Non pensiamo di essere snob, ma stavolta possiamo sembrarlo perché parliamo di una produzione di appena 300 bottiglie e di un’uva poco conosciuta fuori dall’ambiente, la Nocera. Ma se lo abbiamo scelto per questo turno di Garantito Igp lo facciamo perché è sicuramente di tendenza da più punti di vista. Il primo è la scelta di vinificare un vitigno un tempo molto diffuso in provincia di Messina, molto affine alla famiglia dei Nerello, che resiste in ordine sparso in piccoli appezzamenti contadini. Il secondo è che parliamo di piante ad alberello, un allevamento che risponde perfettamente alle problematiche relative al mutamente climatico e alla sempre crescente penuria d’acqua in Sicilia. Il terzo punto da sottolineare è l’uso dell’anfora per la macerazione e la fermentazione prima di mettere il vino a riposare per un anno e mezzo in botti grandi. Infine il prezzo, assolutamente sotto i venti euro posto che lo troviate.
Insomma il Dromos (il termine archeologico indica il corridoio di accesso alle sepolture antiche) sintetizza quella che è a nostro modesto avviso un insieme di indirizzi adottati da piccoli produttori oltre ad accendere il faro su un’area siciliana ricca di sorprese, così come la dirimpettaia Calabria grecanica con il continuo scambio di vitigni da una parte e dall’altra in attesa del ponte di Salvini.

Ce lo porta un amico, il mitico Marco Contursi, di ritorno dai suoi giri in Sicilia e ne godiamo durante un pranzo estivo cilentano a base di capretto, compreso il soffritto di interiora. Lo produce l’azienda Cantine Lipari a Santa Lucia del Mela in provincia di Messina. E’ stata fondata da Francesco Lipari nel 2014 in Contrada Timpanara, una collina a circa 350 metri che annuncia i Monti Peloritani guardando Capo Milazzo e le Eolie. Appena tre ettari su suolo calcareo e argilloso dove si allevano tre vitigni a bacca rossa (Nero d’Avola, Nocera e Nerello Cappuccio) e tre a bacca bianca (Grillo, Catarratto e Inzolia). Una adesione convinta al territorio e alle pratiche ambientali non invasive.
Il gusto di bere una chicca è un conto, il risultato nel bicchiere è sicuramente un altro e in questo caso abbiamo deciso di segnalarlo proprio perché il vino appare slanciato e moderno nonostante tutte le premesse arcaiche poste dall’anfora e dall’alberello oltre che dal legno grande. Il colore è rosso rubino vivo a tre anni dalla vendemmia, al palato è fresco, leggermente fruttato ma anche con note di macchia mediterranea (suggestione siciliana?). I tannini sono setosi, il vino ha al tempo stesso vigore ed eleganza, accompagna bene il cibo, disseta grazie alla marcata acidità che rende il sorso veloce con un finale che ricorda la frutta rossa percepita in precedenza al naso e un cenno affumicato.
La bottiglia finisce presto e ci siamo detti: lasciamone traccia con il monito di non smettere mai di essere curiosi quando si beve e si scrive di vino.