Alla ricerca dei polifenoli nel sangiovese3 min read

“Trovare e sperimentare un metodo di analisi rapido ed economico del potenziale fenolico del sangiovese”. Questo in estrema sintesi lo scopo  del convegno “Polifenoli e Vino” che si è svolto venerdì 13 a Montespertoli, promosso e condotto da ISVEA e Vinidea.

 

Da assoluto ignorante nel campo della scienza enologica mi sono seduto sperando di riuscire a capirci qualcosa ed alla fine, dopo una lunga riflessione, credo di aver ingurgitato , ruminato e digerito qualcosa, ma solo qualcosa. Per questo mi scuso a monte per alcune imprecisioni tecniche che sicuramente costelleranno l’articolo.

 

Partiamo da lontano: molti di voi conosceranno, almeno di nome, il quasi leggendario professor Glory, uno dei luminari francesi dell’enologia. Tra le tante cose che ha fatto ha creato anche un metodo per la misurazione dei polifenoli (tannini, antociani etc) e, come conseguenza, una misurazione della maturità degli stessi. Questi esami venivano e vengono fatti in quasi tutti i laboratori di analisi, ma ad oggi  hanno alcune controindicazioni nel lunghezza della procedura e nel costo. Accanto a questo metodo nel tempo ne sono nati altri, tra cui quello dell’AWRI (Australian Wine Research Institute). Questo hanno utilizzato i ricercatori di ISVEA per sviluppare il progetto.

 

Non voglio tediarvi con tutte le varie fasi di quest’ultimo che, nato nel 2012, ha visto  la Cantina Sociale dei Colli Fiorentini mettere a disposizione alcuni filari e parte della cantina di vinificazione.  In pratica sono stati scelti alcuni filari e in vari momenti, sempre più prossimi alla vendemmia, raccolti acini nelle stesse posizioni e poi analizzati. A questi dati, raccolti in due annate non certo spettacolari come 2013, e 2014, si sono aggiunti quelli ricavati dalla microvinificazione (con due protocolli diversi) dei filari interessati.

 

Alla fine cosa si andava cercando: si cercava la conferma che se nelle uve ci sono determinate concentrazioni “positive” di polifenoli, anche il vino ottenuto sarà “positivo”, allo stesso livello; al contrario minori concentrazioni sia di sostanze coloranti che di tannini nelle uve porta a vini…..conseguenti.

 

Scommetto state per dire che non c’era bisogno di tutte queste analisi per scoprire quella che può sembrare l’acqua calda. Starei quasi per darvi ragione se non fosse che per un attimo mi sono messo nei panni dell’enologo della cantina Sociale dei Colli Fiorentini, che in pochissimi giorni deve vinificare quantitativi giganteschi di uve senza riuscire realmente a suddividerle in maniera seria e analiticamente dimostrabile. Per questo sapere a monte (un mese, ma per avere dati precisi bisogna andare a, più o meno due settimane dalla presunta data di vendemmia)  che quell’anno la zona x produrrà uve migliori della zona y o semplicemente che le prime stanno maturando più velocemente delle seconde e quindi programmare la vendemmia e la fermentazione, può servire non poco a produrre vini migliori. Come può servire avere dati storici di riferimento da consultare e confrontare con quelli della vendemmia in corso.

 

Quindi le grandi cantine, quelle che hanno da gestire grandi masse di uva e di vino, che non possono fisicamente sguinzagliare una decina di tecnici ad assaggiare uve dalla mattina alla sera, possono trovare benefici di tempo e denaro con un tipo di analisi meno costosa e più veloce rispetto sia a quella di Glory che, presumo, ad altre in commercio.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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