Se 3200 tappi vi sembran pochi6 min read

Circa un anno fa il nostro Davide Buongiorno ci dette un’idea molto interessante per la guida vini, quella di monitorare i tipi di tappi. Questo non tanto e non solo per conoscere quali tipologie di tappi siano preferite ma anche per capire come queste tipologie aiutino o  invece ostacolino lo sviluppo del vino in bottiglia e, in ultima analisi, fare un punto sullo “stato dei tappi” in Italia.

Qualche numero

Non è facile monitorare alla perfezione i tappi di oltre 4000 vini (i vini spumanti li abbiamo lasciati per il momento fuori dal rilevamento), specie quando devi assaggiare i vini alla cieca, e in effetti ammettiamo che circa un 30% è sfuggito ai nostri rilevamenti. In totale abbiamo monitorato “ solo” 3200 tappi, che comunque crediamo siano un campione abbastanza rappresentativo.

Stranezza con possibili conseguenze

La prima cosa che vogliamo far notare è una vera e propria  (almeno per noi) stranezza, cioè il fatto che diversi produttori ci abbiano segnalato che utilizzano varie tipologie di tappo sullo stesso vino, cambiandolo magari a seconda della disponibilità al momento dell’imbottigliamento: qui stiamo parlando soprattutto di vini giovani, da bersi nell’arco del 2-4 anni. Questa oltre che una stranezza può essere un problema perché se passi dal sughero al tappo tecnico in microgranuli serve molta attenzione per dosare la solforosa in imbottigliamento e, specie nei primi tempi dopo l’imbottigliamento, il vino può avere variazioni olfattive e gustative a seconda sia del tappo che della solforosa usata all’imbottigliamento. Se uno vuole immettere al consumo lo stesso vino con le stesse caratteristiche dovrebbe quanto meno organizzare tutti gli imbottigliamenti allo stesso modo.

La suddivisione per tipologie

Aldilà di questa stranezza, che coinvolge non poche cantine e di alcune risposte esilaranti che sono diventate “cult” in Winesurf (una su tutte: nella scheda vini, alla voce “tipologia di tappo” troviamo la risposta “Uno”) eccovi il quadro uscito dal nostro primo anno di monitoraggio.

Avevamo preso in considerazione otto tipologie di chiusure, in particolare: tappo in sughero naturale monopezzo, tappo in sughero birondellato, Tappo tecnico in microgranuli di sughero, tappo in materiali plastici, tappo a vite, tappo corona, tappo in vetro, tappo in altri materiali naturali(canna da zucchero).

Eccovi le divisione per tipologia:

Tappi in sughero naturale monopezzo: 1406 – (43.93%)

Tappi tecnici in microgranuli di sughero: 1184 – (37%)

Tappi in sughero birondellato: 272 – (8.5%)

Tappi in altri materiali naturali: 131 – (4.09%)

Tappi a vite: 119 – (3.71%)

Tappi in materiali plastici: 57 – (1.78%)

Tappi corona: 28 – (0.87%)

Tappi in vetro: 3 – (0.09%)

Una precisazione dovuta: i nostri assaggi toccano al massimo un 30-35% di vini importanti, vini cioè che spesso anche per disciplinare devono usare tappo in sughero monopezzo.

Tappi stelvin

Considerazioni

Il tappo in sughero monopezzo oramai arriva a coprire, al massimo, il 50% del mercato dei tappi. Il rimanente 50% abbondante è in mano a forme di tappature alternative, che vanno dai moderni tappi tecnici, ai più semplici birodellati, passando per quelli di altri materiali naturali per arrivare agli stelvin.

In particolare i tappi tecnici, soprattutto DIAM di varie tipologie,  vengono nella stragrande maggioranza dei casi usati per i vini giovani (diciamo da bersi mediamente nei 2-5 anni) bianchi o rossi, mentre il birondellato è utilizzato di solito in zone meno famose e per vini (giovani o invecchiati) da prezzi non certo alti.

I tappi da “canna da zucchero” quindi i nomacork sono utilizzati soprattutto su vini giovani e si trovamo “a branchi” nel senso che in molte zone non ne troviamo nemmeno uno e in altre (è successo in due casi) sono la stragrande maggioranza.

Il tappo stelvin, amato da molti noi compresi, ancora non sfonda e lo troviamo soprattutto in Alto Adige e poi in ordine sparso in particolare nell’Italia del nord.

Il tappo in silicone sta definitivamente tramontando mentre quello in vetro possiamo dire che non ha mai visto la luce. Annotazione finale per il tappo corona, utilizzato solo per vini frizzanti o rifermentati in bottiglia.

Sul fronte del sughero naturale, dove Amorim è sicuramente l’azienda leader, la prima cosa da dire è che su quasi 1500 tappi quelli che “sapevano di tappo” saranno stati non più di 10-15. Cifra più che irrisoria, a dimostrazione che oramai la guerra al tricloroanisolo è stata vinta. Sul fronte invece delle deviazioni, difficili da rilevare se non con un secondo campione da stappare, secondo noi siamo ancora in un limbo dal quale non credo ne usciremo a breve. In questo limbo si trovano anche, ma in maniera meno eclatante, i tappi in microgranuli, che vanno suddivisi in due famiglie: da una parte i“macrogranuli”, tappi veramente rozzi, dove i collanti usati portano a note olfattive tragiche, e dall’altra i veri e propri “tappi tecnici” che comunque, in percentuale minima  non sono esenti da qualche deviazione aromatica.

Abbinamento tappo-vino

Oltre a chiedere di specificare i tipi di tappi abbiamo anche parlato con diversi produttori sul tema tappature, assaggiato varie prove, annusato l’aria e sinceramente ci sembra che in tanti casi non ci sia una vera e propria presa di coscienza sull’importanza di usare un sistema di tappatura invece che un altro. A parte quanto dicevamo prima, di produttori che per lo stesso  vino utilizzano sistemi diversi, molti si affidano a X o a Y per i più svariati motivi: dal rappresentante più bravo e convincente, al fatto di essere rimasti fregati da partite di tappi problematici e quindi “saltare il fosso” e usare sempre un’altra tipologia, arrivando fino a “perchè lo utilizzano molti in zona” e ad altre situazioni che però tengono quasi sempre poco di conto (con dati alla mano) se per il vino A vada bene il tappo B o C.

I produttori dei vari sistemi di tappatura stanno sicuramente lavorando sodo per garantire ottimi parametri di sicurezza ma il campo in cui ancora siamo lontani dal capire bene ogni sfaccettatura è “l’abbinamento tappo-vino” e qui deve scendere in prima linea il produttore, che non deve aspettare in cantina chi gli consiglierà il tappo A o B ma porsi domande e fare diversi prove, meglio se avvalendosi di dati analitici e sensoriali raccolti nel tempo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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