Sfogo da vecchio: nel vino non abbiamo bisogno di eroi!4 min read

Guide vini che vengono presentate, altre che si presenteranno, tutte che si anticipano sul web. Guide vini sul web (come la nostra) guide che sul web cercano la visibilità che su carta non hanno. ..guide vini per tutti i gusti. Guide che dividono, che creano amicizie pronte a diventare profonde inimicizie (dipende dal punteggio), guide che fanno discutere, che fanno pensare, che fanno incazzare, che fanno decidere di non esserci.

 

Dietro all’universo guide vini, fenomeno molto recente come del resto è recente il boom del vino di qualità in Italia, c’è una storia che un giorno andrà scritta. Storia fatta come sempre di rapporti tra esseri umani, di idee geniali mal trasformate in pratica, di rivoluzioni abortite, di successi, di scandali, di persone intelligenti e/o stupide, di recensori e recensiti.

 

Per non parlare di barricate, di scandali, di prese di posizione epocali o meno, di sdraiamenti sulla linea, di grandi miti creati e distrutti, di litigi ad libitum….

 

Se questo venisse trasposto in un rapporto di coppia qualsiasi psicologo direbbe che le due personalità (chi più chi meno) sono piuttosto disturbate.

 

Io non sono psicologo ma sono convinto che il modo con cui vengono vissute le guide vini (da chi le fa e da chi le “subisce”) sia spesso da ricovero in clinica psichiatrica.

 

Non voglio parlare in questa sede dei produttori di vino, persone molto indaffarate che spesso accettano i giornalisti per quello che sono, anzi per quello che dovrebbero essere: dei rompicoglioni che provano a capire se cerchi di fregare il prossimo e sono pronti a scriverlo e non persone che fanno pubblicità all’azienda.

 

Purtroppo (o per fortuna…non so) molti dei giornalisti del vino sono dei degustisti, cioè persone che per mestiere ma più spesso per dopolavoro mal retribuito (moooooolto più spesso), degustano vini. In questa variegata categoria ci sono tanti che si improvvisano, tanti che ci azzeccano, tanti che ci marciano, tanti che ci credono, tanti che lo fanno seriamente, con coscienza.

 

Del resto gli stessi “gruppi merceologici” potremmo crearli tra i produttori di vino, magari con percentuali diverse.

Insomma l’universo del vino e delle sue guide è un preciso spaccato della realtà italiana: per questo non capisco cosa ci sia di eroico nel non mandare i vini alle guide. Partendo dal presupposto che il vino va soprattutto venduto e riscosso, chi si tira fuori dal coro lo fa non perché si ritiene più puro, ma perchè decide di investire diversamente in promozione.

 

Chi è in guida non è detto sia un venduto, come chi scrive non è detto  sia un pennivendolo altrettanto venduto. Per questo chi rimane fuori non è un eroe, ma solo uno che ha deciso di promuovere la sua azienda in maniera diversa. Molto spesso mi sfogo con Alessandro Masnaghetti sul fatto che tanti vini dobbiamo andare a comprarceli in enoteca, magari di aziende che grazie alle nostre recensioni hanno avuto qualche vantaggio. Questi produttori non sono eroi o martiri ma persone che fanno delle scelte, allo stesso livello dei produttori che mandano i vini alle guide e dei giornalisti/degustisti che li assaggiano.

 

Il problema è che quest’ultimi (di cui faccio parte) nell’immaginario collettivo non fanno mai bene o male il loro lavoro ma solo a vantaggio o a svantaggio di questo o quel produttore. Magari può accadere,  ma se si incominciasse a considerare che la categoria dei giornalisti/degustisti enologici fa un mestiere alla pari di tanti altri forse tante esagerazioni non ci sarebbero, oppure rimarrebbero circoscritte. Tutto questo nel bene di una crescita etico-qualitativa del mondo del vino.

 

In definitiva: mi pare fosse Galileo quello che diceva “beato il paese che non ha bisogno di eroi” e quindi smettiamola di considerare ogni produttore, ogni punteggio o non punteggio ad un suo vino, ogni Aventino enoico, come frutto di un conflitto dove ci sono solo martiri ed eroi. Ci sono persone che fanno un mestiere, quello di fare il vino ed altre che valutano il loro lavoro. Possono sbagliare o fare bene sia i primi che i secondi, senza bisogno di mettersi aureole o medaglie o di subire o infliggere maledizioni. Non serve creare eroi fittizzi per far crescere il mondo del vino.

 

Non lo disse Galileo ma lo dico adesso io “Beato il paese dove nessun produttore di vino o giornalista enologico è un eroe”.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Sfogo da vecchio: nel vino non abbiamo bisogno di eroi!4 min read

  1. Parole sante, che condivo in pieno. Che aggiungere? Un aneddoto carino. Io, e vari altri miei coetanei montalcinesi, siamo stati “iniziati” ai grandi vini francesi e di tutto il mondo da un curioso personaggio, un bresciano che era stato il primo a comprare una azienda nel Brunello. Ci invitava a spettacolari cene preparate dalla moglie, dove spingeva noi ventenni a notare quanto fossero miseri i nostri Brunelli dell’epoca in confronto a Vega Sicilia o Petrus. Ed era incavolato marcio che nessuna Giuda lo recensisse, cosଠarrabbiato che alla fine vendette a Gaja per rabbia. E subito Gaja ottenne tre bicchieri, l’anno stesso. Il mio amico a momenti schianta di rabbia, e compra subito un’altra azienda di Brunello. Morale, quello dei media è un bel gioco, bisogna divertircisi ma mai prenderlo sul serio.

  2. Finalmente un articolo in cui si dice pane al pane e vino al vino. Non mi ero mai pensata di chiamarmi “degusti sta” ma ઠvero con tutte le degustazioni che seguo a Milano e che mi servono per scegliere di che vino parlerò, perché non accetto le bottiglie per scrivere, ma solo quello che ho degustato è scelto. Ma forse altri faranno come me spero!

  3. Spero che questo commento non diventi un’articolessa, perchè il tema merita profonde e variegate considerazioni.
    Provo a essere breve andando per punti:
    1) giornalisti e giornalisti/degustatori. Vengo da una scuola in cui era giornalista chi lo sapeva fare e quindi era iscritto all’albo. Le due cose erano pertanto non solo fungibili, ma in virtù di esse un giornalista era prima di tutto un giornalista e poi, casomai, anche altro. Pertanto, alla bisogna, doveva essere in grado passare dallo sport alla nera, dalla moda agli esteri, con ragionevole disinvoltura. Per questo faccio molta fatica a capire la differenza tra giornalisti e giornalisti/degustatori. Io vedo un’altra differenza, quella tra giornalisti che degustano e persone che degustano senza essere giornalisti. Non credo affatto, chiariamolo subito, che i primi siano meglio o più bravi dei secondi, ma solo che facciano un’altra professione: la quale, appunto in virtù dell’iscrizione a un albo che obbliga al rispetto di certe norme deontologiche, non concede a loro di fare cose che invece agli altri sono concesse. Qualora tali obblighi siano violati, oltre che al lettore il trasgressore ne risponde, moralmente e non, all’ordine e ai colleghi. L’errore che fanno molti produttori di vino è scambiare chi assaggia per giornalista, senza chiedersi cosa faccia davvero di mestiere e a chi ne risponda.
    2) l’eroismo di chi non sta in guida. condiviso: non vedo eroismi, ma semplici scelte. Per dirla tutta, però, non si può far finta di non sapere che le guide costituiscono un “sistema” che include anche servizi di varia natura, manifestazioni, iniziative, etc e che pertanto molto spesso la scelta non è unicamente tra mandare o non mandare i vini (nell’auspicio, più o meno fondato, che poi vi vengano inseriti), ma partecipare o non partecipare al “circus, con i vantaggi e gli svantaggi che ne derivano.
    3) amicizia tra giornalisti (sottolineo giornalisti) e produttori. Personalmente mi onoro di avere come amici alcuni produttori, il rapporto con i quali è assolutamente indipendente dalla mia e dalla loro professione. Sono poi in eccellenti rapporti di conoscenza e familiarità  (che non vuol dire amicizia) con molti altri, per ragione legati al mio lavoro. Tale rapporto si basa su stima e correttezza reciproca, nel rispetto di ruoli e funzioni. Conosco infine più superficialmente una pletora di produttori, sul sentimento dei quali verso di me non mi interrogo. li rispetto, li incontro volentieri, assaggio volentieri i loro vini a prescindere di loro scopi e aspettative. Parimenti non mi offendo affatto se non mi mandano i loro campioni o se non mi invitano alle loro iniziative.
    Che un produttore speri che da una recensione positiva venga “pubblicità ” per il suo vino mi pare umano e comprensibili: mi stupirei del contrario. Se invece crede che i giornalisti (risottolineo i giornalisti, aggiungendo a questi i non molti che, pur non essendolo, si comportano da tali e ai quali va il mio doppio rispetto) siano lo strumento attraverso il quale fare pubblicità  ai propri vini, allora vuol dire che non ha capito nulla e che ciò rappresenta una grave lacuna nella sua professionalità  di produttore.
    In definitiva, non credo esistano produttori eroi, ma nemmeno giornalisti eroi. Non mi piacciono i produttori che considerano i giornalisti degli utili rompiscatole, ma poi cercano di beneficiare dei loro articoli, e neppure i giornalisti a cui piace fare i rompiscatole e credono che tutto gli sia dovuto, tranne poi necessitare dell’accondiscendenza dei produttori, ad esempio quando c’è da fare le guide o da avere partecipanti a qualche manifestazione accessoria.
    Ecco, lo sapevo che veniva un’articolessa…

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