Se c’è un luogo comune strausato nel mondo del vino e di cui molti in Italia sono ancora fermamente convinti è che i vini bianchi abbiano molte meno possibilità di invecchiamento dei vini rossi. Se poi si vanno a prendere uve autoctone non di primo piano, come il grechetto, il luogo comune diventa quasi certezza.
La verticale che abbiamo chiesto di organizzare a Giuseppe Mottura e si è sviluppata per ben 14 annate del loro Grechetto più famoso, il Latour a Civitella, non solo dimostra la falsità del luogo comune, ma è un importante tassello in più nella mia convinzione che oggi la stragrande maggioranza dei bianchi italiani vengano regolarmente sottovalutati, sia sul fronte invecchiamento sia su quello della qualità.
La degustazione si è svolta a Roma al Wine Bar di Trimani (a proposito, grazie!) e ha spaziato su ben 14 annate, partendo dal 2020 e arrivando fino al 1997, coprendo un periodo che ha visto il mondo del vino di qualità attraversare varie mode: dall’uso quasi forzoso della barrique accompagnato dalla ricerca di potenze e grassezze inusuali e dalla sopravalutazione dei vitigni alloctoni (specie per i rossi), alla rivalutazione dei vitigni autoctoni e alla demonizzazione o quasi dei legni fino alla ricerca spesso esasperata di verticalità. In questi 25 anni di mode il Latour a Civitella non è rimasto solo simile a se stesso ma ha fatto dei cambiamenti senza seguire nessuna moda e guardando solo a crescere in vigna e in cantina.
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