“Se il drink che si mette in RTD (Ready To Drink ndr) ha una parte acida, questa va sostituita con gli acidi alimentari (tartarico, malico, citrico) che andranno a simulare il giusto livello di sour senza portare una componente deperibile”. A risponderci da Dubai è Francesco Galdi, Food & Beverage manager del gruppo Buddha Bar.
Un inizio tecnico per una risposta a un fenomeno tutt’altro che banale: i cocktail Ready To Drink premiscelati, preconfezionati, pre…meditati.
“Noto che i drinks ‘spirit forward’ se messi in RTD sono ancora meglio della loro versione espressa – prosegue Galdi – gli ingredienti si affinano ed integrano ancora meglio”.
Prodotti esplosi con la pandemia grazie al delivery ovunque e comunque, i drink RDT non sono tutti meritevoli dei vostri happyhour, a mia modesta opinione, però il Negroni preparato e spedito da Cocktaileria del Golfo ci ha fatto dimenticare per qualche sorso il distanziamento fisico e ricordato il rumore del ghiaccio tra bancone e shaker, anche se, come dice Galdi: “RTD è sicuramente un’interessante finestra di business, ma l’esperienza bar ha quel qualcosa di magico che la rende insostituibile: il fattore umano”. Amen.