Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France, n. 6246 min read

Si tratta di un numero speciale, di 224 pagine, e costa un euro in più degli altri. Secondo tradizione, il primo numero di autunno è dedicato alle Foires aux vins, ossia alle offerte di stagione di vini presso i grandi supermercati e ipermercati.

Questo potrebbe sorprendere il lettore italiano, ma i consumatori francesi sono molto più disponibili  verso la grande distribuzione, che ha comunque fatto enormi passi avanti , sia nell’offerta (non è raro trovare ottime proposte, sia di piccoli vini di qualità  per il consumo quotidiano, sia di cru prestigiosi), che, soprattutto, nella conservazione dei vini. Fatto sta che le principali riviste di vino di Francia, in questo periodo, dedicano tutte ampio spazio a questo tema, e la RVF non si sottrae.

Il  titolo principale di copertina è quindi per le Foires aux vin, che occupano esattamente la metà delle oltre 200 pagine di questo numero. Naturalmente c’è anche dell’altro. Gli  altri titoli in evidenza sono per i Bordeaux 2015 e 2016, riprovati finalmente in bottiglia,il carattere dei vini di Gaillac,  la favolosa storia dei tonneaux dall’antichità ad oggi , Saint-Joseph e la sfida tra Pierre-Jean Villa e Lionel Faury, i vini di Jacky Blot a Montlouis.

Foires aux vins

Cominciamo naturalmente dalle Foires aux vin, che quest’anno danno ampio spazio ai vini bio, biodinamici e naturali. Con non poche chicche inattese, come il Bourgogne Blanc 2015 del Domaine Leroy a Le Repair de Bacchus a 38.50 euro, o lo Chablis La Forest premier cru 2016 di Vincent  Dauvissat a 58.50 euro.

Tra i vini più a buon mercato spicca un eccellente Saumur-Champigny La Malicieuse 2017 del Domaine des Coutures  a soli 6.80 euro la bottiglia da Franprix. Non mancano i vini stranieri e soprattutto italiani: la proposta più piccante, un Rioja rosso Marqués de Cáceres 2017 a soli 4.95 euro. L’esame dettagliato delle varie offerte , azienda per azienda, da Auchan a Lidl e Aldi, siti Internet compresi, poi nelle varie sedi regionali, è preceduto da un ampio dibattito tra i redattori della RVF  e rappresentanti del mondo della grande distribuzione e della vendita su Internet concernente le trasformazioni delle Foires aux vin.

Intervista del mese

Prima di riferire sulle grandi degustazioni di questo numero, raccolte nella sezione finale della rivista, ecco un breve resoconto degli altri articoli. Si comincia con la “grande intervista” del mese, a Thomas Duroux, direttore generale di Château Palmer, che , come è noto, è passata completamente alla conduzione biodinamica nel 2013, seguendo l’esempio di Pontet Canet.

Naturalmente la parte centrale dell’intervista è focalizzata su questo passaggio, che non è stato comunque privo d’impatto: non è infatti un caso che quella di Margaux sia oggi la zona più bio dell’intero Médoc.Interrogato sul contrasto tra gli assemblages bordolesi e il monocépage borgognone, Duroux risponde diplomaticamente che non ha maggior valore che opporre una sonata ad una sinfonia: entrambe hanno il loro fascino .

L’arte dei tonneliers

L’arte antica dei tonneliers è invece il tema del dossier della RVF. E’ il coltissimo Jean-Robert Pitte a tracciare la storia dei recipienti per la vinificazione dalle anfore romane ai tonneaux gallici fino ai nostri giorni.

E a proposito di storia, nell’articolo che segue , Jérôme Baudouin presenta la grande collezione in trenta volumi di Vinifera, prima storia enciclopedica del vino a fumetti, dall’eruzione di Pompei  all’età contemporanea: un volume sarà dedicato ai Monaci della Borgogna (2° tomo della collezione) e un altro alla nascita del famoso classement  napoleonico del 1855. Roberto Petronio presenta più avanti il testa a testa tra  i vini di due produttori della parte settentrionale di Saint-Joseph, nel Rodano: di fronte sono sei annate differenti (dal 2009 al 2015) delle cuvées Tildé di  Pierre-Jean Villa e de La Gloriette di Lionel Faury.

Poi è Pierre Casamayor  a presentare il ritratto di Jacky Blot, vigneron di culto di Montlouis , proprietario del Domaine La Taille aux Loups,  che ora tenta l’avventura del cabernet franc a Bourgueuil. All’assaggio , nella verticale che segue, sono 13 annate de Les Hauts de Husseau, AOC Montlouis, dal 2002 ad oggi. Al vertice il vino dell’annata 2008, ma sugli stessi livelli sono 2002 e  2005 tra le annate “pronte” e 2015 e 2016 tra quelle da attendere.

Poi , naturalmente le consuete rubriche. Dopo l’editoriale di Saverot (“il vino come passaporto”),  ci sono le notizie del mese (dalla vendita record della collezione Jayer a Ginevra, agli incontri dedicati ai “cépages modestes”, dimenticati e ora al centro dell’attenzione dei vignerons, il primo concorso dei vini dell’Île-de-France, un ritorno dopo  aver rischiato la scomparsa, la nascita dei fusti di quercia bio ed altre ancora), le lettere dei lettori, le pagine degli editorialisti della RVF (Poussier sui vini da abbinare ai formaggi ai fiori e alle erbe, Jean-Robert Pitte sulla Cité du Vin di Bordeaux), la rubrica di Angélique de Lencquesaing sui vini da collezione e le aste, i distillati (rye whisky , brandy di mele e gin del Québec). E infine il dibattito tra Denis Saverot e Jean-Baptiste Thial de Bordenave su un grande vino del Sud, un Trevallon rouge del 2005, blend “marziano” (siamo nelle Alpilles) di cabernet sauvignon e syrah.

Le grandi degustazioni

Eccoci finalmente alle grandi degustazioni di questo numero. La prima riguarda l’annata 2016, già assaggiata en primeur e ora in bottiglia e disponibile alla vendita, dei rossi bordolesi, seguita da una nuova degustazione degli stessi vini del 2015. Due grandi annate, che immiseriscono quella del 2017, che pure non è andata tutta male, ma nella quale le rese misere hanno indotto alcuni Châteaux a proporre prezzi troppo alti, con conseguente raffreddamento delle vendite en primeur . 2015 si conferma  annata da leggenda, ma meno omogenea di quella del 2016, che però necessita di essere attesa per rivelarsi appieno.

In un millesimo  eccezionale in tutte le  denominazioni classiche di entrambe le rive della Garonne, è a Pauillac che si raggiungono livelli vicini alla perfezione. A testimoniarlo i 20/20 di ben tre Châteaux , con Pontet-Canet  a insidiare Lafite-Rotschild e Mouton, ma Montrose a Saint-Estèphe e Vieux-Château Certan a Pomerol  sono vicinissimi al vertice. Per quanto riguarda l’annata 2015, la perfezione si trova ad Ausone (Saint-Emilion) e Yquem (Sauternes), ma il paradiso è vicino anche a Mouton, Pontet-Canet e Pichon-Longueville a Pauillac, a Margaux nell’omonima AOC e a Haut-Brion a Pessac-Léognan.

Per andare nel terroir di Gaillac (a cui è dedicata la terza ed ultima degustazione di questo numero) non ci si deve spostare di molto. Considerata oggi un terroir di serie B, come la maggior parte di quelli del Sud-Ovest , quanto a blasone, offre invece vini molto interessanti per la loro diversità.  Qui infatti  si possono trovare antiche varietà praticamente scomparse dopo la fillossera, come il Duras, il Prunelard o il Braucol. A prezzi ancora modesti. Da provare il Prunelard del Domaine Plageoles. Tra i bianchi spiccano il Mauzac, soave e ossidativo , il Loin de l’oeil, l’Ondenc e il Verdanel. Anche per questi vitigni il Domaine Les Plageoles  propone alcuni dei vini più interessanti.

Insomma, c’è di che progettare un viaggio nella regione per conoscerli meglio.

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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