InvecchiatIGP: Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG Opera Prima 2010, Ferraris4 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Con la mia passione ho fortunatamente la possibilità di bere tanti vini che avrebbero diritto ad essere presenti all’interno di questa rubrica per cui, ogni volta, è sempre difficilissimo scegliere quale vino inserire su InvecchiatIGP.

Questa settimana, però, ho avuto nessun dubbio a scrivere di questo Ruchè di Castagnole Monferrato 2010, sia perché, ammettiamolo, è un vino che trova poco spazio nelle carte di winebar e ristoranti (almeno a Roma e dintorni), sia perché non mi sarei mai aspettato di trovare un Ruchè di oltre 10 anni in una forma così  smagliante.

La colpa, per così dire, è di Luca Ferraris, un vignaiolo del Monferrato a guida dell’azienda di famiglia, costruita e fatta crescere con determinazione nel nome della sua grande passione per il Ruchè. Oggi l’azienda si estende per 34 ettari di vigneti di proprietà il cui nucleo originario nasce nel comune di Castagnole Monferrato per poi ampliarsi con altre tre importanti acquisizioni: Vigna del Parroco, Cà Mongròss a Montegrosso d’Asti e Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida.

La famiglia Ferraris

Opera Prima, il vino oggetto di questo post, nasce da un vigneto a corpo unico chiamato Bricco della Gioia. Situato nel versante sud della dorsale collinare che da Castagnole corre verso Asti, è tra i maggiori dell’intera area di produzione e si caratterizza per un terreno sciolto, ricco di calcare e molto povero così da non portare troppo vigore alle piante di Ruchè.

Storicamente, il primo a credere nelle potenzialità di questa uva fu un parroco di campagna. Il suo nome è, a ragion veduta, entrato nella storia: Don Giacomo Cauda.

Classe 1927, arriva a Castagnole Monferrato come parroco nel 1964. All’epoca non conosceva il Ruchè ma venne subito colpito da quell’uva dal sapore gradevole e raffinato, tanto che prova a vinificarla in purezza ed il suo primo esperimento produce ben 28 bottiglioni! Comincia così la sua lunga avventura di prete vignaiolo che regalerà al territorio fama e fortuna tanto che il Ruchè otterrà nel 1987 la DOC. Nel 1993, ormai anziano, cede la proprietà del vigneto ad un suo parrocchiano: Francesco Borgognone che accompagna il Ruchè ad ottenere, nel 2010, la DOCG. Nel 2016 Borgognone divenuto anch’egli anziano, vende la vigna, oggi unico CRU del Ruchè riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura, a Luca Ferraris e, così, il cerchio si chiude.

Bricco della Gioia

Se nota è la paternità resta invece avvolta dal mistero la sua origine, come quella del nome. Alcuni ipotizzano una genesi del nome dovuta alla vicinanza dei vigneti ad un convento benedettino dedicato a San Rocco, oggi scomparso, che si doveva trovare nei pressi di Portacomaro o Castagnole Monferrato. Altra ipotesi vede l’arrivo del

Vitigno nel XII secolo, portato qui da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna. Questa tesi pare però essere tesi smentita da uno studio del 2016 sul DNA del Ruchè, che lo apparenta strettamente a due vitigni tipici del nord Italia, la Croatina e la Malvasia aromatica di Parma.

Tornando al vino in questione, Opera Prima è un Ruchè che, come abbiamo detto, nasce dalla vigna Bricco della Gioia, la cui annata 2010, si caratterizza per un buon equilibrio generale senza quei picchi di caldo che contrassegnano questi ultimi anni.

Questo Ruchè, progettato per essere una sintesi tra struttura e piacevolezza, ha ancora un colore ancora rosso rubino, intenso e nonostante un grado alcolico non certo di poco conto (siamo attorno ai 15 gradi) il quadro olfattivo ha personalità, rigore ma non risente di eccessi o sovrastrutture barocche. Anzi, il naso è finemente speziato di bacche e liquirizia, alloro, erbe medicinali. Poi si arricchisce di sensazioni floreali di viole appassite infine more, confetture e ciliegie. Anche la bocca eccelle: in precisione, equilibrio, armonia e sapore, con fusione tannica e lunghezza di gran valore.

Nota tecnica: la fermentazione avviene in rotofermentatori in acciaio a temperatura controllata per 20-25 giorni, successivamente rimane a contatto con le bucce per altri 20-25 gg secondo la tecnica del “cappello sommerso”. Invecchiamento: 36 mesi in tonneaux di rovere francese da 500 più altri 12 mesi di bottiglia.

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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