Sommelier: ASPI ci dice che…5 min read

Subito dopo la pubblicazione dell’articolo di Giovanni Solaroli “Si fa presto a dire sommelier”  il direttivo dell’ASPI , Associazione della Sommellerie Professionale Italiana, ci ha inviato questa lettera.

Abbiamo deciso di pubblicarla non solo per le precisazioni sul mondo della sommellerie (con cui si può anche non essere d’accordo)  ma soprattutto per la parte finale, riguardante la o le associazioni internazionali, che ci presenta un quadro piuttosto interessante e sconosciuto ai più.

Naturalmente siamo pronti ad accogliere chiarimenti o repliche provenienti da altre associazioni di Sommellerie.

 

 

Gentile dott. Macchi,

le scrivo in merito all’articolo a firma di Giovanni Solaroli, pubblicato su winesurf  l’8 novembre 2015, di cui apprezziamo il fine, e cioè di proporre una panoramica sugli enti e le  associazioni di Sommelier operanti in Italia, in quanto vorremmo puntualizzare alcune precisazioni non tanto sui termini formali ma sul significato recondito che essi implicano.

 

Abbiamo infatti deciso di mandarvi una lettera in quanto crediamo che voi, essendo professionisti del settore (come noi, come chi vi legge, come chi ci e vi segue) possiate definitivamente e saldamente cambiare l’atteggiamento generale che noi percepiamo da ormai 7 anni, e cioè dalla nostra nascita, e, duole dirlo, di cui anche voi siete vittime.

 

Questo cioè (ed è qui che vorremmo porre l’accento, consigliare la precisazione, non tanto per pignoleria ma per definire un concetto, un assioma), che non v’è nel nostro paese un’offerta orizzontale per il Sommelier. La dura realtà è che le "associazioni" o scuole di Sommelier in Italia non formano, aggiornano e valorizzano i Sommelier. Anzi, con la sommellerie non hanno proprio nulla a che fare, e ancor di più, rendono il Sommelier una caricatura di sé stesso, una macchietta, un portatore sano di spille e gagliardetti alla cena di fine anno. Dobbiamo assolutamente cambiare questa percezione.

 

Potrà sembrare strano, bislacco, pazzo, porre questa provocazione. Ma sappiamo bene qual è la realtà dei fatti. E basta guardare non troppo lontano, ovvero alla ristorazione sia interna sia estera, per vedere che i professionisti del nostro mestiere stanno, irrimediabilmente, abbandonando l’associazionismo, a fronte di continue nascite di associazioni, scuole, ecc. e quelli nuovi (come accade ad esempio nei paesi anglosassoni) non arrivano tramite scuole ma per pura passione ed impegno sul campo.

 

Anche noi di ASPI siamo certi colpevoli di non aver avuto forza/possibilità/potere per rendere gli addetti ai lavori più sensibili a riguardo del tema. Oppure come spesso accade in Italia, secondo la logica della dietrologia, potremmo pensare al guadagno che corsi e manifestazioni sul vino (che ripetiamo, nulla centrano con una preparazione professionale al mestiere della ristorazione) generano, e quindi questa sensibilità, di fronte al vil denaro, possa venir meno.

 

Ma indipendentemente dalle malelingue e dalle lotte intestine, più politiche che altro, vorremmo ribadire che il Sommelier è un professionista della ristorazione, non un corsista in costume che serve alla fiere, che il Sommelier fa parte di un’associazione per aiutare e collaborare con colleghi ed enti esterni, non per guadagno personale, che il Sommelier vive la sua vita a contatto col vino e con le bevande, indipendentemente dal colore e dalla spilla, e non solo a cena o perché paga una tessera, o ancor peggio, perché "ha fatto il corso".

 

Da anni ASPI porta avanti progetti che si sono rivelati lungimiranti ma sempre accolti con freddezza: per esempio il DL 720 del 2008, XVI legislatura, per istituire il riconoscimento e la tutela della professione di sommelier (che tutt’ora in Italia non c’é). Oppure un progetto col ministero dell’istruzione per trasmettere nei giovani la cultura dell’enogastronomia ed un percorso di studio finalizzato alla formazione di chiunque voglia intraprendere questa professione, anche in collaborazione con prestigiosi istituti internazionali, fra cui la WSET. Ebbene, continueremo a perseguire questi ideali, indipendentemente dal guadagno personale e collettivo per la nostra associazione, sempre a costo di subire boicottaggi e scherni.

 

Ultima considerazione, questa sì più sul merito dell’articolo, va sulle considerazioni sulle associazioni internazionali. Chiunque vada un po’ in giro per Europa o mondo sa bene che l’unico ente che lega le varie associazioni nazionali è l’A.S.I. (Association de la Sommellerie Internationale), fondata a Reims (F) nel 1969, di cui ASPI è la sola associazione italiana riconosciuta e membro. Con tutti i suoi pro e contro, ci mancherebbe. Spesso noi siamo stati critici nei riguardi di alcune scelte operate dal suo direttivo, anche grazie al nostro presidente che ne è stato fulcro per decenni.

 

Comunque, a seguito di diverse dispute ad inizio millennio, le allora delegazioni italiana, spagnola e americana, uscite o radiate dall’A.S.I., danno il loro apporto in Italia per creare una fantomatica nuova associazione internazionale, ma che abbandoneranno nel giro di pochi mesi. Di fatto una farsa per creare un concorso fasullo che ha premiato, fino ad oggi un austriaco che vive a NY e due italiani. Concorso questo che ha avuto risonanza mediatica solo ed esclusivamente nel nostro paese, in quanto conosciamo bene la potenza mediatica dei personaggi dietro tale farsa.

 

Il mettere alla pari una tradizione ultra secolare e 60 associazioni nel mondo con un progetto ben mirato a distruggere la credibilità e l’onore della sommellerie mondiale rende complici, non vittime.

 

Ringraziando per l’attenzione porgiamo i nostri più sinceri auguri di buon lavoro, continuando a seguirvi come sempre.

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 Yoel Abarbanel

Direttivo ASPI – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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