Al contrario dei tori quando in autunno vediamo rosso noi siamo felici perché vuol dire che siamo davanti ad un bel vigneto di sagrantino. Se poi c’è anche un bel sole il panorama che si gode da Montefalco ripaga qualsiasi viaggio.
Sono molti anni che degustiamo il Montefalco Sagrantino e quest’anno, grazie all’aiuto del consorzio (che ringraziamo!) abbiamo voluto andare anche un po’ indietro nel tempo per capire se “l’arrotondamento tecnico” di questo vino, anno dopo anno, era solo una nostra idea o corrispondeva a verità. Quindi accanto ai vini in commercio abbiamo chiesto dei Sagrantino di almeno 10 anni e oltre, facendo così due degustazioni: la classica, di cui troverete i risultati cliccando sul link qui accanto, e una “chiarificatrice”, che ci ha spiegato ancor meglio il percorso fatto dal Sagrantino negli ultimi 15 anni.

Partiamo dall’assaggio canonico, che presentava soprattutto vini del 2017, annata indubbiamente molto calda. Mentre assaggiavamo il pensiero è andato indietro nel tempo alla caldissima 2003 e il confronto è stato nettamente a vantaggio della più recente. In quasi quindici annate il Sagrantino ha fatto dei “positivi passi indietro” da gigante, arrotondando non di poco la trama tannica, contenendo (nel possibile) la spinta alcolica, usando meno legno e con maggior maestria. In definitiva da un vino potentissimo e difficilissimo da bere siamo passati a un vino potente, da invecchiamento, ma che può dare buone soddisfazioni anche nell’arco dei 4-6 anni. Tra l’altro abbiamo avuto il piacere di conoscere una nuova cantina di cui sentiremo sicuramente parlare e che ha presentato dei Sagrantino di un’eleganza e profondità veramente di alto livello.

La degustazione è poi proseguita con 7-8 Sagrantino di almeno 10 anni, che ci hanno portato indietro fino al 2005. Questa seconda parte non solo ci ha confermato quanto detto prima ma ci ha fornito la prova provata. Da vini con tannicità ancora invadenti e spesso ruvide, con ben poco attorno che ammortizzasse la sensazione astringente, siamo arrivati oggi a vini che hanno sempre tannini importanti ma “ammortizzati” dal corpo del vino. Da alcolicità scisse siamo passati a equilibri maggiori, tutto questo senza sminuire la potenza e la persistenza gustativa.
In definitiva dal nostro doppio assaggio è venuto fuori un Sagrantino che guarda al futuro con una faccia completamente diversa rispetto anche a 7-8 anni fa e questo ci fa molto piacere.
Purtroppo non possiamo dire la stessa cosa per il Montefalco Rosso, un vino che sinceramente stentiamo a capire, nonostante il buon successo commerciale. Dovrebbe essere un vino molto più abbordabile e piacevole ma da molti viene interpretato come un “piccolo Sagrantino” per di più d’antan, quindi con tannini ruvidi e alcolicità piuttosto scisse. In più qualcuno aggiunge una bella mano di legno che, oltre a coprire i profumi, ingessa il tutto. Pochi vini sfuggono a questa regola e mostrano il volto nobile di questa tipologia, ma servono solo a farci fare molte domande sul perché si insista su una strada che porterà, piano piano, a mettere sempre più nell’angolo il vino principe della denominazione, sostituendolo con un qualcosa di simile ma molto meno ancorato al territorio.