Anteprime, ovvero la ritirata della stampa italica4 min read

Lo stare fermo a letto o a giro per casa su una sedia a rotelle ha molti svantaggi e pochissimi vantaggi. Uno dei vantaggi è forse quello di avere molto tempo per pensare e riflettere, un altro, un po’ meno rilassante, è quello di fare il “raccattaposti telefonico” per colleghi che non riescono più ad avere  l’ingresso,  l’alloggio  o tutti e due alle Anteprime toscane (ma non solo a quelle toscane) che stanno per iniziare.

 

Come sapete ha iniziato ad "anteprimare" l’Amarone una quindicina di giorni fa ma tra pochi giorni le anteprime vinose entrano nel vivo con il filotto toscano che in una settimana vedrà sugli altari (in rigoroso ordine temporale) Chianti, Vernaccia di San Gimignano, Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. In ordine sparso seguiranno poi altre zone e territori arrivando fino a maggio con Nebbiolo Prima.

 

Non voglio tornare sul tema infinito se servono o meno a qualcosa ma, alla luce del sempre maggior numero di colleghi italiani che hanno problemi nell’accreditarsi,  vedere come e se sono cambiate  nel tempo  e se si rivolgono sempre allo stesso “pubblico”.

 

Andiamo con ordine: quando nacquero, circa venti anni fa, erano indubbiamente uno dei pochi modi per la stampa italiana e estera di settore di  farsi un quadro annuale abbastanza chiaro dei vini di un determinato territorio. Oggi, specie per la stampa professionista-guidaiola,  questo non è  più vero. Infatti ogni guida o giornale di un certo rilievo riesce a farsi organizzare assaggi nei periodi a lui più consoni, che vanno da addirittura prima delle anteprime (con la solita stampa estera a cui piace degustare l’uovo ancora nel sedere alla gallina) fino al prossimo autunno. Quindi per quanto riguarda i cosiddetti “professionisti dell’assaggio” le anteprime sono più che altro un momento per incontrarsi, scambiare opinioni, assaggiare vini e farsi una prima idea generale dell’annata che però potrà e dovrà essere rivista negli assaggi fatti più avanti. Questo molti organizzatori l’hanno capito e quindi cercano, nei limiti del possibile, di limitare in qualche modo l’accesso ai moltissimi “seriali” (ogni guida ha decine e decine di collaboratori)  che ne fanno richiesta e che comunque dovranno tornare in zona per i veri assaggi.

 

Ma non di soli degustatori seriali vivono le anteprime: vi partecipano molti altri giornalisti che non hanno in testa solo l’assaggio, ma quello che oggi viene chiamato “il territorio”. Giornalisti che guardano più al mondo che circonda il vino che non al vino stesso. Molti di questi vengono dall’estero e, specializzati o meno, oramai da anni sono il vero obiettivo per gli organizzatori di queste manifestazioni.

 

In realtà è proprio questo il grande cambiamento in atto nelle anteprime: la formula è rimasta praticamente la stessa ma cambiano le persone a cui viene proposta. Se fosse un cocktail potremmo dire “un 20% di giornalisti italiani seri, un 5% di pseudo giornalisti italiani un 35% di giornalisti esteri/buyer di varia estrazione e provenienza e per il resto operatori italiani. Infatti la giornata dedicata a enotecari, ristoratori, rappresentanti è diventata per i produttori quasi la più importante del programma.

 

Quindi una serie di manifestazioni (anteprime) nate soprattutto per la stampa italiana si sono piano piano dirette sempre più da una parte verso il mercato estero e dall’altra versi il settore commerciale. Niente di strano o di sbagliato in ciò, ma da questo si potrebbe anche dedurre quanto il peso della stampa italiana di settore sia diminuito e meno sentito da coloro di cui parliamo, che valutiamo e di cui cerchiamo di raccontare storie e vini, cioè i produttori.

 

Le Anteprime negli anni sono cambiate poco o niente, quello che non è più lo stesso (almeno in parte)  è il “pubblico giornalistico” e sono convinto che dovrebbe essere un spunto di riflessione per la categoria.

 

Niente di tragico per carità, solo la constatazione che il giornalismo enogastronomico italiano non solo rischia, ma credo stia perdendo sempre più spazio e credibilità. La cura? Parliamone..

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Anteprime, ovvero la ritirata della stampa italica4 min read

  1. Commento corretto e puntuale, niente da dire. Noi a Montalcino inventammo le anteprime, e furono una novità  spiazzante; un’intera Denominazione che si presenta nel suo territorio, vino, personaggi e storia tutti insieme in un solo fine settimana era un insieme mai visto e imperdibile. Ma una formula troppo ripetuta rischia di perdere il senso del perché è stata creata, e se lo fa diventa la caricatura di sé stessa. Ora assistiamo all’ultima follia, all’ormai stanco pellegrinaggio di colle in colle si sono aggiunti i banchini alla Leopolda delle Denominazioni minori; cosa assurda, perché il senso delle anteprime non è mai stato nel vino che, come dici giustamente tu, è trovabile ovunque, ma nell’occasione unica di entrare in contatto con il territorio di produzione, con le sue logiche e la sua gente. Se togliamo dal vino la sua terra otteniamo solo un liquido rosso con alcol, e la “Toscanità ” ecumenica offerta da Firenze non può surrogare l’ “Ilcinesità ” o la “Polizianità ”. Sono cose diverse, come fanno a non capirlo? Fare un Vinitaly mignon alla Leopolda, e oltretutto solo poco prima di quello vero, non ha nessun senso. Ma non sarebbe più logico rivedere tutto il concetto delle anteprime che, cosଠcome sono, hanno costi enormi e sproporzionati al ritorno di immagine?

  2. I tempi cambiano caro Stefano e i costi di un’anteprima sono più che alti, quasi proibitivi, specie se un consorzio deve ospitare anche molti giornalisti durante l’anno. Da questo nascono le “anteprime seriali”, e i banchetti a destra e a manca. Non so come si possano cambiare in meglio se non forse con aggiustamenti progressivi ma quello che mi fa pensare è il fatto che sempre meno stampa (o pseudo tale) italiana viene invitata a vantaggio della estera. E’ un fatto che segue di pari passo forse il progressivo l’abbandono del mercato italiano a vantaggio di quello estero.

  3. inevitabile.
    la crisi del vino di qualità  in Italia è lo specchio della grave crisi generale. La mancanza di liquidità  ammazza il consumo diffuso dei liquidi di qualità .
    E’ ovvio che se per sopravvivere i produttori debbono guardare sempre di più all’estero, l’importanza del mercato Italia scenda di numeri e attenzione.
    Se si potessero sradicare e esportare anche le vigne, le nostre produzioni sarebbero già  da anni in Polonia o Turchia o Bangladesh, con sede legale a Londra e sede amministrativa a amsterdam.

  4. Stefano definire “Denominazioni minori” il Chianti Classico mi sembra (sinceramente) un po’ riduttivo….

  5. Ma scherziamo, il Classico è “la” Denominazione principe della Toscana, altro che minore! Errore mio, dovuto al fatto che non mi è manco passato per la testa che un gigante simile non faccia un suo evento autonomo a casa sua. Ma gli conviene abdicare alla sua zona e alla sua peculiarità  in favore della Leopolda?

  6. Ieri sono stato all’aenteprima del Nobile di Montepulciano. Le anteprime secondo me hanno un potenziale enorme ma forse come al solito non viene colto. A Montepulciano molti negozi erano chiusi e molti turisti giravano a vuoto. Ok l’anteprima è per gli operatori ma poi in realtà  non lo è . Quindi perchè non fare un giorno per gli appassionati ed un giorno per gli operatori? Gli eventi correlati davvero poca cosa. Se poi c’è una enorme spesa dovuta a cene e pernotto a gratis dei giornalisti ed operatori allora direi che cerchiamo guai. Ospitare a gratis un giornalista che viene per giudicare i miei prodotti è una cosa sana? Non parlo di Veronelli o altri puri ma di persone e giornalisti normali.

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