tutto quanto poteva servire per fare al meglio il nostro lavoro.

Venendo invece ai vini dobbiamo premettere che di alcuni vini non avevamo una massa critica per poter dare un giudizio, ma sia per i kerner che per i Riesling l’annata non è stata così complicata come per altre uve. In primo luogo perché quando si parla di queste uve ci si riferisce non solo alle zone famose e più conosciute della Strada del vino, ma anche alle Valle Isarco e alla Val Venosta, zone con climi e microclimi diversi rispetto alla zona “centrale” che da Egna arriva fino a Bolzano. Per quanto riguarda i Kerner la vendemmia 2024 ha permesso ai vini di avere una buona freschezza e aromi classici, a cui si unisce spesso anche una struttura di buon livello. Il fatto che tra loro vi siano ben due Vini Top lo dimostra.
I Riesling hanno mantenuto una discreta freschezza ma forse non avranno la longevità che intravediamo per i Kerner.
Per le altre uve possiamo parlare solo “ad vinum”, senza una veduta generale e comunque non ci sembra che dopo la “sbornia” iniziale di 15-10 anni fa, dove pareva obbligatorio piantare sylvaner e Grüner Veltliner, gli ettari e la voglia di coltivare, vinificare, imbottigliare e vendere questi vitigni sia cresciuta. Ci sembra invece l’opposto: gli impianti sono fermi da diversi anni e la curiosità enologica sembra oggi più mirata verso i PIWI, anche se i risultati (per i pochi campioni degustati non solo quest’anno ma anche in passato) non ci sembrano ancora di alto profilo.

Di Müller Thurgau ne abbiamo degustato uno solo, del 2022, ma ci è bastato: non solo è risultato il miglior vino dei nostri assaggi altoastesini in bianco ma (tanto molti avranno ormai capito di chi si tratta) erano anni che non lo trovavamo a questo livello. Forse non sarà rappresentativo di questa tipologia in Alto Adige ma è molto rappresentativo di un’idea di vino dove si rischia molto per ottenere, ma non sempre, altrettanto.
Mettendoci invece a parlare di uvaggi bianchi, qualsiasi siano i tipi di uve utilizzati, il livello qualitativo si abbassa e questa è una notizia che si ripete da diversi anni perché, un po’ come succede in Trentino e in Friuli, puntare a produrre ottimi vini da monovitigno porta a pensare in maniera diversa rispetto a creare dei blend. Un po’ come quando un produttore di bianchi si mette a fare metodo classico. Non per niente blend storici in Alto Adige ce ne sono pochissimi (forse avanzano le dita di una mano per contarli) e questo vorrà ben dire qualcosa.
A questo punto chiudiamo il discorso bianchi dell’Alto Adige e prestissimo passeremo a parlarvi dei rossi (dalla Schiava al Lagrein passando per i vitigni internazionali) e poi chiuderemo con gli spumanti. Come si dice in questi casi, “stay tuned”.