Assaggi Montepulciano d’Abruzzo: miglioramenti e buoni vini ma…4 min read

Erano alcuni anni che non tornavamo in Abruzzo e ne sentivamo la mancanza! Per questo diciamo subito grazie all’Enoteca Regionale di Ortona e al Consorzio del Vino Montepulciano di Abruzzo che ci hanno ospitati e organizzato la degustazione.

Il focus era sul Montepulciano d’Abruzzo e sul Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, con più di 110 campioni degustati provenienti da ogni angolo della regione e da ogni tipologia di cantina e di produttore: dalla storica e grande cantina sociale alla cantina appena nata , dal grande nome blasonato a quello  sconosciuto.

Una degustazione che ha avuto  come corollario un interessantissimo in contro con i produttori, cosa che andrebbe “esportata” in ogni zona enologica dove andiamo a degustare.

Avevamo degustato i Montepulciano d’Abruzzo circa cinque anni fa (vedi) e allora avevamo parlato di alcuni problemi riguardante l’uso troppo spinto del legno, una marcata alcolicità e in generale una mancanza di equilibrio e una difficoltà di beva che colpiva sia i vini giovani che  quelli con un lungo invecchiamento alle spalle.

Dopo cinque anni le cose sono cambiate in meglio ma alcuni punti da chiarire restano, primo fra tutti il non riuscire a percepire quale grandezza abbia un vitigno come il montepulciano se allevato e vinificato con maggiore equilibrio. Forse è proprio la  parola equilibrio al centro di tutti i problemi: un montepulciano equilibrato, specie se giovane, non ha bisogno di legno per essere addomesticato e non ha bisogno di anni per digerire quel legno usato per addomesticarlo.

La potenza tannica è normale espressione di un Montepulciano, ma non bisogna fare l’errore, per cercare di placarla di mettergli accanto altri tannini, quelli del legno, che quasi si sommano e rendono diversi vini difficili da bere nei primi 4-5 anni di vita.

Ci sono bellissimi esempi di montepulciano vinificato e maturato in cemento o in acciaio che danno veramente l’idea di come questo vitigno possa esprimersi con grandi note fruttate ed una “rustica ma bonaria” potenza che non può non piacere e  ti fa finire la bottiglia senza problemi.

A proposito: durante gli assaggi e la chiacchierata con i produttori uno dei problemi che è venuto fuori è la forte richiesta estera di un Montepulciano d’Abruzzo  potente ma rotondo e morbido.

Visto il vitigno e il vino come far quadrare questo cerchio? Purtroppo con qualche grammo di zucchero residuo e magari un po’ di gomma arabica. Questa tipologia di vino, quasi esclusivamente  inviata all’estero, rischia di sbilanciare fortemente un mercato che già e difficile di per sé, invogliando tanti produttori a proporre  un Montepulciano d’Abruzzo “marketing  oriented” che ben poco ha delle naturali caratteristiche del vitigno e del vino.

Ma veniamo agli assaggi, che hanno coperto diverse annate sia tra i base che tra le riserve. I 2016 ci sono sembrati abbastanza rotondi e corposi ma troppo “impostati” per essere dei semplici vini d’ingresso: alcuni usano del legno non eccezionale altri sono ancora troppo giovani e non si capisce perché un vino che dovrebbe essere  “d’ingresso” alla tipologia debba essere  un po’ troppo “vestito a festa”. Quasi la stessa cosa con i 2015 anche se qui si cominciano a trovare vini di livello superiore ma adesso troppo giovani e ingessati per poter dire la loro. La 2014 è stata un’annata difficile  ma alcuni esempi di bella finezza li abbiamo trovati. Mano a mano che si va indietro si trovano vini più pronti e rotondi, anche se l’alcolicità ogni tanto è eccessiva e la mano “scivola” verso un uso “più americano” del legno.

Che dire delle riserve? Hanno i pregi e i difetti dei base ma amplificati: quindi trovi grandissimi Montepulciano d’Abruzzo con  espressione netta del vitigno e uso perfetto del legno, corposi con tannicità importante ma vellutata  e altri invece  troppo marcati dalla botte grande o dalla barrique, squilibrati, alcolici, difficilmente godibili anche dopo un lungo invecchiamento.

I Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane segnano un punto a loro vantaggio soprattutto quando si parla di riserva: queste  hanno mediamente una concretezza ed un’ampiezza aromatica  superiore  ed anche il legno (comunque molto presente) è più modulato, forse perché  trova una stoffa maggiore nel vino  e non si impone.

C’è anche da dire che oramai i Colline Teramane sono  cresciuti anche di numero e rappresentano una fetta importante del vino abruzzese.  Questo aumento dei Colline Teramane DOCG forse è causato anche da una DOC, quella del Montepulciano d’Abruzzo,  troppo vasta e senza reali punti di riferimento. L’unica reale differenza per un consumatore non esperto, per provare a capire la qualità di un Montepulciano d’Abruzzo sullo scaffale alla fine rimane il prezzo di vendita e questo non è certo un bel modo per far conoscere un territorio. Capisco che è un discorso lungo e difficile, ma bisognerebbe incominciare a pensare, per esempio, ad una classificazione con almeno tre  livelli: un Montepulciano d’Abruzzo “base”,  un Montepulciano d’Abruzzo Superiore, con significative riduzioni di resa per ettaro (non facile da definire con le forme di allevamento imperanti)  e, all’interno del Superiore dei Montepulciano da singolo vigneto.

Queste sono solo idee, l’importante sarebbe riuscire in qualche modo a rendere più modulabile un DOC molto grande , che può andar bene per chi produce grandi numeri ma sicuramente penalizza chi cerca di produrre dei Montepulciano più territoriali, personali, che puntano nettamente alla qualità.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE